CITTÀ, ARCHITETTURA E AMBIENTAZIONE

 

28/07/2001

Analizzando attentamente i concetti e le idee che l’avanguardia futurista andava sviluppando già a partire dal secondo decennio del novecento, sarà impossibile non porre immediatamente in rilievo le sperimentazioni e le applicazioni concrete che il gruppo di Marinetti apportava al mondo dell’architettura e più in generale allo studio della metropoli quale entità viva. Per comodità di definizione potremmo dire che i Futuristi furono in un certo qual modo degli urbanisti ante-litteram; il loro non fu uno studio sistematico e approfondito, ma le proposte che avanzarono raggiunsero sempre un livello qualitativo ragguardevole precorrendo in alcuni casi i tempi futuri. Sicuramente la città, o meglio ancora la metropoli, fu il nodo centrale ed il punto di partenza per elaborazioni archittetoniche e viarie di grande suggestione; lo spazio metropolitano diviene nell’immaginario futurista un luogo di azione, teatro di velocità e di infrastrutture al limite del fantascientifico, dove ogni abitante può essere sollecitato nell’immaginazione continuamente e in ogni luogo. La città assurge così, attraverso l’espressività delle forme e la vivacità dei colori, ad una realtà viva e pulsante, per certi versi quasi un essere autonomo, il quale influenza l’esistenza dei suoi abitanti più che subirne passivamente gli interventi. Non ci si può certo dimenticare i meravigliosi progetti di Sant’Elia dove giganteschi edifici, sviluppati soprattutto verticalmente, offrivano agli spettatori del tempo, ed ancora a quelli odierni, l’idea di un immenso cantiere tumultuante, agile, mobile, dinamico in ogni sua parte. Sono gli stessi anni in cui i futuristi cominciano a trasporre per iscritto le loro teorie architettoniche, come fece lo stesso Sant’Elia nel Manifesto dell’architettura futurista del 1914, o Prampolini nell’ Atmosferastruttura in cui veniva ipotizzato uno stile atmosferico per gli edifici cittadini. Gli stessi Prampolini e Sant’Elia furono proprio a capo, negli anni dieci, di due diverse prospettive nella progettazione architettonica futurista: il primo, con Balla e Depero, si pronunciava per uno stile archittetonico più “lirico”, mentre Sant’Elia assieme a Chiattone aveva una propensione per le realizzazioni proto-razionali. Ma l’interesse dei futuristi non si esaurì nella progettazione delle città quali specchio soltanto di architetture di esterni: il loro, non ci stancheremmo mai di ricordarlo, fu un intervento a tutto campo, dove pari importanza nella progettazione architettonica ebbe la realizzazione degli interni degli edifici. Abitazioni, teatri, luoghi d’incontro si rivestono nell’immaginario futurista di colori sgargianti, di soluzioni d’arredo caratterizzate da invenzioni plastiche “a sorpresa”, come nel caso specifico di casa Balla a Roma, che già negli anni dieci mostrava ai suoi ospiti ambienti e mobilia fortemente vivaci e senz’altro fuori dal comune. Come Balla moltri altri artisti del Futurismo si occuparono degli allestimenti e arredamenti di abitazioni, ristoranti, mostre arrivando alle soglie degli anni quaranta, sempre con un bagaglio di soluzioni nuove ed originali. E'giusto affermare oggi che, almeno in piccola parte, le nostre città, ma soprattutto il nostro modo di viverle, possa essere debitore alla lezione dei futuristi e che l’innovazione delle loro proposte architettoniche e ambientali conserva intatta l’originalità e la “futuribilità” malgrado la distanza di tempo lunga quasi un secolo.

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