Studiosi e libertini. Il Settecento nella città di Giorgione. Francesco Maria Preti

Jacopo Amigoni, Giove e Callisto, 1729-39. Olio su tela, cm. 162x102 h

 

Dal 25 Gennaio 2025 al 06 Aprile 2025

Castelfranco Veneto | Treviso

Luogo: Museo Casa Giorgione - Teatro Accademico - Palazzo Soranzo Novello

Indirizzo: Sedi varie

Curatori: Danila Dal Pos


Intere pareti ricoperte di specchi rifrangono e moltiplicano, in una visione incantata, i progetti di Francesco Maria Preti (1701- 1774), il più esperto e interessante architetto veneto del XVIII secolo, cui si devono alcuni dei principali edifici del centro storico di Castelfranco Veneto (TV) antica città murata, ma anche il progetto di Villa Pisani a Stra e altri innovativi interventi in tutta la regione.

48 metri quadrati, scenografici e caleidoscopici, in cui perdersi e immergersi - set perfetto per selfie e scatti ricordo - allestiti all’ingresso di una delle costruzioni che più lo hanno distinto: il Teatro Accademico di Castelfranco, città di Giorgione ma anche paese natale dell’erudito, illuminato Preti, di cui sono festeggiati il 23 dicembre scorso i 250 anni dalla morte.

Formatosi nel collegio gesuita di Brescia, Francesco Maria, uomo alla moda, elegante e raffinato, aveva studiato retorica, umanità, grammatica, filosofia, logica, metafisica, morale, fisica e matematica; ma anche il latino e il francese.
I suoi interessi spaziavano dalla numismatica e cosmologia alla letteratura antica e contemporanea. Suonava la spinetta e il clavicembalo conoscendo le leggi dell’armonia in musica; componeva sonetti e poesie e teneva relazioni oltre che con gli altri intellettuali castellani anche con vari esponenti del mondo culturale del tempo Tommaso Temanza, padre Vallotti, Giuseppe Tartini - e con membri dell’aristocrazia veneziana come i Pisani di Santo Stefano e i Corner di San Polo.

Tantissimi anche gli incarichi istituzionali svolti per la sua città da questo straordinario intellettuale, che fu “architetto per diletto”, ma.. che architetto!Castelfranco Veneto non poteva dimenticare la ricorrenza a lui legata, e a celebrarlo, nel contesto della cultura settecentesca della terraferma veneziana e del fiorente borgo, sarà una preziosa mostra che dal 25 gennaio al 6 aprile 2025 si snoderà dal Museo Casa Giorgione all’ingresso storico del Teatro Accademico, fino a Palazzo Soranzo Novello.

Un’esposizione dedicata in particolare a quel cenacolo intellettuale, quel crogiolo di idee, dibattiti, progetti, esplosione di pensieri e innovazioni, che animò il XVIII secolo nella cittadina veneta grazie ad alcune personalità notevoli, come Giovanni Rizzetti (1675 - 1751) che per primo applicò la media armonica proporzionale, Jacopo Riccati (1709 – 1790) straordinario matematico e iniziatore della cosiddetta scuola riccatiana (sua e di Vincenzo l’elaborazione della ancora attuale e studiata “equazione ricattiana”) i figli di questo - Vincenzo (1707 – 1775) e Giordano Riccati (1709 – 1790) - e appunto Francesco Maria Preti loro coetaneo e fil rouge di tutta l’esposizione. A una generazione ancora successiva apparterranno poi Francesco Riccati e Luigi Rizzetti.

Studiosi e Libertini. Il Settecento nella città di Giorgione” - promossa dal Comune di Castelfranco Veneto-Assessorato alla Cultura e dai Musei Civici castellani, con il contributo della Regione del Veneto e il patrocinio della Provincia di Treviso e con tanti partner e sostenitori importanti, curata da Danila Dal Pos (in comitato scientifico: Paolo Barbisan, Andrea Bellieni, Lavinia Colonna Preti, Stefania Colonna Preti, Fabrizio Malachin, Moira Mascotto), ci riporta dunque a quel tempo di massimo splendore, il culmine prima della crisi legata al tracollo della Serenissima e a un oligarchia ormai in declino, in una trama suggestiva di rimandi culturali evocativi e di opere (dipinti, disegni, sculture), documenti storici (mappe, lettere, volumi), bellissimi manufatti (ceramiche, argenti, strumenti musicali, oggetti liturgici), arredi e costumi del tempo: tra vita sociale e riflessioni intellettuali, incarichi ufficiali e piaceri, studi e tempo libero, innovazioni tecnico-scientifiche, mode e frivolezze.

In una molteplicità di discipline e interessi eruditi - matematica, fisica, ingegneria e idraulica, musica, astronomia, medicina, ottica, architettura, ma anche arti e letteratura – le ricerche e le riflessioni di questo gruppo di studiosi seguono le novità e i dibattiti del tempo, riconnettendosi nel contempo alla tradizione della cultura veneta, che dal Cinquecento porterà al pieno Ottocento.

Così se l’installazione nel Teatro Accademico costituisce un focus su Preti e i suoi progetti  - da quello del Duomo di Castelfranco all’ideazione del “palazzo a nove cortili”, unità di base di una nuova struttura della società che di fatto anticipa di mezzo secolo le proposte di Fourier del primo ‘800 - nelle altre due sedi della mostra il viaggio coinvolge tanti e differenti aspetti della cultura e della società del XVIII secolo.

La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Antiga, con saggi e schede di:
Paolo Alessandrini, Elena Andreatta, Andrea Bellieni, Paolo Bensi, Moira Mascotto, Donatella Melini, Silvia Mira, Fabio Mondi, Marco Mondi, Andrea Piovesan, Luca Rossetto Casel, Francesca Stopper, Diego Tonini, Marco Valletta, Michele Vello, Piermario Vescovo, Maddalena Vianello.

IL PERCORSO – I TEMI

Al Museo Casa Giorgione le teorie di Rizzetti sulla percezione del colore –antesignane a quelle di Goethe e in coraggiosa e libera opposizione alle tesi newtoniane, accolte in tutta Europa con sudditanza e reverenza - portano a ricordare il Tema del colore tipico dell’arte veneta fin dalle radici bizantineGiorgione, influenzato dalla correnti millenaristiche del tempo, ne diventerà a inizio Cinquecento il più innovativo interprete, rendendo il colore e il dato naturale centrali nelle sue opere; mentre Canova, due secoli più tardi, lo userà nelle sue sculture per rendere di “vera carne” dee ed eroine come la Maddalena penitente, ricordata dal bellissimo gesso della Gipsoteca di Possagno esposto nell’occasione.

Allo stesso modo, riconnettendosi ai richiami iconografici del giorgionesco Fregio delle Arti Liberali e Meccaniche, la mostra, tra documenti, sculture e strumenti antichi, darà conto degli studi di aritmetica, geometria e astronomia di Jacopo Riccati e del figlio Vincenzo, compresa l’ancora attuale “equazione ricattiana”, e dei loro interessi per l’idraulica, la religione e le lettere; ma anche delle ricerche di matematica e medicina condotte da Giordano Riccati virtuoso di violino, clavicembalo e altri strumenti, attratto da problemi di acustica e teoria musicale - e di Antonio Galletti, che si interessa di musicoterapia.

Quindi, sempre negli ambienti della Casa Museo: l’innovativo sistema postale del tempo, con esempi di lettere, indirizzi e bolli del XVIII secolo, laddove i carteggi epistolari diventano i migliori mezzi di Scambio culturale, aggiornamento tra studiosi e di diffusione delle idee; il Collezionismo a Castelfranco nel Settecento, ricordando in particolare la raccolta canoviana di gessi di Francesco Barbisan, esponente di una famiglia castellana di nuovi ricchi; Il gusto e il lusso dei manufatti religiosi, con alcuni splendidi esemplari dell’epoca dalle chiese del territorio, opera di straordinari maestri orafi del tempo; infine l’accesa Discussione “sulla miglior forma da darsi ai teatri”, che si registra a Castelfranco a metà Settecento, proprio quando Francesco Maria Preti inizia la progettazione del Teatro Accademico (1745) - trent’anni prima della Scala di Milano e quarantasei prima della Fenice – insieme alla “riforma de carri di quattro ruote” con tanto di modello di carrozza dal Museo Poleni.

Lo splendido Palazzo che fronteggia la Torre Civica, edificato già nel corso del Trecento dalla potente famiglia dei Soranzo, passato ai Novello nel Settecento e ristrutturato probabilmente dallo stesso Francesco Maria (Palazzo Soranzo Novello) accoglie le sezioni della mostra che più invitano a rivivere i costumi del tempo, rievocando le mode, i gusti e la vita domestica e sociale in una città murata dell’entroterra lagunare come Castelfranco, “scala e porta frequentatissima de’ monti col mare”.

Così i diversi ambienti, con le loro differenti decorazioni e atmosfere e le opere e i manufatti esposti, provenienti dalle collezioni civiche, da musei e importanti raccolte private - consolles veneziane, mobili e divanetti Luigi XV, ceramiche delle più importanti Fabbriche del tempo Cozzi, Antonibon, Rossi-Roberti, ecc., argenti e vetri di Murano, abiti, accessori di manifatture europee, ritratti della famiglia Riccati e dello stesso architetto Preti, ma anche dipinti dei grandi artisti del Settecento come Diziani, Sebastiano Ricci, Nogari, Amigoni, Carriera, Bella, Cimaroli ecc. - si prestano a far ricordare le attività e i riti di un palazzo del tempo, sia pur di Terraferma, stimolando tutti i sensi.

Lo sfarzoso salone al piano nobile è dunque la grande Sala degli specchi, vero trionfo di luce, adibita al convivio, al ballo e anche ai giochi; mentre Lo studio dell’architetto, con lo scrittoio, le opere dei migliori vedutisti presenti in Terraferma , i ritratti e le camisiole settecentesche, ci riporta alla figura del Preti, ricordando in particolare il suo progetto per il complesso “al Paradiso” della famiglia Corner: un intervento mai realizzato, ma che avrebbe esaltato lo straordinario giardino barocco del Palazzo che era capace già allora di dirottare su Castelfranco il Grand Tour dell’epoca, come testimonia il “Diario” del viaggiatore russo Piotr A. Tolstoj, in Italia tra il 1697 e il 1699.

Notevole anche la collezione di occhiali qui esposta a ricordare che Preti negli anni soffrì di un grave indebolimento delle vista, oltre che di gotta.

Sfoggio di raffinatezze e decori all’orientale, tipici del gusto rococò, connota invece la sala dedicata al Boudoir, il salotto delle signore: arricchito da mobili e dipinti del XVIII secolo, da una superba selezione di necessaire, scatole porta nei, chatelaine, boccette porta profumi e quant’altro, prestati dalla Fondazione Accorsi Ometto di Torino, e da un fascinoso abito da sposa.

E per finire musica, musica e musica. Una Sala della musica dalle decorazioni eleganti, raffinate ma anche vagamente maschili arredi e strumenti d’epoca – una viola contralto di scuola veneziana probabilmente dalla bottega dei Serafino (1779), un raffinatissimo liuto a mandolino datato 1753 e un curioso violino costruito probabilmente in Carnia su modello di una viola d’amore - per esaltare una passione diffusa in questi ambienti, nelle serate di agi e incontri, tra ... studiosi e libertini.

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