Dal 15 luglio al 5 novembre nella sede arcense del MAG

Segantini e i suoi contemporanei in mostra ad Arco

Cesare Laurenti, Visione antica, 1901, olio su tela applicata su tavola, 220 x 202 cm, Mart, deposito Galleria Nuova Arcadia di L. Franchi
 

Samantha De Martin

11/07/2017

Trento - Paesaggi invasi dalla luce, figure femminili materne, fluttuanti, l'universo dell'infanzia. Si snoda attraverso questi tre nuclei tematici la mostra Segantini e i suoi contemporanei. Temi e figure dell'Ottocento che dal 15 luglio al 5 novembre porterà nelle sale della Galleria Civica G.Segantini di Arco, sede arcense del MAG (Museo Alto Garda), le riproduzioni fotomeccaniche d'epoca di Segantini, accanto ad alcuni capolavori originali appartenenti alla collezione dedicata al pittore Divisionista.

Nella Galleria Civica del comune in provincia di Trento saranno anche esposti i lavori degli artisti a lui contemporanei, tra i quali Eugenio Prati, Andrea Malfatti, Bartolomeo Bezzi, che condivisero, seppur con modalità differenti, la trasformazione del linguaggio figurativo ottocentesco dalle istanze realiste a quelle simboliste.

«Il paesaggio, la figura infantile e quella femminile - scrive nel catalogo che accompagna l'esposizione, la curatrice Alessandra Tiddia del Mart di Rovereto, con il quale il MAG porta avanti dal 2014 il progetto espositivo e di ricerca Segantini e Arco - sono i temi maggiormente indagati dalla produzione artistica di fine Ottocento, fino a diventare dei veri e propri generi. È nella rappresentazione segantiniana della figura femminile, sia in forma di Dea Cristiana sia di Angelo della Vita, o di nudo immerso nella natura come in Vanità, che meglio si coglie il passaggio ad una nuova concezione ideista dell’arte, che informerà l’arte italiana del primo Novecento».

Il primo bagno e Il Giovane pifferaio di Andrea Malfatti incontrano la poetica della luce di Bartolomeo Bezzi, i suoi grandi spazi dilatati che rinunciano alla presenza umana privilegiando la solitudine di tramonti e primavere, e ancora i lavori dello scultore Leonardo Bistolfi, presente in mostra con il bozzetto L’Alpe o con il bassorilievo in bronzo dedicato all’Allegoria della Primavera.

Segantini aveva affrontato il tema della luce e del paesaggio, trasfigurando la natura in “una foresta di simboli” «annullando qualsiasi dicotomia fra Naturalismo e Simbolismo, stabilendo una nuova forma interpretativa che non contrappone i due termini, ma li integra in un’unica poetica, personalissima» fin dal dipinto Le due madri e in opere come Il castigo delle Lussuriose, fino a Vanità.
«È questo - spiega Alessandra Tiddia - il suo insegnamento più profondo, quella sintesi fra Naturalismo e Simbolismo che un’intera generazione di artisti farà propria».

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