Alessandro Fusco. Pray

Alessandro Fusco. Pray, Officine Culturali di Bitonto
Dal 17 January 2014 al 7 February 2014
Bitonto | Bari
Luogo: Officine Culturali di Bitonto
Indirizzo: largo Gramsci 7
Orari: da lunedi a venerdi 9-21
Curatori: Amalia Di Lanno
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 080 3743487
E-Mail info: info@officineculturali.it
Sito ufficiale: http://www.officineculturali.it
Nell’ambito del progetto culturale 10x10, dieci artisti per dieci mesi, riformulato in seconda edizione da Amalia Di Lanno, si inaugura venerdì 17 gennaio 2014 alle ore 20 nella sala espositiva del Laboratorio Urbano Officine Culturali di Bitonto (Ba) la mostra Pray di Alessandro Fusco a cura di Amalia Di Lanno.
Figure femminili indefinite si materializzano, si trasformano, velocemente si muovono, aggrappate a una identità quanto mai precaria, alla costante ricerca di un autore che dia loro voce, forma, immagine. Personaggi di un libretto teatrale sono le donne di Pray, progetto espositivo che Alessandro Fusco ‘dirige’ e presenta in una serie di frame fotografici, passaggi che sviluppano una pellicola della memoria rivestita di un passato in bianco e nero, ma proiettata in un futuristico scenario su cui impera ossessiva una litania seriale: Pray for me. Immagini sbiadite che viaggiano e vivono nel tempo: provini infiniti che ci conducono poi alla scelta, ma sarà mai quella giusta?
Se lo chiede e ce lo chiede Alessandro Fusco, che in Pray riflette sulla realtà, prendendo coscienza delle trasformazioni repentine a cui quotidianamente siamo assoggettati. Reale, virtuale, non importa: Pray. Un imperativo quello che Fusco intende comunicare in questo lavoro, un invito e una richiesta di socialità concreta e tangibile che superi un universo relazionale virtuale e sospeso. Una preghiera, quella che il nostro mette in scena, che desidera provocare, destare, indurre alla riflessione. La volontà forte di denunciare e urlare silenziosamente una meditazione profonda. Lo sconforto, ma altresì la difficoltà di essere realmente se stessi mentre tutto intorno (reale, o forse no) cambia grazie al potere di un semplice like virtuale. Fusco sceglie come protagoniste uniche e privilegiate donne che ‘riporta dal passato’, riveste e catapulta con forza nella contemporaneità; offre loro la sua voce, onorando il suono di un mondo femminile che nella storia ha espresso e dimostrato con vigore la volontà di poter fare e, soprattutto, di libertà. Sempre uniche le donne che Fusco rappresenta, differenti in ogni gesto e azione, timide, eleganti, sfacciate: Pray non è che un campionario eterogeneo e identificativo di una diversità uniformata da un abito comune di cui il nostro fa uso, omaggiando lo stile e il fascino di un tempo passato. Nessuna identità definita, sono donne di ieri, oggi, domani. Cambiano rincorrendo un tempo fugace, eppure restano ferme, quasi estranee alla variabilità repentina.
Il tempo è per Fusco un fattore determinante, parametro di studio e analisi del mondo contemporaneo, sempre presente nei suoi lavori, una chiave di lettura fondamentale mediante la quale il nostro riesce a comunicare l’esterno fermandosi e soffermandosi nello spazio di un tempo esasperatamente lungo. Una esposizione che Fusco ‘dilata’ affinché tutto appaia immobile e fermo, e nel desiderato silenzio sopravviene l’ascolto, ci si ripiega su se stessi, la solitudine diviene atto e in un momento ben calibrato si scrive la scena: la prima, la seconda, la terza e poi la pièce, finita, virtuale, reale…è l’ora di Pray.
Figure femminili indefinite si materializzano, si trasformano, velocemente si muovono, aggrappate a una identità quanto mai precaria, alla costante ricerca di un autore che dia loro voce, forma, immagine. Personaggi di un libretto teatrale sono le donne di Pray, progetto espositivo che Alessandro Fusco ‘dirige’ e presenta in una serie di frame fotografici, passaggi che sviluppano una pellicola della memoria rivestita di un passato in bianco e nero, ma proiettata in un futuristico scenario su cui impera ossessiva una litania seriale: Pray for me. Immagini sbiadite che viaggiano e vivono nel tempo: provini infiniti che ci conducono poi alla scelta, ma sarà mai quella giusta?
Se lo chiede e ce lo chiede Alessandro Fusco, che in Pray riflette sulla realtà, prendendo coscienza delle trasformazioni repentine a cui quotidianamente siamo assoggettati. Reale, virtuale, non importa: Pray. Un imperativo quello che Fusco intende comunicare in questo lavoro, un invito e una richiesta di socialità concreta e tangibile che superi un universo relazionale virtuale e sospeso. Una preghiera, quella che il nostro mette in scena, che desidera provocare, destare, indurre alla riflessione. La volontà forte di denunciare e urlare silenziosamente una meditazione profonda. Lo sconforto, ma altresì la difficoltà di essere realmente se stessi mentre tutto intorno (reale, o forse no) cambia grazie al potere di un semplice like virtuale. Fusco sceglie come protagoniste uniche e privilegiate donne che ‘riporta dal passato’, riveste e catapulta con forza nella contemporaneità; offre loro la sua voce, onorando il suono di un mondo femminile che nella storia ha espresso e dimostrato con vigore la volontà di poter fare e, soprattutto, di libertà. Sempre uniche le donne che Fusco rappresenta, differenti in ogni gesto e azione, timide, eleganti, sfacciate: Pray non è che un campionario eterogeneo e identificativo di una diversità uniformata da un abito comune di cui il nostro fa uso, omaggiando lo stile e il fascino di un tempo passato. Nessuna identità definita, sono donne di ieri, oggi, domani. Cambiano rincorrendo un tempo fugace, eppure restano ferme, quasi estranee alla variabilità repentina.
Il tempo è per Fusco un fattore determinante, parametro di studio e analisi del mondo contemporaneo, sempre presente nei suoi lavori, una chiave di lettura fondamentale mediante la quale il nostro riesce a comunicare l’esterno fermandosi e soffermandosi nello spazio di un tempo esasperatamente lungo. Una esposizione che Fusco ‘dilata’ affinché tutto appaia immobile e fermo, e nel desiderato silenzio sopravviene l’ascolto, ci si ripiega su se stessi, la solitudine diviene atto e in un momento ben calibrato si scrive la scena: la prima, la seconda, la terza e poi la pièce, finita, virtuale, reale…è l’ora di Pray.
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