Any Questions?

Chiara Baima Poma, Tabaski bou, 2023, gouache, collage, foglia d'oro e gesso su tela, 103x155 cm.
Dal 5 March 2024 al 10 May 2024
Milano
Luogo: Galleria Area\B
Indirizzo: Via Passo Buole 3
Orari: lun – gio 10-18; ven 10-17. Sabato su appuntamento
Curatori: Isabella Tupone e Francesco Mancini
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02.58316316
E-Mail info: galleria@areab.org
Sito ufficiale: http://www.areab.org
Dal 5 marzo al 10 maggio 2024, la galleria Area\B di Milano presenta la mostra “Any Questions?”, una collettiva tutta al femminile curata da Isabella Tupone e Francesco Mancini, che vede esposte venti opere – in gran parte inedite – firmate da Chiara Baima Poma, Irene Balia, Loredana Galante, Laura Giardino e Sarah Ledda.
Il titolo “Any questions?” cita la frase che chiude il celebre romanzo di Margaret Atwood del 1985 “Il racconto dell’Ancella” diventato simbolo di emancipazione femminile: ambientato nell’immaginaria Repubblica di Gilead, affronta il tema della sottomissione delle donne in un ambiente che le giudica sulla base della loro fertilità, considerandole alla stregua di semplici oggetti. Ma non solo: al centro di quest’opera letteraria troviamo profonde riflessioni sulla solidarietà femminile, sulle caratteristiche di una società patriarcale, sulla perdita dei diritti e delle relative libertà.
Le cinque artiste invitate, diverse per età e formazione, danno una loro visione di questi temi – sempre attuali e purtroppo mai superati – attraverso poetiche personali e registri differenti.
Nelle opere di Chiara Baima Poma (Cuorgnè, 1990) – tele in cui tecnica pittorica e stile richiamano l’arte medievale e rinascimentale italiana – passato e presente, luoghi familiari ed esotici, realtà e sogno si uniscono. I suoi lavori rendono omaggio ad una pluralità di canoni estetici che ritroviamo ad esempio in “Giocare col fuoco” e “Piangere sul latte versato” tratte dalla serie “Modi di dire”. Queste tele esaltano una bellezza fuori dagli schemi attraverso il contrasto tra la bidimensionalità del supporto e la fisicità dei corpi accompagnata spesso da uno sguardo a tratti malinconico.
Irene Balia (Iglesias, 1985) trae ispirazione da canzoni, poesie, avvenimenti quotidiani, oltre che da tradizioni che appartengono alla sua terra natia, la Sardegna.
Proprio a una di queste fa riferimento l’opera in mostra “La fumigazione” in cui l’autrice racconta di un rituale tramandato di generazione in generazione allo scopo di combattere “lo spavento”: una donna taglia via quattro ciocche di capelli dando loro fuoco, bruciando letteralmente la paura e allontanando il trauma derivato da uno spavento o un grande dispiacere.
Loredana Galante (Genova, 1970) espone i suoi delicati ricami: una pratica da sempre legata al mondo della donna, appannaggio femminile anche nel romanzo della Atwood, che nell’artista genovese diventa tecnica per un racconto contemporaneo: quello della negazione dell’esposizione del corpo, la costrizione quasi costante a coprirsi, il non poter parlare liberamente della sessualità per non essere giudicate “poco eleganti”. Nelle opere di Galante le protagoniste sono orgogliose della loro bellezza e della loro fisicità, rivendicando il diritto a mostrarsi, esprimersi, spogliarsi, essere.
Con opere meno recenti e altre più attuali, Laura Giardino (Milano,1976) presenta una panoramica della sua produzione, dal 2013 al 2015, fino al 2024. Mentre nei suoi lavori passati troviamo anche una riflessione sugli stereotipi femminili, nelle opere più recenti la figura femminile va scomparendo lasciando tracce di un passaggio che si può cogliere da piccoli dettagli: piante ben curate, luci accese, erba tagliata. L’ arte di Laura Giardino riflette sull’universalità della donna nel contesto contemporaneo e si concentra sulla libertà e la difesa incondizionata della stessa. La sua arte, così come il romanzo da cui prende nome la mostra, si lega ad un’emancipazione totale dove il diritto alla libertà estetica e personale è e dev’essere dato per scontato.
Sarah Ledda (Aosta, 1970) attinge, per il suo lavoro, all’immaginario cinematografico e televisivo, in particolare al repertorio del cinema classico hollywoodiano, da cui trae singoli frame che, decontestualizzati, si allontanano dal loro significato originale per assumerne uno più universale. I suoi soggetti femminili vanno spesso contro gli stereotipi di genere. Come Pippi Calzelunghe, o la Judy Garland-Dorothy del Mago di Oz, o – ancora – la Audrey Hepburn-Holly Golightly di Colazione da Tiffany: tutti personaggi che vivono ben al di fuori dai canoni sociali, rivendicando coraggio e intraprendenza, personalità e unicità.
Il titolo “Any questions?” cita la frase che chiude il celebre romanzo di Margaret Atwood del 1985 “Il racconto dell’Ancella” diventato simbolo di emancipazione femminile: ambientato nell’immaginaria Repubblica di Gilead, affronta il tema della sottomissione delle donne in un ambiente che le giudica sulla base della loro fertilità, considerandole alla stregua di semplici oggetti. Ma non solo: al centro di quest’opera letteraria troviamo profonde riflessioni sulla solidarietà femminile, sulle caratteristiche di una società patriarcale, sulla perdita dei diritti e delle relative libertà.
Le cinque artiste invitate, diverse per età e formazione, danno una loro visione di questi temi – sempre attuali e purtroppo mai superati – attraverso poetiche personali e registri differenti.
Nelle opere di Chiara Baima Poma (Cuorgnè, 1990) – tele in cui tecnica pittorica e stile richiamano l’arte medievale e rinascimentale italiana – passato e presente, luoghi familiari ed esotici, realtà e sogno si uniscono. I suoi lavori rendono omaggio ad una pluralità di canoni estetici che ritroviamo ad esempio in “Giocare col fuoco” e “Piangere sul latte versato” tratte dalla serie “Modi di dire”. Queste tele esaltano una bellezza fuori dagli schemi attraverso il contrasto tra la bidimensionalità del supporto e la fisicità dei corpi accompagnata spesso da uno sguardo a tratti malinconico.
Irene Balia (Iglesias, 1985) trae ispirazione da canzoni, poesie, avvenimenti quotidiani, oltre che da tradizioni che appartengono alla sua terra natia, la Sardegna.
Proprio a una di queste fa riferimento l’opera in mostra “La fumigazione” in cui l’autrice racconta di un rituale tramandato di generazione in generazione allo scopo di combattere “lo spavento”: una donna taglia via quattro ciocche di capelli dando loro fuoco, bruciando letteralmente la paura e allontanando il trauma derivato da uno spavento o un grande dispiacere.
Loredana Galante (Genova, 1970) espone i suoi delicati ricami: una pratica da sempre legata al mondo della donna, appannaggio femminile anche nel romanzo della Atwood, che nell’artista genovese diventa tecnica per un racconto contemporaneo: quello della negazione dell’esposizione del corpo, la costrizione quasi costante a coprirsi, il non poter parlare liberamente della sessualità per non essere giudicate “poco eleganti”. Nelle opere di Galante le protagoniste sono orgogliose della loro bellezza e della loro fisicità, rivendicando il diritto a mostrarsi, esprimersi, spogliarsi, essere.
Con opere meno recenti e altre più attuali, Laura Giardino (Milano,1976) presenta una panoramica della sua produzione, dal 2013 al 2015, fino al 2024. Mentre nei suoi lavori passati troviamo anche una riflessione sugli stereotipi femminili, nelle opere più recenti la figura femminile va scomparendo lasciando tracce di un passaggio che si può cogliere da piccoli dettagli: piante ben curate, luci accese, erba tagliata. L’ arte di Laura Giardino riflette sull’universalità della donna nel contesto contemporaneo e si concentra sulla libertà e la difesa incondizionata della stessa. La sua arte, così come il romanzo da cui prende nome la mostra, si lega ad un’emancipazione totale dove il diritto alla libertà estetica e personale è e dev’essere dato per scontato.
Sarah Ledda (Aosta, 1970) attinge, per il suo lavoro, all’immaginario cinematografico e televisivo, in particolare al repertorio del cinema classico hollywoodiano, da cui trae singoli frame che, decontestualizzati, si allontanano dal loro significato originale per assumerne uno più universale. I suoi soggetti femminili vanno spesso contro gli stereotipi di genere. Come Pippi Calzelunghe, o la Judy Garland-Dorothy del Mago di Oz, o – ancora – la Audrey Hepburn-Holly Golightly di Colazione da Tiffany: tutti personaggi che vivono ben al di fuori dai canoni sociali, rivendicando coraggio e intraprendenza, personalità e unicità.
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