Bouke de Vries. Sometimes I Look East, Sometimes I Look West

Bouke de Vries, Delft Charger, 2017, frammenti archeologici bianchi di Delft del periodo XVII e XVIII secolo olandese, 47 x 46 x 90 cm.
Dal 24 January 2018 al 14 March 2018
Milano
Luogo: Officine Saffi
Indirizzo: via Aurelio Saffi 7
Orari: Dal lunedì al venerdì dalle 10 alle 13 e dalle 14 alle 18.30. Sabato dalle 11 alle 18. Domenica su appuntamento.
Telefono per informazioni: +39 02 36 68 56 96
E-Mail info: info@officinesaffi.com
Sito ufficiale: http://www.officinesaffi.com/
La pratica dell’artista olandese, di stanza a Londra, Bouke de Vries riflette perfettamente il nostro tempo, nutrendosi del paradosso contemporaneo della bellezza: una ricerca spasmodica di unicità e perfezione avviluppata alla banalizzazione estetica del consumismo. Tale visione nasce dalla sua esperienza come restauratore di ceramiche. De Vries punta il suo sguardo artistico sul modello culturale occidentale secondo cui la rottura di un oggetto ne comporta automaticamente il suo scarto. Anche chi si occupa di preservare le opere d’arte sceglie spesso di cancellare il più possibile la memoria del trauma subito. Egli invece si sente più vicino alla sensibilità della tradizione cinese e giapponese di riparare importanti artefatti in modo che la rottura sia celebrata, piuttosto che nascosta.
“Un oggetto danneggiato può ancora essere bello così come un oggetto perfetto” ragiona de Vries.
Un gioco di opposti che si rincorrono come nel titolo della personale milanese dell’artista “Sometimes I look east and sometimes I look west”. Silenziose, meditative ma al contempo ingegnose e sovversive, le sculture di de Vries offrono una seconda opportunità narrativa a manufatti dalla fattura squisita, come un vaso cinese a bozzolo in terracotta di epoca Han (206 a.C.–220 d.C.), che per un urto si è mutato in pochi istanti da feticcio a coccio. De Vries decostruisce nello spazio questi antichi frammenti, dando loro una nuova simbologia.Lo sciame di farfalle che circonda il vaso nell’opera “Resurrectio Jar”, da un lato allude alla forma a bozzolo del vaso, dall’altro al loro uso iconografico come simbolo di resurrezione nelle famose nature morte del Secolo d'Oro olandese.
In questa mostra Cina ed Olanda sono i poli estremi della sua narrazione. La prima è letta come forza trainante della manifattura della ceramica, la seconda, oltre che la sua patria, è la nazione che ha raggiunto la potenza mondiale nel XVII secolo, grazie proprio agli scambi commerciali con l’Oriente in preziose porcellane ma anche in maioliche di Delft, che, a loro volta, erano spesso ispirate da originali cinesi.
L’interesse di de Vries tuttavia non si esaurisce esclusivamente in una riflessione sulla genesi di manufatti in ceramica, sulle loro forme, i loro usi e simbologie. La sua curiosità intellettuale abbraccia approfondimenti storici e sociologici del contesto in cui - ieri come oggi - questi vengono realizzati o scambiati.
(...)
Se i lavori de Vries si presentano sotto forma di esplosioni, bruciature, destrutturazioni o al contrario sono ricomposti utilizzando la tecnica kintsugi - la pratica giapponese di usare l’oro per saldare i frammenti di oggetti in ceramica - la qualità di esecuzione è ciò che contraddistingue ognuna di queste lavorazioni. “C’è stato un tempo - dice de Vries - in cui la qualità non era considerata parte integrante di un’opera d’arte contemporanea: era l’idea il parametro essenziale per il suo successo. Ma ora penso ci sia un ritorno a una visione dell'artista come di un produttore, come qualcuno che possieda una particolare abilità creativa che gli permette di dar vita ad opere sublimi”. (...)
*Estratto dal testo critico di Fabrizio Meris
Nato a Utrecht, Olanda.
Bouke de Vries ha studiato alla Design Academy di Eindhoven e in seguito alla Central St. Martin's di Londra. Dopo aver lavorato con John Galliano, Stephen Jones e Zandra Rhodes, ha deciso di cambiare carriera iniziando un percorso di studi in conservazione e restauro della ceramica presso il West Dean College.
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