Kyme Napoli

Kyme, Castel Dell'Ovo, Napoli
Dal 2 December 2012 al 11 December 2012
Napoli
Luogo: Castel Dell'Ovo
Indirizzo: via Eldorado 3
Orari: da lunedì a sabato 9.30-18; domenica 9.30-13.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 081 7954593
E-Mail info: casteldellovo@comune.napoli.it
Sito ufficiale: http://www.comune.napoli.it/flex/cm/pages/ServeBLOB.php/L/IT/IDPagina/1
"Kyme, è il suono ancestrale che flutta dagli antri della terra flegrea, è il senso della ricerca gettato in un campo aperto dove la memoria dischiude, simboli e miti ambasciatori di un’estetica immaginifica. Cinque artisti attraverso la riappropriazione di una dialettica lenta, seguono la fenomenologia della vita, della terra, del fuoco mentre le archai animano tutto il vivente, restituendo ai luoghi la bellezza violata da una urbanizzazione selvaggia. Il sulphur, del mito infiamma il cuore, lo provoca ad uscire per cercare nella lucentezza del passato un’idea per il futuro. Questo nuovo laboratorio del fare, sconvolge i ruoli precostituiti della società industriale e sollecita a riappropriarsi del mito per ricostruire il futuro, la contemporaneità dell’arte, dell’etica, dell’urbanistica come rispetto dell’identità e della vocazione dei luoghi.
L’arte nel programma del gruppo non si fa indifferente ma diviene lancia, invettiva propositiva che ridisegna il mito dei campi flegrei, secondo un opus partecipativo della materia sociale dell’arte. I cinque artisti, stracciano i ruoli consolidati del sapere, scavano sogni, grattano dai fondali di un oracolo collettivo, profezie future e città possibili per poi trovare nuove forme di aggregazione con altri artisti ed operatori culturali che condividono il dettato etico ed estetico di una programmazione centripeta che si innesta su un substrato d’amore per una terra la cui bellezza ci fa tutti flegrei. Aulitto, Capuano, Ciraci, Figliolini, Monaco, accomunati da universi artistici differenti, si uniscono in un comune manifesto di intenti: restituire l’identità flegrea attraverso una produzione artistica che dialoga con la madre terra, con il mare, con con le valli oscure e dense dei laghi del non tempo...” (Gilda Luongo). “...Lavorando a e sperimentando nuove modalità espressive, in relazione al territorio in cui vivono, questi artisti contribuiscono a creare un’identità culturale, che, questo è l’auspicio, potrà e dovrà confrontarsi con l’altro, con lo straniero (che è già dentro di noi), come stranieri erano quei coloni greci che migliaia di anni fa sbarcarono sulle nostre coste, dando vita a una civiltà che, ancora oggi, tendiamo a riconoscere e ricostruire come nostro orizzonte di senso” (Dario Giugliano).
L’arte nel programma del gruppo non si fa indifferente ma diviene lancia, invettiva propositiva che ridisegna il mito dei campi flegrei, secondo un opus partecipativo della materia sociale dell’arte. I cinque artisti, stracciano i ruoli consolidati del sapere, scavano sogni, grattano dai fondali di un oracolo collettivo, profezie future e città possibili per poi trovare nuove forme di aggregazione con altri artisti ed operatori culturali che condividono il dettato etico ed estetico di una programmazione centripeta che si innesta su un substrato d’amore per una terra la cui bellezza ci fa tutti flegrei. Aulitto, Capuano, Ciraci, Figliolini, Monaco, accomunati da universi artistici differenti, si uniscono in un comune manifesto di intenti: restituire l’identità flegrea attraverso una produzione artistica che dialoga con la madre terra, con il mare, con con le valli oscure e dense dei laghi del non tempo...” (Gilda Luongo). “...Lavorando a e sperimentando nuove modalità espressive, in relazione al territorio in cui vivono, questi artisti contribuiscono a creare un’identità culturale, che, questo è l’auspicio, potrà e dovrà confrontarsi con l’altro, con lo straniero (che è già dentro di noi), come stranieri erano quei coloni greci che migliaia di anni fa sbarcarono sulle nostre coste, dando vita a una civiltà che, ancora oggi, tendiamo a riconoscere e ricostruire come nostro orizzonte di senso” (Dario Giugliano).
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