Nélida Mendoza. Ausencia

Nélida Mendoza, Ausencia
Dal 7 October 2017 al 29 October 2017
Palermo
Luogo: Cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere
Indirizzo: via Bara all’Olivella - Piazzetta Angelini 1
Orari: sabato e domenica dalle 10.00 alle 18.00
Curatori: Cristina Costanzo
Enti promotori:
- Amici dei Musei Siciliani
Costo del biglietto: ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 327 3807578
E-Mail info: amicidelpiliere@gmail.com
Sito ufficiale: http://:www.amicimuseisiciliani.it
Apre sabato 7 ottobre 2017 alle ore 18.00 presso la cripta della Chiesa di Santa Maria del Piliere di Palermo la mostra personale di Nélida Mendoza - “Ausencia” - per cui l’artista ha ideato un intervento installativo che non vuole sovrapporsi e coprire ma rispecchiare il passaggio che separa il prima e il dopo reinventando il tempo attraverso un medium effimero.
Durante l’opening vi sarà anche la performance dell’artista basca Iratxe Hernandez Simal basata sui temi della rigenerazione e della purificazione, sottolineati da una dimensione sonora e partecipata che concorre a una lettura originale dello spazio.
Nélida Mendoza si è concentrata sulla specificità della Chiesa di Santa Maria del Piliere e in particolare della cripta.
A partire dalle riflessioni sull’attraversamento, come urgente necessità estetica, l’artista predilige materiali fragili, effimeri, mutevoli - cera, paraffina, carta - e in grado di traspirare, alludendo così all’acqua.
L’attenzione a un elemento simbolico come l’acqua, che in America Latina è un agente naturale convertito in mito ma anche fonte di energia e frontiera se interpretato come acqua di fiume, si collega direttamente alla storia della chiesa palermitana.
Essa fu fondata nella metà del XVI secolo dalla nobildonna Giulia De Panicolis proprio in seguito al ritrovamento di una statua lignea della Vergine sopra un pilastro (“pileri”, in siciliano) all’interno di un pozzo, in prossimità della cripta.
Erano numerosi i fedeli richiamati da questo ritrovamento miracoloso e dal potere salvifico delle acque particolarmente fresche del Piliere. Poiché sono ancora in fase di studio le vicende storico-artistiche della Chiesa di Santa Maria del Piliere - che presenta pregevoli apparati decorativi attribuiti a Vito D’Anna e alla scuola serpottiana - la cripta si rivela un luogo capace di stimolare l’immaginario di artisti e visitatori nonostante il precario stato di conservazione, causato dagli eventi bellici cui seguì nell’immediato dopoguerra la chiusura del sito, oggi assicurato alla pubblica fruizione grazie all’impegno dell’Associazione degli Amici dei Musei Siciliani”.
Nel corso di diversi sopralluoghi, Nélida Mendoza si concentra sul ruolo chiave che l’assenza e le sue molteplici implicazioni rivestono negli spazi della cripta, dove, secondo un sottile gioco di rimandi, si registra la stratificazione di tracce, segnali e passaggi di qualcosa che non esiste più.
Come gli arredi della cripta, pressoché inesistenti, suggeriscono una ritualità connaturata al luogo così le fessure, le linee, i fori, le incrostazioni sulle pareti e il pavimento evocano forme e contenuti persistenti.
Per evidenziare l’identità di un luogo, l’artista attua l’inserimento di lastre in paraffina e traccia il perimento di elementi chiave, come l’altare e il crocifisso, riportando in modo temporaneo quello che non c’è più ma è ancora molto presente.
La paraffina in strati sottili e non invasivi funge da lastra capace di specchiare quello che si trovava sotto e quindi prima e, alludendo alla traspirazione e alla trasfigurazione, s’impone come icona e segno tangibile dell’assenza percepita dall’artista e restituita al fruitore.
Se - come dichiara l’artista stessa - “lo spazio, il percorso e l’evoluzione della materia sono stati sempre i punti di interesse primario per iniziare a pensare a un’idea, ad un progetto”, “l’intervento di Nélida Mendoza – sottolinea la curatrice Cristina Costanzo - non si limita a occupare un posto vuoto, a ricreare quello che è stato tolto, o a sostituirsi a un elemento sottratto dal tempo, dalla guerra, dall’incuria, dall’avidità, ma lo evidenzia come traccia della memoria e segno d’identità di quel luogo sospeso tra ciò che è andato e ciò che è rimasto”.
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