L'estroflessione italiana: da Castellani a Castelvecchi. La strutturazione dinamica della superficie: Amadio, Bassani, Bonalumi, Castellani, Castelvecchio, Simeti

L'estroflessione italiana: da Castellani a Castelvecchi. La strutturazione dinamica della superficie: Amadio, Bassani, Bonalumi, Castellani, Castelvecchio, Simeti
Dal 7 November 2014 al 23 November 2014
Pavia
Luogo: Spazio per le arti contemporanee del Broletto
Indirizzo: piazza della Vittoria 14
Orari: da martedì a venerdì 16.30-19.30; sabato e domenica 10.30-12.30 / 16.30-19.30
Curatori: Giosuè Allegrini
E-Mail info: chiara.argenteri@comune.pv.it
Sito ufficiale: http://www.comune.pv.it
Il dinamismo, l'idea di uno spazio che non si limita alla tela ma ne oltrepassa i confini, deformandoli, forzandoli, e di un'opera pronta a invadere territori non suoi, che diventa ambiente, luogo tattile, esperienza fisica: è il filo conduttore de L'estroflessione italiana: da Castellani a Castelvecchi, la mostra che inaugura venerdì 7 novembre 2014, ore 18, nello Spazio per le arti contemporanee del Broletto di Pavia.
Organizzata dall'Associazione culturale Giorgio La Pira Onlus, La Bezuga e Artea Gallery, in collaborazione con il Settore Cultura del Comune di Pavia, e curata da Giosuè Allegrini (che ha redatto anche i testi di presentazione in catalogo), l'esposizione presenta - fino al 23 novembre 2014 - una cinquantina di opere (provenienti da gallerie e collezioni private) di alcuni dei più noti rappresentanti dell'estroflessione in Italia: Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Turi Simeti, Giuseppe Amadio, Dino Castelvecchi e Andrea Bassani. Ciascuno, secondo la propria poetica, è stato in grado di far respirare la pittura, donandole una boccata d'ossigeno e liberandola dalla schiavitù della logica, della bidimensionalità a tutti i costi. Con gli estroflessionisti l'arte non interpreta più la realtà, non si limita a darne una spiegazione: piuttosto la rivive, la trasforma, la mastica.
Il primo in Italia è stato Lucio Fontana, che ha dischiuso la pittura alla terza dimensione, facendole conquistare lo spazio oltre i propri limiti, intraprendendo così una delle linee di ricerca fondamentali dell'arte del XX secolo. Lo Spazialismo ha ispirato le generazioni successive, fornendo i presupposti che hanno portato Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e gli altri a fondare la propria volontà sulla violazione dei confini dell'opera, sul bisogno di ridiscutere i tempi e i modi del dipingere, sulla necessità di rivedere il ruolo del pittore stesso. Se per tutti gli altri o almeno per la gran parte degli altri la tela è solo la superficie su cui dar vita alla creazione, e di conseguenza la cosiddetta preparazione serve ad accogliere quella che sarà l'azione artistica vera e propria - dunque alla fine si finisce per dar vita a un'attenzione e un'aspettativa quasi sacrali per l'arrivo della pennellata -, per gli estroflessionisti i il supporto diventa ben presto l'anima stessa del lavoro, il suo nerbo, il suo respiro. Non solo uno scheletro sul quale costruire la narrazione, piuttosto un carattere definito e compiuto capace di indirizzare il colore, il gesto, la forma che dovranno arrivare. La preparazione del quadro non è semplice stesura del fondo: è, invece, architettura dell'idea, presa di possesso dello spazio, scansione dei volumi e degli elementi dell'opera.
I quadri non hanno nulla dell'impianto tradizionale, sono sculture, installazioni su cui la storia non poggia ma scorre, s'insegue, s'avventa. Scivola attorno, da una parte e dall'altra, senza che lo spettatore possa sentirsi rassicurato dalla tridimensionalità della superficie.
La mostra, realizzata grazie al contributo della Ditta Sigma di Pavia, Cofi di Santa Margherita Ligure e della Onlus Airett, è accompagnata da un catalogo edito da La Bezuga con testi critici di Giosuè Allegrini.
Organizzata dall'Associazione culturale Giorgio La Pira Onlus, La Bezuga e Artea Gallery, in collaborazione con il Settore Cultura del Comune di Pavia, e curata da Giosuè Allegrini (che ha redatto anche i testi di presentazione in catalogo), l'esposizione presenta - fino al 23 novembre 2014 - una cinquantina di opere (provenienti da gallerie e collezioni private) di alcuni dei più noti rappresentanti dell'estroflessione in Italia: Enrico Castellani, Agostino Bonalumi, Turi Simeti, Giuseppe Amadio, Dino Castelvecchi e Andrea Bassani. Ciascuno, secondo la propria poetica, è stato in grado di far respirare la pittura, donandole una boccata d'ossigeno e liberandola dalla schiavitù della logica, della bidimensionalità a tutti i costi. Con gli estroflessionisti l'arte non interpreta più la realtà, non si limita a darne una spiegazione: piuttosto la rivive, la trasforma, la mastica.
Il primo in Italia è stato Lucio Fontana, che ha dischiuso la pittura alla terza dimensione, facendole conquistare lo spazio oltre i propri limiti, intraprendendo così una delle linee di ricerca fondamentali dell'arte del XX secolo. Lo Spazialismo ha ispirato le generazioni successive, fornendo i presupposti che hanno portato Enrico Castellani, Agostino Bonalumi e gli altri a fondare la propria volontà sulla violazione dei confini dell'opera, sul bisogno di ridiscutere i tempi e i modi del dipingere, sulla necessità di rivedere il ruolo del pittore stesso. Se per tutti gli altri o almeno per la gran parte degli altri la tela è solo la superficie su cui dar vita alla creazione, e di conseguenza la cosiddetta preparazione serve ad accogliere quella che sarà l'azione artistica vera e propria - dunque alla fine si finisce per dar vita a un'attenzione e un'aspettativa quasi sacrali per l'arrivo della pennellata -, per gli estroflessionisti i il supporto diventa ben presto l'anima stessa del lavoro, il suo nerbo, il suo respiro. Non solo uno scheletro sul quale costruire la narrazione, piuttosto un carattere definito e compiuto capace di indirizzare il colore, il gesto, la forma che dovranno arrivare. La preparazione del quadro non è semplice stesura del fondo: è, invece, architettura dell'idea, presa di possesso dello spazio, scansione dei volumi e degli elementi dell'opera.
I quadri non hanno nulla dell'impianto tradizionale, sono sculture, installazioni su cui la storia non poggia ma scorre, s'insegue, s'avventa. Scivola attorno, da una parte e dall'altra, senza che lo spettatore possa sentirsi rassicurato dalla tridimensionalità della superficie.
La mostra, realizzata grazie al contributo della Ditta Sigma di Pavia, Cofi di Santa Margherita Ligure e della Onlus Airett, è accompagnata da un catalogo edito da La Bezuga con testi critici di Giosuè Allegrini.
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