Dal 29 novembre al 12 aprile
La Grecia a Roma: ai Musei capitolini oltre 150 capolavori raccontano una storia di passione e ritorni
La Grecia a Roma, allestimento | Foto: © WPS
Samantha De Martin
28/11/2025
Roma - Corpi slanciati, muscoli in tensione, danzatrici e amazzoni trasmettono a chi passeggia nelle sale tutta la potenza vibrante del marmo.
Doveva essere così anche nell’antichità quando, a partire dalle guerre contro Annibale, tra III e II secolo a.C, Roma, dopo essersi appropriata delle opere d’arte greche saccheggiate come bottino di guerra, vedeva sfilare i tesori della Grecia nei cortei trionfali, trasformandoli in simboli della vittoria del trionfatore. Attraverso quest’arte la città eterna si impossessava non solo delle bellezze della Grecia, ma della sua stessa memoria culturale e, da conquistatrice, si faceva custode, ora spietata ora inconsapevole, del patrimonio artistico del mondo ellenico.
Questo bottino di capolavori originali, alcuni mai esposti prima, ritorna nella capitale svelando l’incontro artistico che ha ridefinito identità e potere nella Roma antica. Dal 29 novembre al 12 aprile 150 originali greci sfilano nella mostra “La Grecia a Roma”, secondo appuntamento del ciclo I Grandi Maestri della Grecia Antica (il primo era stato con Fidia). Attraverso questo progetto Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce ripercorrono la fortuna delle opere greche arrivate a Roma nel periodo tra la fondazione della città e l’età imperiale grazie a contatti commerciali, al dominio di Roma nel Mediterraneo, alle conquiste militari o semplicemente alla passione collezionistica dei Romani nei confronti della cultura ellenistica.
La Grecia a Roma, allestimento | Foto: © WPS
Questa sorta di “Grecia mania”, accanto all’influenza esercitata dai maestri greci sull’arte romana prende forma nelle sale di Villa Caffarelli attraverso un percorso raffinato che accoglie sculture, rilievi, ceramiche, bronzi, contenuti multimediali. Molti di questi lavori tornano in città dopo secoli di dispersione. È questo il caso dei grandi bronzi capitolini, eccezionalmente riuniti, affiancati da monumenti chiave come la stele dell’Abbazia di Grottaferrata e le sculture di Niobidi dagli Horti Sallustiani, disperse tra Roma e Copenaghen. Un altro grande ritorno è rappresentato da una scultura acroteriale femminile della collezione Al Thani di Parigi, presente a Roma nel Seicento, e poi da reperti inediti, come le ceramiche attiche rinvenute in recenti scavi archeologici presso il Colosseo. L’eleganza del gruppo scultoreo di dee fanciulle nel gioco dell’Ephedrismòs, del III secolo a.C, ritrovato a Roma in piazza Dante e oggi ai Musei Capitolini, ha la stessa bellezza del Ritratto di Antistene su erma moderna. Vedere tutte insieme queste opere accostate provenienti dal Sistema Musei di Roma Capitale, ma anche da istituzioni come la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, il Museum of Fine Arts di Boston, il Museum of Fine Arts di Budapest, la Collezione Al Thani di Parigi, offre l’occasione per ricostruire la storia dei significati (e delle nuove funzioni) che questi oggetti hanno assunto nel tempo nel loro passaggio dalla Grecia a Roma. Un esempio è rappresentato dal Templum Pacis, il grande complesso voluto da Vespasiano dopo la vittoria in Giudea (75 d.C.), nato come simbolo della pace ristabilita e divenuto presto una sorta di museo dell’arte greca nel cuore dell’Impero.

La Grecia a Roma, allestimento | Foto: © WPS
Dopo avere esplorato le dimore private arricchite da opere d’arte greca il percorso passa in rassegna le opere collegate alle ville di età imperiale in buona parte dislocate nel suburbio. A partire dal II secolo a.C. molti scultori greci immigrarono a Roma e vi installarono atelier, specializzandosi anche nella creazione di statue di culto in stile classicistico destinate ai templi romani. Le opere riprendevano spesso soggetti mitologici o dionisiaci della tradizione. L’intento dell’arte neoattica era quello di rielaborare i modelli greci, riadattandoli alle nuove funzioni. L’arte greca era ormai uno strumento piegato alle esigenze di Roma: il sentimento religioso che permeava la migliore produzione artistica di età arcaica e classica si era perduto a favore della qualità estetica dell’opera d’arte.
Doveva essere così anche nell’antichità quando, a partire dalle guerre contro Annibale, tra III e II secolo a.C, Roma, dopo essersi appropriata delle opere d’arte greche saccheggiate come bottino di guerra, vedeva sfilare i tesori della Grecia nei cortei trionfali, trasformandoli in simboli della vittoria del trionfatore. Attraverso quest’arte la città eterna si impossessava non solo delle bellezze della Grecia, ma della sua stessa memoria culturale e, da conquistatrice, si faceva custode, ora spietata ora inconsapevole, del patrimonio artistico del mondo ellenico.
Questo bottino di capolavori originali, alcuni mai esposti prima, ritorna nella capitale svelando l’incontro artistico che ha ridefinito identità e potere nella Roma antica. Dal 29 novembre al 12 aprile 150 originali greci sfilano nella mostra “La Grecia a Roma”, secondo appuntamento del ciclo I Grandi Maestri della Grecia Antica (il primo era stato con Fidia). Attraverso questo progetto Eugenio La Rocca e Claudio Parisi Presicce ripercorrono la fortuna delle opere greche arrivate a Roma nel periodo tra la fondazione della città e l’età imperiale grazie a contatti commerciali, al dominio di Roma nel Mediterraneo, alle conquiste militari o semplicemente alla passione collezionistica dei Romani nei confronti della cultura ellenistica.
La Grecia a Roma, allestimento | Foto: © WPS
Questa sorta di “Grecia mania”, accanto all’influenza esercitata dai maestri greci sull’arte romana prende forma nelle sale di Villa Caffarelli attraverso un percorso raffinato che accoglie sculture, rilievi, ceramiche, bronzi, contenuti multimediali. Molti di questi lavori tornano in città dopo secoli di dispersione. È questo il caso dei grandi bronzi capitolini, eccezionalmente riuniti, affiancati da monumenti chiave come la stele dell’Abbazia di Grottaferrata e le sculture di Niobidi dagli Horti Sallustiani, disperse tra Roma e Copenaghen. Un altro grande ritorno è rappresentato da una scultura acroteriale femminile della collezione Al Thani di Parigi, presente a Roma nel Seicento, e poi da reperti inediti, come le ceramiche attiche rinvenute in recenti scavi archeologici presso il Colosseo. L’eleganza del gruppo scultoreo di dee fanciulle nel gioco dell’Ephedrismòs, del III secolo a.C, ritrovato a Roma in piazza Dante e oggi ai Musei Capitolini, ha la stessa bellezza del Ritratto di Antistene su erma moderna. Vedere tutte insieme queste opere accostate provenienti dal Sistema Musei di Roma Capitale, ma anche da istituzioni come la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen, il Museum of Fine Arts di Boston, il Museum of Fine Arts di Budapest, la Collezione Al Thani di Parigi, offre l’occasione per ricostruire la storia dei significati (e delle nuove funzioni) che questi oggetti hanno assunto nel tempo nel loro passaggio dalla Grecia a Roma. Un esempio è rappresentato dal Templum Pacis, il grande complesso voluto da Vespasiano dopo la vittoria in Giudea (75 d.C.), nato come simbolo della pace ristabilita e divenuto presto una sorta di museo dell’arte greca nel cuore dell’Impero.

La Grecia a Roma, allestimento | Foto: © WPS
Dopo avere esplorato le dimore private arricchite da opere d’arte greca il percorso passa in rassegna le opere collegate alle ville di età imperiale in buona parte dislocate nel suburbio. A partire dal II secolo a.C. molti scultori greci immigrarono a Roma e vi installarono atelier, specializzandosi anche nella creazione di statue di culto in stile classicistico destinate ai templi romani. Le opere riprendevano spesso soggetti mitologici o dionisiaci della tradizione. L’intento dell’arte neoattica era quello di rielaborare i modelli greci, riadattandoli alle nuove funzioni. L’arte greca era ormai uno strumento piegato alle esigenze di Roma: il sentimento religioso che permeava la migliore produzione artistica di età arcaica e classica si era perduto a favore della qualità estetica dell’opera d’arte.
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