Ai Weiwei artista controverso: la censura della Cina e la mostra in Toscana

Ai Weiwei
31/10/2012
Siena - Presso gli spazi della Galleria Continua, nata dall’originale recupero di una sala cinematografica degli anni Cinquanta, è stata appena inaugurata e si potrà visitare fino al 26 gennaio 2013, un'esposizione delle opere di un artista contemporaneo straordinariamente eclettico, insieme architetto, designer, video artist, fotografo, performer, blogger. In mostra ci sono una selezione di progetti relativi ai suoi ultimi vent’anni di carriera. Ma l’autore non c’è, anzi non può esserci, dal momento che stiamo parlando di Ai Weiwei, artista cinese noto per la sua opposizione al regime. Attualmente, dopo un periodo di reclusione e di isolamento che ha fatto parlare tutto il mondo come di una grave minaccia alla libertà di espressione, è in libertà vigilata e non può lasciare il suo paese. Intanto l’attivista cinese continua a manifestare il proprio dissenso: è delle ultime ore la notizia della censura da parte del governo di un suo videoclip divenuto popolarissimo sul web in poco tempo. Le immagini mostravano Ai Weiwei che ballava a tempo di musica sventolando in aria un paio di manette.
Nel frattempo continua la retrospettiva a lui dedicata ospitata a San Gimignano, occasione per approfondire la conoscenza di questo artista così controverso e originale. L'allestimento si sviluppa attraverso un percorso tra sculture, installazioni, video e fotografie. Le opere, tra le quali alcune inedite e altre presentate per la prima volta in Italia, mostrano le cifre distintive del linguaggio di Ai Weiwei: da una parte il rispetto della tradizione, quasi esibito, e dall’altra l'adesione alla modernità. E, soprattutto, la sua costante consapevolezza sociale e politica. I contenuti risultano sempre complessi e spesso contraddittori. E’ il caso di 258 Fake, una titanica opera di documentazione costituita da 7677 immagini scattate tra il 2003 e il 2011 che raccontano la vita quotidiana dell’artista nel suo "Fake Design Studio", dove lavora come architetto, a Pechino.
Il carattere di coraggiosa denuncia dell’opera dell’artista dissidente cinese si rende evidente, per esempio, in Rebar 49, scultura che ricorda il disastroso terremoto del 2008 che devastò la provincia del Sichuan, provocando la morte di 70.000 persone. Ai Weiwei, con altri volontari, investigò e documentò le cause della tragedia: la cattiva qualità dei materiali da costruzione e pubblicò in rete il nome di migliaia di bambini vittime delle macerie, atto che provocò la chiusura del suo blog da parte del governo.
Altre opere in mostra, come F-Size e Untitled, mettono in luce i tratti più concettuali del progetto di Ai Weiwei che decontestualizza e riconfigura o mobili antichi della raffinata tradizione cinese di epoca Ming e Qing per la creazione di forme e architetture geometriche e astratte, anche come metafora del potere che può trasformare gli oggetti in simboli del nulla. Concludono il percorso espositivo alcune opere installative di grande impatto visivo: Ordos 100 Models, modello architettonico grandioso progettato per la Mongolia Interna, che vede rinnovarsi la collaborazione di Ai Weiwei con gli architetti Herzog & de Meuron, già insieme per la realizzazione dello stadio olimpico di Pechino.
Nicoletta Speltra
Nel frattempo continua la retrospettiva a lui dedicata ospitata a San Gimignano, occasione per approfondire la conoscenza di questo artista così controverso e originale. L'allestimento si sviluppa attraverso un percorso tra sculture, installazioni, video e fotografie. Le opere, tra le quali alcune inedite e altre presentate per la prima volta in Italia, mostrano le cifre distintive del linguaggio di Ai Weiwei: da una parte il rispetto della tradizione, quasi esibito, e dall’altra l'adesione alla modernità. E, soprattutto, la sua costante consapevolezza sociale e politica. I contenuti risultano sempre complessi e spesso contraddittori. E’ il caso di 258 Fake, una titanica opera di documentazione costituita da 7677 immagini scattate tra il 2003 e il 2011 che raccontano la vita quotidiana dell’artista nel suo "Fake Design Studio", dove lavora come architetto, a Pechino.
Il carattere di coraggiosa denuncia dell’opera dell’artista dissidente cinese si rende evidente, per esempio, in Rebar 49, scultura che ricorda il disastroso terremoto del 2008 che devastò la provincia del Sichuan, provocando la morte di 70.000 persone. Ai Weiwei, con altri volontari, investigò e documentò le cause della tragedia: la cattiva qualità dei materiali da costruzione e pubblicò in rete il nome di migliaia di bambini vittime delle macerie, atto che provocò la chiusura del suo blog da parte del governo.
Altre opere in mostra, come F-Size e Untitled, mettono in luce i tratti più concettuali del progetto di Ai Weiwei che decontestualizza e riconfigura o mobili antichi della raffinata tradizione cinese di epoca Ming e Qing per la creazione di forme e architetture geometriche e astratte, anche come metafora del potere che può trasformare gli oggetti in simboli del nulla. Concludono il percorso espositivo alcune opere installative di grande impatto visivo: Ordos 100 Models, modello architettonico grandioso progettato per la Mongolia Interna, che vede rinnovarsi la collaborazione di Ai Weiwei con gli architetti Herzog & de Meuron, già insieme per la realizzazione dello stadio olimpico di Pechino.
Nicoletta Speltra
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