Dall’11 settembre 2025 all’11 gennaio 2026
Espressionisti italiani, una storia da riscoprire a Vercelli

Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo italiano I Spazio ARCA - Ex Chiesa di San Marco, Vercelli
Francesca Grego
10/09/2025
Vercelli - Dalla Collezione Giuseppe Iannaccone, un viaggio lungo 25 anni d’arte alla scoperta della via italiana all’Espressionismo. L’appuntamento è allo Spazio ARCA (ex Chiesa di San Marco) di Vercelli, che da domani ospiterà le opere di maestri del Novecento come Lucio Fontana, Emilio Vedova, Renato Birolli, Renato Guttuso, Fausto Pirandello, Aligi Sassu. “Una storia che parla di libertà, di scelte coraggiose e controcorrente”, recita la presentazione della mostra curata da Daniele Fenaroli, prima tappa di un progetto pluriennale che vedrà confrontarsi con i grandi artisti del passato alcune giovani voci del contemporaneo. Questa volta tocca a Norberto Spina, classe 1995, rappresentato da opere site specific e lavori inediti tra cui un prezioso prestito dalla Royal Academy di Londra.
In programma dall’11 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo italiano racconta come un gruppo di artisti molto diversi tra loro abbiano saputo coltivare le proprie visioni indipendenti anche contro le tendenze dominanti, portando nell’arte la fragilità, la solitudine e le tensioni esistenziali dell’essere umano. Siamo nel periodo cruciale che va dal 1920 al 1945: le opere esposte, dunque, attraversano il ventennio fascista e il secondo conflitto mondiale. I protagonisti dell’avventura espressionista costruiscono una contro-narrazione alternativa ai modelli celebrativi imposti dal regime, silenziosa ma potente, fatta di corpi sbilanciati, nature morte inquietanti, città oniriche, figure ai margini e una quotidianità disarmante, lontana dalla retorica diffusa nella cultura dell’epoca.

Fausto Pirandello, Composizione (Siesta Rustica), 1924-1926. Olio su tela, 100x126 cm I Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone © Fausto Pirandello Calogero, by SIAE 2025. Photo Credit: Studio Vandrasch
A Vercelli i loro lavori - Nudo in piedi di Fontana (1939), Caffeuccio veneziano di Vedova (1942), Ritratto di Mimise di Guttuso (1938), tra le altre - dialogano con i lavori di Norberto Spina, artista interessato a indagare le relazioni tra memoria personale e collettiva attraverso immagini d’archivio, fotografie storiche e iconografie della tradizione italiana che, rielaborate e sovrapposte, si manifestano come frammenti di ricordi. “Guardare oggi le opere in mostra accanto a quelle di Spina”, scrive il curatore, “significa non soltanto recuperare una pagina fondamentale della storia dell’arte italiana, ma anche riconoscere quanto quella stagione parli ancora al nostro presente. Non come immagine passata, ma come un linguaggio vivo, capace di dirci ancora molto, e forse più che mai, su libertà, responsabilità e visione”.
Cosa accade quando le immagini del passato si confrontano con lo sguardo del presente? Quando l’arte non si limita a raccontare “com’era”, ma interroga il nostro “come siamo”? Birolli, Guttuso, Fontana, Pirandello, Sassu e gli altri protagonisti dei questa avventura hanno preferito l’empatia alla monumentalità, la deformazione all’ordine, l’indagine del sé e dell’altro all’adesione al potere. E proprio in questa tensione si innesta, oggi, la pittura di Norberto Spina. Le sue immagini evocano archivi smarriti, memorie spezzate, identità fratturate, rielaborando l’eredità visiva degli anni Trenta per restituirle complessità, distanza e soprattutto nuove domande.

"Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo italiano" I Spazio ARCA - Ex Chiesa di San Marco, Vercelli: Lucio Fontana, Nudo in piedi, 1939. Scultura - gesso dipinto e cera, 58x18,5x17 cm I Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2025. Photo Credit: Studio Vandrasch.
La mostra nasce da un incontro: quello tra il nucleo storico delle opere della Collezione Giuseppe Iannaccone, che custodisce capolavori dell’Espressionismo italiano realizzati tra il 1920 e il 1945, e la ricerca contemporanea di Spina. Lungo un itinerario che si sviluppa per nuclei tematici - il colore come forma di resistenza, il ritratto come ricerca dell’identità, il presente come soglia inquieta della memoria - il visitatore è invitato a mettere in discussione ogni idea pacificata di storia e di rappresentazione. Perché non è solo questione di ciò che vediamo, ma di come lo guardiamo: non una mostra “sulla storia”, bensì “dentro la storia”, dentro le sue ferite, le sue tensioni, i suoi fantasmi, e soprattutto dentro le sue possibilità di trasformazione.

Emilio Vedova, Il Caffeuccio Veneziano, 1942. Olio su tela, 43.2x55 cmI Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone. Photo Credit: Studio Vandrasch
In programma dall’11 settembre 2025 all’11 gennaio 2026, Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo italiano racconta come un gruppo di artisti molto diversi tra loro abbiano saputo coltivare le proprie visioni indipendenti anche contro le tendenze dominanti, portando nell’arte la fragilità, la solitudine e le tensioni esistenziali dell’essere umano. Siamo nel periodo cruciale che va dal 1920 al 1945: le opere esposte, dunque, attraversano il ventennio fascista e il secondo conflitto mondiale. I protagonisti dell’avventura espressionista costruiscono una contro-narrazione alternativa ai modelli celebrativi imposti dal regime, silenziosa ma potente, fatta di corpi sbilanciati, nature morte inquietanti, città oniriche, figure ai margini e una quotidianità disarmante, lontana dalla retorica diffusa nella cultura dell’epoca.

Fausto Pirandello, Composizione (Siesta Rustica), 1924-1926. Olio su tela, 100x126 cm I Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone © Fausto Pirandello Calogero, by SIAE 2025. Photo Credit: Studio Vandrasch
A Vercelli i loro lavori - Nudo in piedi di Fontana (1939), Caffeuccio veneziano di Vedova (1942), Ritratto di Mimise di Guttuso (1938), tra le altre - dialogano con i lavori di Norberto Spina, artista interessato a indagare le relazioni tra memoria personale e collettiva attraverso immagini d’archivio, fotografie storiche e iconografie della tradizione italiana che, rielaborate e sovrapposte, si manifestano come frammenti di ricordi. “Guardare oggi le opere in mostra accanto a quelle di Spina”, scrive il curatore, “significa non soltanto recuperare una pagina fondamentale della storia dell’arte italiana, ma anche riconoscere quanto quella stagione parli ancora al nostro presente. Non come immagine passata, ma come un linguaggio vivo, capace di dirci ancora molto, e forse più che mai, su libertà, responsabilità e visione”.
Cosa accade quando le immagini del passato si confrontano con lo sguardo del presente? Quando l’arte non si limita a raccontare “com’era”, ma interroga il nostro “come siamo”? Birolli, Guttuso, Fontana, Pirandello, Sassu e gli altri protagonisti dei questa avventura hanno preferito l’empatia alla monumentalità, la deformazione all’ordine, l’indagine del sé e dell’altro all’adesione al potere. E proprio in questa tensione si innesta, oggi, la pittura di Norberto Spina. Le sue immagini evocano archivi smarriti, memorie spezzate, identità fratturate, rielaborando l’eredità visiva degli anni Trenta per restituirle complessità, distanza e soprattutto nuove domande.

"Guttuso, De Pisis, Fontana… L’Espressionismo italiano" I Spazio ARCA - Ex Chiesa di San Marco, Vercelli: Lucio Fontana, Nudo in piedi, 1939. Scultura - gesso dipinto e cera, 58x18,5x17 cm I Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone © Fondazione Lucio Fontana, Milano, by SIAE 2025. Photo Credit: Studio Vandrasch.
La mostra nasce da un incontro: quello tra il nucleo storico delle opere della Collezione Giuseppe Iannaccone, che custodisce capolavori dell’Espressionismo italiano realizzati tra il 1920 e il 1945, e la ricerca contemporanea di Spina. Lungo un itinerario che si sviluppa per nuclei tematici - il colore come forma di resistenza, il ritratto come ricerca dell’identità, il presente come soglia inquieta della memoria - il visitatore è invitato a mettere in discussione ogni idea pacificata di storia e di rappresentazione. Perché non è solo questione di ciò che vediamo, ma di come lo guardiamo: non una mostra “sulla storia”, bensì “dentro la storia”, dentro le sue ferite, le sue tensioni, i suoi fantasmi, e soprattutto dentro le sue possibilità di trasformazione.

Emilio Vedova, Il Caffeuccio Veneziano, 1942. Olio su tela, 43.2x55 cmI Courtesy Collezione Giuseppe Iannaccone. Photo Credit: Studio Vandrasch
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