I dreamed a dream – Chapter 1
From 30 Novembre 2019 to 07 Marzo 2020
Venice
Place: Marignana Arte
Address: Dorsoduro 141
Times: Mar e Mer 14 18.30 | Gio - Sab 11 - 13.30 / 14 - 18.30 | Dom e Lun chiuso o su appuntamento
Responsibles: Domenico de Chirico
Ticket price: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 041 5227360
E-Mail info: info@marignanaarte.it
Official site: http://www.marignanaarte.it
«Nei due scritti di Aristotele sul sogno (De divinatione per somnium e De somniis), esso è già diventato oggetto della psicologia: non è inviato dalla divinità, e la sua natura non è divina. In altre parole esso non proviene da una rivelazione soprannaturale, ma dalle leggi dello spirito umano, che è però affine alla divinità.
Il sogno viene definito come l’attività psichica propria dell’uomo addormentato.»
Sigmund Freud, Die Traumdeutung, 1899 (p. 24)
Partendo ab origine da Platone ad Aristotele, per poi passare attraverso la lirica di Giovanni Boccaccio e a seguire le teorie psicanalitiche, tra gli altri, di Sigmund Freud e Melanie Klein, fino alla fondamentale scoperta della fase REM ad opera di Eugene Aserinsky, il sogno è inequivocabilmente l'azione dell'immaginazione nel sonno.
Infatti, il sogno (dal latino sŏmnium, derivato di somnus, "sonno") è un fenomeno psichico legato al sonno, che si verifica generalmente nelle fasi di sonno REM, ed è fortemente caratterizzato dalla percezione, anche in maniera frammentaria, di immagini e suoni riconosciuti come apparentemente reali, contraddistinto da una struttura narrativa più o meno coerente seppur spesso vana e fantastica, con sensazioni prevalentemente visive e con eventuale partecipazione emotiva da parte del soggetto dormiente.
I dreamed a dream è concepita come il contenuto di un determinato sogno mai rivelato in cui svariate immagini si avvicendano, come la riproduzione fantastica che si compie nella coscienza del contenuto di un’esperienza sensibile o la libera elaborazione di ciò che potrebbe essere il contenuto di tale esperienza.
L'evanescenza di ogni singola opera rintracciabile anche tra gli elementi scultorei che rimandano alla matericità del reale sembra sussurrare racconti di sogni i quali insieme costituiscono un unico coro sognante. Un inconscio collettivo viene così decantato, tuttavia non si tratta dell'inconscio collettivo teorizzato da Carl Gustav Jung che procede all'indietro alla ricerca di un substrato antico, bensì di un inconscio sognante che insegue linee fugaci su sfondi indefiniti. Dunque, un sogno elevato alla sua massima potenza, un sogno sognato fatto di tanti sogni e della sostanza soffice scaturita dalle loro interconnessioni.
La pratica artistica del brasiliano Túlio Pinto ruota attorno alle nozioni di equilibrio tra peso e materia, gravità e trasformazione. Usando materiali edili e industriali come metallo, cemento, vetro etc. e combinandoli in modi sorprendenti, Pinto crea un dialogo riflessivo tra il materiale stesso, lo spazio e lo spettatore indagando sempre nuove modalità di relazione mediante prospettive alquanto inaspettate; il linguaggio scultoreo fortemente empatico e le trame vibratili dense di narrazioni intime dell’uruguaiana Verónica Vázquez, in cui il materiale povero, costituito da fil di ferro, lana, cotone, scarti ferrosi, ritagli di lamiere, carta, frammenti metallici etc. trionfa indiscutibilmente, tendono, in modo profondo e delicato, al raggiungimento della ricerca dell’armonia spaziale; l'artista georgiana Sophie Ko con le sue Geografie temporali, opere materiche e mutevoli, intende mettere in scena il rapporto che intercorre tra il concetto di tempo e le relative immagini attraverso un corollario che spazia da gravità e distruzione a profondità e rinascita; in bilico evocativo tra minimalismo e simbolismo e strettamente legato ad un raffinato sviluppo armonico degli elementi, il lavoro della francese Anne Laure Sacriste si concentra sulla questione ontologica del dipinto e sulla percezione visiva che generalmente si ha di esso, creando un repertorio immaginifico che si dipana tra natura e sogno; il belga Stijn Ank, interrogandosi su dove finisce la superficie del suo lavoro e dove inizia lo spazio circostante, attraverso le sue “istanze” scultoree ci offre una approfondita ricerca visiva sulla relazione tra materia e vuoto, lungi da ogni tipo di realtà effettiva; lo svedese Mats Bergquist attraverso la sua poetica di riduzione fascinosamente iconica e ambigua, genera un mondo concavo fatto di silenzio tattile e lieve austerità; l'italiano Giuseppe Adamo pensa al linguaggio pittorico muovendosi in una terra di confine tra figurazione e astrazione. Le sue opere sono superfici lisce e lucidate, totalmente prive dello spessore del materiale, da esse emergono paesaggi probabilmente mai esistiti ma evidentemente possibili; il brasiliano Artur Lescher crea sovente installazioni post-minimal e sculture connotate da una grande forza di matrice architettonica. Attraverso le sue opere, concepite come vere e proprie strutture narrative, Lescher fa costante riferimento a elementi naturali che, riprodotti in modo impeccabile mediante processi industriali, rivelano allusioni nascoste. Le sue opere emergono sottilmente come gesti poetici nello spazio trasmettendo forza e instabilità, equilibrio e movimento, tensione e silenzio allo stesso tempo. Con le sue solenni installazioni Lescher tenta di dar vita a nuovi volumi e di analizzarne il rapporto tra spazi pieni e spazi vuoti; di matrice spirituale, le opere di carta fatte a mano dell'artista californiana Nancy Genn sono sempre incentrate sul concetto di natura e di rapporto intimo con il paesaggio e fortemente influenzate dalla passione per l'acqua, dall'importanza della stratificazione e dall'utilizzo della parola scritta: insieme creano un ambiente totale; partendo da una pittura non figurativa e affrontando le problematiche dell’arte visuale, strutturale, concettuale e programmata che ribalta poi in nome di una totale libertà pittorica in termini di ragione ed emozione, l'italiano Antonio Scaccabarozzi con le sue quantità di colore non misurate stese su superfici di diversa natura, propone mondi colorati fatti di di leggerezza, trasparenza e versatilità.
Ogni opera è accompagnata da una alcuni versi del poeta Paolo Gambi che cercano di penetrare l'essenza della creazione e tradurla in parole, nell'ottica sperimentale di una esplorazione del rapporto fra arte visiva e poesia.
APERTURA: Sabato 30 novembre 2019 ore 18
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