Senza dubbio il più celebre artista del legno di Torino, dove nacque e rimase per tutta la sua carriera, fatta eccezione per un breve periodo di apprendistato giovanile a Roma. A trent’anni divenne il principale ebanista nella corte sabauda all’epoca di Carlo Emanuele III (1730-73).
Si impose grazie a uno stile eclettico che prevedeva l’uso dei materiali più vari che, oltre al legno, comprendevano madreperla, tartaruga e avorio. Per quanto riguarda i soggetti delle decorazioni invece, Piffetti rielaborava incisioni già esistenti piegandole in base alle finalità della committenza, secondo un procedimento che lo pose ben oltre il ruolo di semplice artigiano e a un livello di cultura figurativa degno di grandi pittori o scultori.
Tra i suoi capolavori ci restano lo splendido Paliotto per la chiesa torinese di San Filippo Neri (oggi al MIAAO), alcuni mobili conservati al Museo Accorsi – Ometto, ma anche una scrivania firmata e datata custodita al Museo Correr di Venezia e la cosiddetta “biblioteca Piffetti” dal 1879 a Roma al Quirinale, poiché portata lì dalla Villa della Regina per volere di Umberto I di Savoia, trasferitosi nella nuova capitale del Regno d’Italia.
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