Luciano De Vita. Autoritratto

Luciano De Vita, Crocefissione, 1971, acquaforte, cm. 645x655 (ed. Il Torcoliere e l’Espresso)

 

Dal 04 Settembre 2019 al 04 Ottobre 2019

Bologna

Luogo: Biblioteca d’arte e di storia di San Giorgio in Poggiale

Indirizzo: via Nazario Sauro 20/2

Orari: lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì 9-13; martedì 9-17

Enti promotori:

  • Fondazione Cassa di Risparmio in Bologna
  • Genus Bononiae. Musei nella città
  • ALI – Associazione Liberi Incisori

Costo del biglietto: ingresso gratuito



Nel novantesimo anniversario della nascita di Luciano De VitaFondazione Cassa di Risparmio in Bologna e Genus Bononiae. Musei nella città, in collaborazione con ALI – Associazione Liberi Incisori, vogliono ricordare l’artista con una mostrain programma da mercoledì 4 settembre fino al 4 ottobre prossimi presso la Biblioteca d’arte e di storia di San Giorgio in Poggiale (via Nazario Sauro 20/2, Bologna), dove saranno esposte oltre 50 incisioni che ne ripercorrono l’intera carriera.
Nato ad Ancona ma trasferitosi a Bologna appena sedicenne, Luciano De Vita è diventato un’eccellenza per la città di cui andare orgogliosi: si iscrive nel 1949 all’Accademia di Belle Arti dove frequenta i corsi di pittura di Virgilio Guidi e di Incisione di Giorgio Morandi. Di Morandi diventa assistente, dal 1954 al 1956. Nel 1961 comincia ad insegnare all’Albertina di Torino e l’anno seguente vince la cattedra all’Accademia di Brera di Milano. A Milano resterà fino al 1975, quando torna a Bologna per assumere il corso di Tecniche dell’incisione che fu di Morandi.
Pur non avendo ancora ricevuto il giusto riconoscimento che meriterebbe, Luciano De Vita è senza dubbio uno tra i maggiori incisori del Novecento, ultimo interprete di una tradizione secolare che a Bologna unisce i Carracci a Giorgio Morandi, passando per Giuseppe Maria Mitelli e Antonio Basoli.
Le acqueforti in mostra, provenienti dalla raccolta di un collezionista bolognese, vogliono restituire l’intero arco evolutivo della sua carriera e sono suddivise nelle tre sezioni che corrispondono ai tre periodi con cui la critica è ormai solita suddividere l’opera di De Vita: il periodo accademico dal 1951 al 1956, il periodo informale dal 1957 al 1959 e il periodo della maturità dal 1960 al 1982.
Artista a tutto tondo, De Vita si è misurato anche con la pittura, la scultura e, dagli anni ‘70 con il teatro, per il quale ha lavorato come scenografo e regista. È tuttavia nell’incisione che egli è riuscito a raggiungere esiti tra i più innovativi e personali, sia dal punto di vista della sperimentazione tecnica sia per quanto concerne la drammaticità espressiva.   
L’esposizione, ospitata non casualmente a San Giorgio in Poggiale, biblioteca che custodisce un ricco patrimonio grafico, si inserisce all’interno dell’attività espositiva che da sempre Fondazione e Genus Bononiae dedicano alle vicende della città e alla riscoperta di pagine poco note della sua storia. In questo senso la mostra su De Vita si affianca a quella su Angelo Caviglioni (2007), a quella su Alfredo Baruffi (2014), su Sante Mingazzi, artista del ferro, legato alla cerchia dell’Aemilia Ars di Alfonso Rubbiani (2015), o ancora su Enrico Barberi e alla vicenda che per oltre vent’anni lo vide alle prese con la fontana del Nettuno (2018).
Accompagna la mostra un esaustivo volume, curato da Marco Fiori e Marzio dall’Acqua per le edizioni dell’ALI, che, attraverso una accurata selezione di studi, anche inediti, redatti dai principali critici che si sono avvicinati al lavoro del Maestro, si propone di diventare lo strumento più completo per comprenderne la poetica.

In occasione della mostra sono previsti due incontri di approfondimento sull’artista: mercoledì 25 settembre alle ore 17.30 la presentazione del volume Luciano De Vita (edito da ALI) e della ristampa della cartella Per d’Aubigné (edita da Pendragon), con gli interventi di Marco Fiori, Marzio Dall’Acqua e Antonio Bagnoli. Giovedì 3 ottobre, sempre alle 17.30 la conferenza di Marilena Pasquali dal titolo “La maniera nera di Luciano De Vita. Le prime incisioni 1950-1956”.

Luciano De Vita nasce ad Ancona il 24 maggio 1929. Partecipa, a nemmeno 15 anni, alla Seconda Guerra Mondiale durante la quale perde due fratelli (di cui uno gemello). Segnato profondamente da questa vicenda si trasferisce a Bologna all’inizio del 1946 per iscriversi alla scuola d’arte “Giuseppe Regazzi” e da qui, nel 1949, viene ammesso all’Accademia di Belle Arti. Frequenta i corsi di pittura di Virgilio Guidi e di tecniche dell’incisione di Giorgio Morandi. Di Morandi, diventa assistente, dall’ottobre 1954 al giugno 1956. Completamente assorbito dall’attività grafica, nel 1954 De Vita organizza la sua prima personale e, due anni più tardi, partecipa alla XXVIII Biennale di Venezia. Nel 1957 si aggiudica il secondo premio al Morgan’s Paint di Rimini, il primo di una lunga serie di riconoscimenti. De Vita affronta in questo periodo i temi vicini al Naturalismo di impronta informale: nascono le Querce, le Radici, i Paesaggi, i Nuclei. All’attività grafica associa la scultura e la pittura, attraverso la quale esplora, con lo stesso linguaggio espressionista e drammatico amplificato dalla maggior possibilità dimensionale e dalla materia cromatica, gli ambiti indagati con l’acquaforte: l’oscurità germinale della natura, dell’uomo e del suo inconscio. Gli appuntamenti espositivi si moltiplicano: è alla Quadriennale di Roma, poi ancora alla Biennale di Venezia, all’Internazionale della Grafica di Lubiana, alla Biennale di San Paolo del Brasile e alla Biennale di Cincinnati. Nel 1962 vince la cattedra di Incisione presso l’Accademia di Brera a Milano e lascia l’Albertina di Torino, dove aveva iniziato a insegnare l’anno precedente. A Milano resterà fino al 1975, quando lo chiamano a Bologna per affidargli il corso che era stato di Morandi. Nel 1967 presenta alla Galleria de’ Foscherari l’Altare di Bologna, un’opera monumentale, composta da 42 riquadri ad olio su tela e legno.
L’amico Luciano Minguzzi lo introduce nel mondo del teatro. Per il Comunale di Bologna realizza scenografie e costumi per la Turandot di Puccini, l’Otello di Verdi, L’angelo di fuoco di Prokofiev, Le veglie di Siena di Orazio Vecchi e l’Aida verdiana della quale è anche regista. È una dimensione, quella teatrale, dove può esprimersi attraverso materiali e tecniche diverse: per la Scala di Milano cura le scene e i costumi di Orfeo e Euridice di Gluck e de Il castello del Principe Barbablù di Bartòk.
Nel 1975 viene inaugurate la Galleria d’Arte Moderna di Bologna con una vasta antologica a lui dedicata, comprensiva di grafica, dipinti, sculture e di quattro grandi scenografie. Nella stessa sede, partecipa alla mostra su L’Informale in Italia nel 1983. Espone a Berlino (1984), alla XI Quadriennale di Roma del 1986 e alla rassegna L’Arte Italiana dopo l’Informale a Imola (1988). Alcune sue opere sono inviate a Lima per la collettiva Artisti Italiani Oggi (1989).
Nell’aprile del 1992 Andrea Emiliani inaugura a Palazzo Pepoli una grande mostra su De Vita nella quale presenta l’intero corpus di opere grafiche e alcuni dipinti recenti. L’artista si spegne pochi mesi dopo, il 14 luglio, a Bologna.
 

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