Jordì Bernardò. Insula peninsular
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© © Jordì Bernadò | Jordi Bernadò, Aguilas, 2008
Dal 12 Luglio 2012 al 30 Settembre 2012
Acireale | Catania
Luogo: Galleria Credito Siciliano
Indirizzo: piazza Duomo, 12
Orari: da martedì a domenica 18-22
Curatori: Gabriel Bauret
Enti promotori:
- Fondazione Gruppo Credito Valtellinese
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 095 7113517/ +39 095 600280
E-Mail info: licata.filippo@creval.it
Sito ufficiale: http://www.creval.it
50 immagini di grande formato, per buona parte inedite, compongono la mostra che la Fondazione Gruppo Credito Valtellinese dedica, nella sua sede espositiva di Acireale, al fotografo catalano Jordi Bernadò.
Sarà una delle più ampie esposizioni italiane sul giovane artista spagnolo, recentemente ospite con un nucleo di opere al MAXXI di Roma. Il sottotitolo dell’esposizione siciliana – “Uno sguardo lucido e ironico” – delinea una delle caratteristiche della poetica dell’autore: l’ambiguità delle sue immagini, sempre sospese tra realtà e invenzione.
In questa mostra, cifra per altro presente in molta parte della produzione dell’artista, Jordi Bernadò mescola nella sua fotografia i temi dell'architettura, della città e del paesaggio. “La sua ricerca dei segni che, in questo ambiente, caratterizzano la società e la cultura contemporanee rappresenta il vettore principale della sua creazione”, sottolinea Gabriel Bauret, curatore della mostra. “Egli fa scivolare uno sguardo divertito su dettagli che lui solo sa individuare e mettere in evidenza. E nella forma fotografica che adotta, il colore è indissociabile dalla composizione. Se ha esplorato gli spazi urbani e suburbani degli Stati Uniti, del Giappone e dell'Europa, egli resta legato alla Spagna, incuriosito dallo stato del paesaggio e dagli interni collegati a universi estremamente vari. E nelle sue inquadrature, la realtà somiglia a uno scenario teatrale; le frontiere tra il reale e l'inverosimile si attenuano. Attraverso questa visione del mondo tinta d'ironia si profila non solamente un osservatore attento, ma anche un creatore ispirato; guidato in particolare da autori di teatro del XX secolo che hanno messo in scena l'assurdo e il ridicolo, o ancora il grottesco così come si declina nella letteratura di Cervantes e nella pittura di Goya”.
Dietro al troppo pieno di segni, si delinea a volte il vuoto di significato: le immagini di Jordi Bernadò sono lucide e impertinenti, e anche rivelatrici di una civiltà dai contorni inquietanti; in particolare nel suo rapporto con l'arte, la religione e la storia. Alcuni dei tratti che egli descrive sono chiaramente tipici della Spagna, ma molti altri si ritrovano nei paesi del sud dell'Europa - l'Italia -. In fin dei conti, ciò che colpisce del lavoro di Jordi Bernadò è tanto, se non di più, la forma mentis che lo anima quanto i temi e i territori cui egli approda.
“Bernadò usa le sue immagini sul filo dell'ambiguità”, scrive Giovanna Calvenzi, nel saggio ‘La perversa ambiguità della verità’ scritto in occasione del lavoro ‘Welcome to Espain’ e pubblicato da Actar (Barcelona) nel 2009, “entra in pieno nel gioco contemporaneo della finzione narrativa utilizzando tuttavia il rigorosissimo ‘stile documentario’, lo stile dei grandi paesaggisti, lo stile, per antonomasia, più veritiero. La sua, se proprio sentissimo il bisogno di etichettarla, è una menzogna a posteriori. Nel senso che – annota ancora Calvenzi - al momento dello scatto Bernadò non si pone il problema di mentire, ha solo l'intuizione di una possibile futura menzogna che nascerà dalla contestualizzazione, dall'uso che farà delle sue immagini”.
“É la realtà che diventa ingannevole e la sua ‘oggettiva’ fotografia altro non fa che documentare. Il suo dispositivo classificatorio assembla solo frammenti di incongruenze e di anacronismi sparsi nel mondo. Colpevoli non sono più fotografi e fotografia ma gli uomini tutti: emigranti nostalgici, religiosi fanatici, viaggiatori insoddisfatti, progettisti immaginifici. E la sua fotografia sembra tornare all'imperativo primario che le fornisce l'illusione di una mendace consapevolezza di essere nel vero”.
Jordi Bernadò è nato nel 1966 a Lleida, Spagna. Vive e lavora a Barcellona. Le sue opere figurano in prestigiose collezioni quali la Fundación «La Caixa», la Fundación Telefónica e il MUSAC in Spagna, la Bibliothèque Nationale a Parigi, la Deutsche Bank Collection. Ha esposto tra l'altro a Madrid, Barcellona, Francoforte, Amburgo, Parigi, New York, e ad oggi ha pubblicato una ventina di opere, la maggior parte presso Actar, editore di Barcellona.
Sarà una delle più ampie esposizioni italiane sul giovane artista spagnolo, recentemente ospite con un nucleo di opere al MAXXI di Roma. Il sottotitolo dell’esposizione siciliana – “Uno sguardo lucido e ironico” – delinea una delle caratteristiche della poetica dell’autore: l’ambiguità delle sue immagini, sempre sospese tra realtà e invenzione.
In questa mostra, cifra per altro presente in molta parte della produzione dell’artista, Jordi Bernadò mescola nella sua fotografia i temi dell'architettura, della città e del paesaggio. “La sua ricerca dei segni che, in questo ambiente, caratterizzano la società e la cultura contemporanee rappresenta il vettore principale della sua creazione”, sottolinea Gabriel Bauret, curatore della mostra. “Egli fa scivolare uno sguardo divertito su dettagli che lui solo sa individuare e mettere in evidenza. E nella forma fotografica che adotta, il colore è indissociabile dalla composizione. Se ha esplorato gli spazi urbani e suburbani degli Stati Uniti, del Giappone e dell'Europa, egli resta legato alla Spagna, incuriosito dallo stato del paesaggio e dagli interni collegati a universi estremamente vari. E nelle sue inquadrature, la realtà somiglia a uno scenario teatrale; le frontiere tra il reale e l'inverosimile si attenuano. Attraverso questa visione del mondo tinta d'ironia si profila non solamente un osservatore attento, ma anche un creatore ispirato; guidato in particolare da autori di teatro del XX secolo che hanno messo in scena l'assurdo e il ridicolo, o ancora il grottesco così come si declina nella letteratura di Cervantes e nella pittura di Goya”.
Dietro al troppo pieno di segni, si delinea a volte il vuoto di significato: le immagini di Jordi Bernadò sono lucide e impertinenti, e anche rivelatrici di una civiltà dai contorni inquietanti; in particolare nel suo rapporto con l'arte, la religione e la storia. Alcuni dei tratti che egli descrive sono chiaramente tipici della Spagna, ma molti altri si ritrovano nei paesi del sud dell'Europa - l'Italia -. In fin dei conti, ciò che colpisce del lavoro di Jordi Bernadò è tanto, se non di più, la forma mentis che lo anima quanto i temi e i territori cui egli approda.
“Bernadò usa le sue immagini sul filo dell'ambiguità”, scrive Giovanna Calvenzi, nel saggio ‘La perversa ambiguità della verità’ scritto in occasione del lavoro ‘Welcome to Espain’ e pubblicato da Actar (Barcelona) nel 2009, “entra in pieno nel gioco contemporaneo della finzione narrativa utilizzando tuttavia il rigorosissimo ‘stile documentario’, lo stile dei grandi paesaggisti, lo stile, per antonomasia, più veritiero. La sua, se proprio sentissimo il bisogno di etichettarla, è una menzogna a posteriori. Nel senso che – annota ancora Calvenzi - al momento dello scatto Bernadò non si pone il problema di mentire, ha solo l'intuizione di una possibile futura menzogna che nascerà dalla contestualizzazione, dall'uso che farà delle sue immagini”.
“É la realtà che diventa ingannevole e la sua ‘oggettiva’ fotografia altro non fa che documentare. Il suo dispositivo classificatorio assembla solo frammenti di incongruenze e di anacronismi sparsi nel mondo. Colpevoli non sono più fotografi e fotografia ma gli uomini tutti: emigranti nostalgici, religiosi fanatici, viaggiatori insoddisfatti, progettisti immaginifici. E la sua fotografia sembra tornare all'imperativo primario che le fornisce l'illusione di una mendace consapevolezza di essere nel vero”.
Jordi Bernadò è nato nel 1966 a Lleida, Spagna. Vive e lavora a Barcellona. Le sue opere figurano in prestigiose collezioni quali la Fundación «La Caixa», la Fundación Telefónica e il MUSAC in Spagna, la Bibliothèque Nationale a Parigi, la Deutsche Bank Collection. Ha esposto tra l'altro a Madrid, Barcellona, Francoforte, Amburgo, Parigi, New York, e ad oggi ha pubblicato una ventina di opere, la maggior parte presso Actar, editore di Barcellona.
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