Theo Gallino. Alchimie e trasparenze
Dal 06 Febbraio 2014 al 16 Febbraio 2014
Cuneo
Luogo: Palazzo della Provincia
Indirizzo: corso Nizza 22
Orari: giovedì e venerdì 17-19; sabato 10-13 / 16-19.30; domenica 10-13 / 16-19; domenica 16 febbraio 10-15
Telefono per informazioni: +39 0171 445881
E-Mail info: urp@provincia.cuneo.it
Sito ufficiale: http://www.provincia.cuneo.it
Si inaugura sabato 1 febbraio presso l’Art Gallery La Luna la prima delle tre rassegne che vedranno coinvolto Theo Gallino, “Il maestro del pluriball”, in terra cuneese. Affiancherà la galleria di Borgo San Dalmazzo una sede istituzionale a partire dal 6 febbraio che, vista la tipologia dell’evento, non poteva che essere proprio la sala mostre della provincia. I due eventi assommati ad un terzo legato al design che aprirà le porte il 15 febbraio a Mondovì, ci introdurranno nel mondo dell’arte contemporanea attraverso il linguaggio potente ed energico di Theo Gallino, espresso attraverso svariati materiali ma anche con il corpo e le azioni che le hanno ideate.
“Chi decide che una rivista avvolta da pluriball è arte?” Oppure “Perché un artista fa sorgere la vita all’interno di una provetta?” Theo Gallino prova a rispondere a quesiti come questi, partendo dall’idea che Arte significa trasformare la realtà in cui viviamo, uscire dal quotidiano e attraversare una soglia oltre la quale possiamo trovare nuove domande e cercare nuove risposte.
Il maestro torinese, dopo alcuni cicli legati al preservativo in quanto oggetto–immagine, ha affrontato un nuovo materiale: il pluriball, ovvero il polietilene a bolle usato negli imballaggi con lo scopo di riparare materiali fragili.
Quasi un simbolo concreto atto a creare opere d’arte nuove, elaborandolo con la fotografia oppure per realizzare installazioni di estrema contemporaneità.
Con il pluriball l’artista ha ottenuto notevoli effetti ottici e, talvolta, quando lo ha unito al fumetto creando il ciclo dei “Fumetti protetti” è nata una sorta di collage, tecnica che deriva direttamente dal ready-made, ossia da quella idea di Duchamp che si possa far arte attribuendo nuovi significati ad oggetti già fatti. Il “Nuovo realismo” negli anni Sessanta, e soprattutto Rotella in Italia, ci hanno spiegato come questi pezzi di carta, per lo più foto, manifesti, riviste possono assumere significati diversi.
Attraverso Diabolik, Eva Kant, Tex, Alan Ford, Messalina, Isabella, l’artista coinvolge il fruitore in un noto mondo immaginario completamente rivisitato.
Le “burnie” appartengono ad un altro ciclo di opere in cui Gallino inserisce all’interno di contenitori di vetro elementi e tracce che hanno segnato il suo percorso: sono materie tratte per lo più dal mondo naturale mescolate ad ingredienti di origine chimica. Il maestro le definisce alchemiche, non tanto per l’aspetto legato al discorso semi – scientifico nato dall’incontro tra fisica e chimica, quanto piuttosto per il lato artistico che cerca la via della verità attraverso le trasformazioni della materia e che implica un’esperienza di crescita e un processo di liberazione e di purificazione spirituale per l’artefice dell’esperimento.
Le burnie come i processi e i simboli alchemici hanno un significato interiore nato dal legame tra la rappresentazione materiale e la trasformazione fisica del mondo che ci circonda.
Il processo alchemico simboleggiato nella classicità si basava sulla trasmutazione dei metalli semplici in oro; per Theo Gallino trasformare la materia e gli oggetti quotidiani in opere d’arte diventa uno straordinario strumento di estetica in grado di trasmettere messaggi.
Seguendo probabilmente il pensiero dello psicanalista Carl Gustav Jung, - il quale sosteneva che attraverso le fasi in cui avviene l’opus alchemicum si ha una corrispondenza nel processo di individuazione - Theo Gallino permette ad ogni fruitore delle sue opere di prendere consapevolezza della propria individualità e del proprio io interiore.
Da citare sono, infine, le opere del “Mimetismo” che rappresentano un po’ la sintesi di tutto il lavoro precedentemente svolto.
Il mimetismo inteso come l’arte del nascondere all'osservazione visiva o a far sembrare qualcos'altro uniformi, mezzi e attrezzature militari è per Theo Gallino tutto ciò che diventa completezza di ogni sua teoria artistica. La mimesi militare intesa come unione di colori sintetici vicini al mondo dell’astrazione, o meglio dell’informale si uniscono al pluriball creando una straordinaria forza visiva.
Le divise, le stoffe che hanno segnato la storia delle forze militari diventano per lui strumento musicale e linguaggio, materia prima e oggetto d’indagine. Ma il suo problema è quello di un’esistenza cercata nel suo assoluto prima, o nel suo assoluto dopo, rispetto alle apparenze abituali. Non sappiamo – come afferma la curatrice Cinzia Tesio – “…se queste tele parlino di una rinascita, o di una condanna Kafkiana.
Intuiamo solo che siamo di fronte a un senso originario delle cose, ai loro minimi termini, alchemici o scientifici che siano, come se vedessimo la terra al di sotto della crosta terrestre. La visione ha qualcosa di estremo, di indecidibile. Non possiamo definire se sia tragica o felice, o se partecipi di entrambi gli aggettivi. L’unica cosa che percepiamo con chiarezza, nell’infinito turneriano del colore (in questo caso della mimesi) è l’assoluta marginalità dei segni…”
“Chi decide che una rivista avvolta da pluriball è arte?” Oppure “Perché un artista fa sorgere la vita all’interno di una provetta?” Theo Gallino prova a rispondere a quesiti come questi, partendo dall’idea che Arte significa trasformare la realtà in cui viviamo, uscire dal quotidiano e attraversare una soglia oltre la quale possiamo trovare nuove domande e cercare nuove risposte.
Il maestro torinese, dopo alcuni cicli legati al preservativo in quanto oggetto–immagine, ha affrontato un nuovo materiale: il pluriball, ovvero il polietilene a bolle usato negli imballaggi con lo scopo di riparare materiali fragili.
Quasi un simbolo concreto atto a creare opere d’arte nuove, elaborandolo con la fotografia oppure per realizzare installazioni di estrema contemporaneità.
Con il pluriball l’artista ha ottenuto notevoli effetti ottici e, talvolta, quando lo ha unito al fumetto creando il ciclo dei “Fumetti protetti” è nata una sorta di collage, tecnica che deriva direttamente dal ready-made, ossia da quella idea di Duchamp che si possa far arte attribuendo nuovi significati ad oggetti già fatti. Il “Nuovo realismo” negli anni Sessanta, e soprattutto Rotella in Italia, ci hanno spiegato come questi pezzi di carta, per lo più foto, manifesti, riviste possono assumere significati diversi.
Attraverso Diabolik, Eva Kant, Tex, Alan Ford, Messalina, Isabella, l’artista coinvolge il fruitore in un noto mondo immaginario completamente rivisitato.
Le “burnie” appartengono ad un altro ciclo di opere in cui Gallino inserisce all’interno di contenitori di vetro elementi e tracce che hanno segnato il suo percorso: sono materie tratte per lo più dal mondo naturale mescolate ad ingredienti di origine chimica. Il maestro le definisce alchemiche, non tanto per l’aspetto legato al discorso semi – scientifico nato dall’incontro tra fisica e chimica, quanto piuttosto per il lato artistico che cerca la via della verità attraverso le trasformazioni della materia e che implica un’esperienza di crescita e un processo di liberazione e di purificazione spirituale per l’artefice dell’esperimento.
Le burnie come i processi e i simboli alchemici hanno un significato interiore nato dal legame tra la rappresentazione materiale e la trasformazione fisica del mondo che ci circonda.
Il processo alchemico simboleggiato nella classicità si basava sulla trasmutazione dei metalli semplici in oro; per Theo Gallino trasformare la materia e gli oggetti quotidiani in opere d’arte diventa uno straordinario strumento di estetica in grado di trasmettere messaggi.
Seguendo probabilmente il pensiero dello psicanalista Carl Gustav Jung, - il quale sosteneva che attraverso le fasi in cui avviene l’opus alchemicum si ha una corrispondenza nel processo di individuazione - Theo Gallino permette ad ogni fruitore delle sue opere di prendere consapevolezza della propria individualità e del proprio io interiore.
Da citare sono, infine, le opere del “Mimetismo” che rappresentano un po’ la sintesi di tutto il lavoro precedentemente svolto.
Il mimetismo inteso come l’arte del nascondere all'osservazione visiva o a far sembrare qualcos'altro uniformi, mezzi e attrezzature militari è per Theo Gallino tutto ciò che diventa completezza di ogni sua teoria artistica. La mimesi militare intesa come unione di colori sintetici vicini al mondo dell’astrazione, o meglio dell’informale si uniscono al pluriball creando una straordinaria forza visiva.
Le divise, le stoffe che hanno segnato la storia delle forze militari diventano per lui strumento musicale e linguaggio, materia prima e oggetto d’indagine. Ma il suo problema è quello di un’esistenza cercata nel suo assoluto prima, o nel suo assoluto dopo, rispetto alle apparenze abituali. Non sappiamo – come afferma la curatrice Cinzia Tesio – “…se queste tele parlino di una rinascita, o di una condanna Kafkiana.
Intuiamo solo che siamo di fronte a un senso originario delle cose, ai loro minimi termini, alchemici o scientifici che siano, come se vedessimo la terra al di sotto della crosta terrestre. La visione ha qualcosa di estremo, di indecidibile. Non possiamo definire se sia tragica o felice, o se partecipi di entrambi gli aggettivi. L’unica cosa che percepiamo con chiarezza, nell’infinito turneriano del colore (in questo caso della mimesi) è l’assoluta marginalità dei segni…”
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