Mustafa Sabbagh _ ens rationis
Dal 10 Novembre 2015 al 10 Gennaio 2016
Ferrara
Luogo: Museo Civico di Storia Naturale
Indirizzo: via Filippo De Pisis 24
Orari: da martedì a domenica 9-18
Curatori: Maria Livia Brunelli, Stefano Mazzotti
Enti promotori:
- In collaborazione con GAMC e Musei Civici di Arte Antica Ferrara
Telefono per informazioni: +39 0532 203381 / 206297
E-Mail info: museo.storianaturale@comune.fe.it
Sito ufficiale: http://www.storianaturale.comune.fe.it
Siamo realisti: l’irreale esiste. Siamo umani: l’impossibile è possibile, in quella zona grigia, fatta di materia grigia, che è la mente. In occasione della grande esposizione al Palazzo dei Diamanti “De Chirico a Ferrara. Metafisica e Avanguardie”, in collaborazione con le Gallerie d’Arte Moderna e Contemporanea ed i Musei di Arte Antica del Comune di Ferrara, e nell’ottica di fare sistema attorno alla cultura, il Museo Civico di Storia Naturale di Ferrara ha invitato in mostra, all’interno delle proprie sale, Mustafa Sabbagh.
L’artista - il cui fine e mezzo di ricerca è da sempre l’uomo - ha riflettuto sullo spazio e sul tema propostigli. Lo spazio è un museo di storia. Il tema è la Metafisica. Desumendone che l’elemento comune è ancora l’uomo, autore delle azioni, fautore del pensiero che le sostiene e le travalica. La sua carne, che scrive la storia, e la sua mente, che pensa le storie. Storie fisiche - Ens Naturae - e storie metafisiche - Ens Rationis.
Perché la vera metafisica che interessa a Mustafa Sabbagh non è solo una corrente artistica; è un viaggio mentale, squisitamente umano. La vera metafisica è l’ibridazione, e Mustafa Sabbagh la rende reale, alchimista del contemporaneo, attraverso la fotografia. Come nel Bestiario di Julio Cortázar, bisogna imparare a convivere con la pratica di partorire, vomitandoli, conigli; come ne Il signor Münster di Alberto Savinio (pittore, scrittore, compositore, fratello di Giorgio De Chirico), si può razionalmente riflettere sulla decomposizione del corpo dovuta alla propria morte, osservandola freddamente da vivi. L’arte di Mustafa Sabbagh fotografa ciò che la mente è in grado di immaginare, azzerando la dicotomia tra visto e vissuto. In nome del pensato; dunque, in nome della vera meta-fisica.
Esploratore del proprio inconscio per restituirlo potente nelle sue opere, servendosi di un cammino affine a quello che compie durante la sua ricerca artistica, Sabbagh ha effettuato un sopralluogo nei depositi del Museo, riportandone in vita volatili in uno stato di sospensione artefatta grazie a quell’artificio umano, che ha le suggestioni dell’alchemico, proprio della tassidermia. Quella mezza morte che cantò Savinio, nei suoilirici Chants de la mi-mort; uno stato di morte - o di vita - apparente, di una natura non-morta, ma che sceglie l’eutanasia come sospensione da una realtà tragica, perpetrata dal suo più grande colpevole: ancora l’uomo.
Il risultato è un intervento multimediale site-specific che mette in rilievo la verità nuda, cruda e ancestrale propria della condizione animale, o del noble savage di Rousseau. Un viaggio che ibrida morte e vita, umano e animale, reale e virtuale, contesto e sostanza, usando i linguaggi della fotografia, dell’installazione, della video-art - perché nessun linguaggio si presta alla comunicazione tra possibile e impossibile, più dell’arte. In un percorso espositivo che si snoda attraverso le sale museali disseminate delle opere che lo hanno reso celebre nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, Mustafa Sabbagh parla di habitat contaminati, di creature ibridate, di micromondi contestualizzati a partire dall’ens rationis, neri come un mare denso come il petrolio, veri come un uomo che incarna, attraverso l’obiettivo, la propria riconoscibilissima estetica, figlia di un’etica altrettanto profonda.
Mari neri e uccelli notturni, landscapes fumosi e sonnambuli tabagisti: la metafisica contamina la fisica - come in un organismo geneticamente modificato, come in una metamorfosi kafkiana - e la rende pesante quanto la piuma di un meraviglioso e raro volatile. In Ens Rationis, Mustafa Sabbagh travalica l’idea installativa cinquecentesca della Wunderkammer, puro narcisistico decoro, per dimostrare che, ancora una volta e sempre, è il contesto che crea la sostanza. “Ognuno ha le reliquie che si merita”, scrisse Savinio in Casa “La vita” (1943). In Ens Rationis il reliquiario di Mustafa Sabbagh è un museo. Le reliquie sono le sue opere d’arte.
L’artista - il cui fine e mezzo di ricerca è da sempre l’uomo - ha riflettuto sullo spazio e sul tema propostigli. Lo spazio è un museo di storia. Il tema è la Metafisica. Desumendone che l’elemento comune è ancora l’uomo, autore delle azioni, fautore del pensiero che le sostiene e le travalica. La sua carne, che scrive la storia, e la sua mente, che pensa le storie. Storie fisiche - Ens Naturae - e storie metafisiche - Ens Rationis.
Perché la vera metafisica che interessa a Mustafa Sabbagh non è solo una corrente artistica; è un viaggio mentale, squisitamente umano. La vera metafisica è l’ibridazione, e Mustafa Sabbagh la rende reale, alchimista del contemporaneo, attraverso la fotografia. Come nel Bestiario di Julio Cortázar, bisogna imparare a convivere con la pratica di partorire, vomitandoli, conigli; come ne Il signor Münster di Alberto Savinio (pittore, scrittore, compositore, fratello di Giorgio De Chirico), si può razionalmente riflettere sulla decomposizione del corpo dovuta alla propria morte, osservandola freddamente da vivi. L’arte di Mustafa Sabbagh fotografa ciò che la mente è in grado di immaginare, azzerando la dicotomia tra visto e vissuto. In nome del pensato; dunque, in nome della vera meta-fisica.
Esploratore del proprio inconscio per restituirlo potente nelle sue opere, servendosi di un cammino affine a quello che compie durante la sua ricerca artistica, Sabbagh ha effettuato un sopralluogo nei depositi del Museo, riportandone in vita volatili in uno stato di sospensione artefatta grazie a quell’artificio umano, che ha le suggestioni dell’alchemico, proprio della tassidermia. Quella mezza morte che cantò Savinio, nei suoilirici Chants de la mi-mort; uno stato di morte - o di vita - apparente, di una natura non-morta, ma che sceglie l’eutanasia come sospensione da una realtà tragica, perpetrata dal suo più grande colpevole: ancora l’uomo.
Il risultato è un intervento multimediale site-specific che mette in rilievo la verità nuda, cruda e ancestrale propria della condizione animale, o del noble savage di Rousseau. Un viaggio che ibrida morte e vita, umano e animale, reale e virtuale, contesto e sostanza, usando i linguaggi della fotografia, dell’installazione, della video-art - perché nessun linguaggio si presta alla comunicazione tra possibile e impossibile, più dell’arte. In un percorso espositivo che si snoda attraverso le sale museali disseminate delle opere che lo hanno reso celebre nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo, Mustafa Sabbagh parla di habitat contaminati, di creature ibridate, di micromondi contestualizzati a partire dall’ens rationis, neri come un mare denso come il petrolio, veri come un uomo che incarna, attraverso l’obiettivo, la propria riconoscibilissima estetica, figlia di un’etica altrettanto profonda.
Mari neri e uccelli notturni, landscapes fumosi e sonnambuli tabagisti: la metafisica contamina la fisica - come in un organismo geneticamente modificato, come in una metamorfosi kafkiana - e la rende pesante quanto la piuma di un meraviglioso e raro volatile. In Ens Rationis, Mustafa Sabbagh travalica l’idea installativa cinquecentesca della Wunderkammer, puro narcisistico decoro, per dimostrare che, ancora una volta e sempre, è il contesto che crea la sostanza. “Ognuno ha le reliquie che si merita”, scrisse Savinio in Casa “La vita” (1943). In Ens Rationis il reliquiario di Mustafa Sabbagh è un museo. Le reliquie sono le sue opere d’arte.
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