Mario Dondero. Dalla parte dell’uomo
Mario Dondero. Dalla parte dell’uomo, Palazzo Ducale, Genova
Dal 16 Giugno 2012 al 19 Agosto 2012
Genova
Luogo: Palazzo Ducale
Indirizzo: piazza Matteotti 9
Orari: da martedì a domenica 11-19
Costo del biglietto: € 4 (Dondero + Giacomelli), € 6 (Dondero + Giacomelli + visita Torre)
Telefono per informazioni: +39 010 5574065
E-Mail info: palazzoducale@palazzoducale.genova.it
Sito ufficiale: http://www.palazzoducale.genova.it
Una mostra antologica delle foto di uno dei maggiori fotoreporter italiani, famoso a livello internazionale per il suo straordinario lavoro, che nel corso di numerosi decenni, ci ha restituito immagini e racconti che hanno segnato la storia della nostra contemporaneità; una testimonianza civile, un documento del presente, come dice lo stesso Dondero, “dove la fotografia non è il fine, ma il mezzo per avvicinarsi alla vita”.
Divisa in sei sezioni: Testimonianza sociale, Politica, La guerra e i suoi effetti, I luoghi della memoria storica e letteraria, Personalità della cultura:artisti e scrittori e Ironia, la mostra propone circa ottanta fotografie selezionate tra la vasta produzione del grande fotografo.
“Questa mostra è per me”, racconta Dondero, “il riassunto affettivo della mia vita da fotoreporter… e il fatto che si svolga a Genova è per me un regalo, un lusso.
Con questa città ho, in fondo, flirtato tutta la vita, fa parte della mia infanzia, (il padre era genovese), ho con essa un rapporto appassionato e tenero…”
Foto note e inedite riguardanti reportage realizzati in varie parti del mondo, ritratti di artisti, di letterati, scatti che ripropongono momenti storici in varie città d’Europa, volti di gente comune sono l’occasione per cogliere le diverse sollecitazioni che hanno scandito il percorso di Dondero, in cinquant’anni di viaggi, impegno civile e sociale, di incontri con donne e uomini straordinari. E a quest’uomo dalla grande vitalità e vivacità intellettuale, oltre che di grande cultura, il National geographic dedica queste parole: “L’intellettuale dell’immagine”
“Il suo sguardo riordina il visibile attraverso l’esperienza. Ed è proprio attraverso un’esperienza continua nel quotidiano, assieme alla sua grande capacità affabulatoria che Dondero trova la sua necessaria forma poetica … È l’essenzialità, l’umiltà dell’incontro: la sua grandezza è questa. Per questo Dondero è un instancabile agitatore di umanità” scrive di lui Stefano Tassinari su Letteraria (Edizioni Alegre) rivista semestrale di letteratura sociale a cui collabora lo stesso Dondero.
Mario Dondero ha ritratto i più grandi protagonisti del cinema e del teatro italiani del novecento, e figure di rilevanza internazionale, da Beckett a Ionesco, da Sartre a Foucault, Althusser, Francis Bacon, Jeshar Kemal per non citarne che alcuni. Nel 1959, davanti alla sede delle Editions de Minuit immortala tutti assieme Claude Simon, Claude Mauriac, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Nathalie Sarraute e Claude Ollier, scrittori che appartennero a quella che in seguito fu chiamata la corrente del nouveau roman. Senza quella fotografia, affermò Alain Robbe-Grillet, non ci sarebbe stato il nouveau roman.
Di origini genovesi, nasce a Milano il 6 maggio 1928. Appena sedicenne è staffetta partigiana della brigata "Cesare Battisti", in Val d'Ossola. Troppo pigro per assecondare il suo talento di scrittore e nonostante Enzo Biagi lo assuma giovanissimo a "Milano sera", nell'immediato dopoguerra inizia la sua attività di fotografo. Dirà più tardi, “mi sono accorto che fare le foto mi divertiva di più, vivevo più intensamente la realtà e riuscivo a rispettarla…” . Collabora con l'"Avanti", "L'Unità" e, successivamente, con la rivista "Le Ore".
Legato al cosiddetto gruppo dei "Giamaicani" (i frequentatori del bar Giamaica a Milano) Milan Alfa Castaldi, Camilla Cederna, Luciano Bianciardi, Giulia Niccolai, Carlo Bavagnoli, Ugo Mulas, Uliano Lucas, nel 1955 si sposta a Parigi dove collabora con "L'Espresso", "L'Illustrazione Italiana", "Le Monde", "Le Nouvel Observateur". Frequenta e ritrae scrittori e intellettuali francesi (Roland Topor, Claude Mauriac, Daniel Pennac, Jeshar Kemal). Tra le sue foto più celebri, quella del gruppo degli scrittori del Nouveau roman scattata a Parigi nell'ottobre del 1959 davanti alla sede delle Editions de Minuit (Nathalie Serraute, Samuel Beckett, Alain Robbe-Grillet, Claude Mauriac, Claude Simon, Jerome Lindon, Robert Pinget, Claude Ollier). Il suo interesse per l'Africa si è manifestato attraverso la collaborazione alle riviste Jeune Afrique, Afrique-Asie, Demain l'Afrique.
Sulle orme di colui che considera un maestro insuperato, Robert Capa, e del grande documentarista Joris Ivens, di cui diverrà amico, la sua attenzione si rivolge immediatamente alla fotografia 'engagée': guerre, conflitti sociali e politici, avvenimenti internazionali sono infatti catturati e in più di un caso immortalati dal suo obiettivo, basti pensare al celebre scatto che per primo ritrae il crollo del Muro di Berlino. Grande interesse peraltro ha sempre mantenuto, in Italia e all'estero, per il lavoro degli artisti e degli scrittori, di cui si è trovato ad essere un complice compagno di strada.
Tre sono gli epicentri del suo sguardo: Parigi, dove si è trasferito nel '54 e dove ha intrattenuto rapporti col meglio della cultura progressista e gauchiste; Milano, dove il suo sodalizio coi fotografi Carlo Bavagnoli, Alfa Castaldi e Ugo Mulas, unitamente a tanti altri intellettuali assidui del bar "Giamaica" nel quartiere di Brera, è rappresentato una volta per sempre nelle pagine centrali del romanzo "La vita agra" di Luciano Bianciardi; Roma infine, dove ha trascorso la più parte degli anni sessanta, ritrovando quasi ogni giorno alla semplice mensa di "Cesaretto", in via della Croce, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Laura Betti, Goffredo Parise. Fermo è da molti anni la città dove risiede tra un viaggio e l’altro.
Divisa in sei sezioni: Testimonianza sociale, Politica, La guerra e i suoi effetti, I luoghi della memoria storica e letteraria, Personalità della cultura:artisti e scrittori e Ironia, la mostra propone circa ottanta fotografie selezionate tra la vasta produzione del grande fotografo.
“Questa mostra è per me”, racconta Dondero, “il riassunto affettivo della mia vita da fotoreporter… e il fatto che si svolga a Genova è per me un regalo, un lusso.
Con questa città ho, in fondo, flirtato tutta la vita, fa parte della mia infanzia, (il padre era genovese), ho con essa un rapporto appassionato e tenero…”
Foto note e inedite riguardanti reportage realizzati in varie parti del mondo, ritratti di artisti, di letterati, scatti che ripropongono momenti storici in varie città d’Europa, volti di gente comune sono l’occasione per cogliere le diverse sollecitazioni che hanno scandito il percorso di Dondero, in cinquant’anni di viaggi, impegno civile e sociale, di incontri con donne e uomini straordinari. E a quest’uomo dalla grande vitalità e vivacità intellettuale, oltre che di grande cultura, il National geographic dedica queste parole: “L’intellettuale dell’immagine”
“Il suo sguardo riordina il visibile attraverso l’esperienza. Ed è proprio attraverso un’esperienza continua nel quotidiano, assieme alla sua grande capacità affabulatoria che Dondero trova la sua necessaria forma poetica … È l’essenzialità, l’umiltà dell’incontro: la sua grandezza è questa. Per questo Dondero è un instancabile agitatore di umanità” scrive di lui Stefano Tassinari su Letteraria (Edizioni Alegre) rivista semestrale di letteratura sociale a cui collabora lo stesso Dondero.
Mario Dondero ha ritratto i più grandi protagonisti del cinema e del teatro italiani del novecento, e figure di rilevanza internazionale, da Beckett a Ionesco, da Sartre a Foucault, Althusser, Francis Bacon, Jeshar Kemal per non citarne che alcuni. Nel 1959, davanti alla sede delle Editions de Minuit immortala tutti assieme Claude Simon, Claude Mauriac, Jérôme Lindon, Robert Pinget, Nathalie Sarraute e Claude Ollier, scrittori che appartennero a quella che in seguito fu chiamata la corrente del nouveau roman. Senza quella fotografia, affermò Alain Robbe-Grillet, non ci sarebbe stato il nouveau roman.
Di origini genovesi, nasce a Milano il 6 maggio 1928. Appena sedicenne è staffetta partigiana della brigata "Cesare Battisti", in Val d'Ossola. Troppo pigro per assecondare il suo talento di scrittore e nonostante Enzo Biagi lo assuma giovanissimo a "Milano sera", nell'immediato dopoguerra inizia la sua attività di fotografo. Dirà più tardi, “mi sono accorto che fare le foto mi divertiva di più, vivevo più intensamente la realtà e riuscivo a rispettarla…” . Collabora con l'"Avanti", "L'Unità" e, successivamente, con la rivista "Le Ore".
Legato al cosiddetto gruppo dei "Giamaicani" (i frequentatori del bar Giamaica a Milano) Milan Alfa Castaldi, Camilla Cederna, Luciano Bianciardi, Giulia Niccolai, Carlo Bavagnoli, Ugo Mulas, Uliano Lucas, nel 1955 si sposta a Parigi dove collabora con "L'Espresso", "L'Illustrazione Italiana", "Le Monde", "Le Nouvel Observateur". Frequenta e ritrae scrittori e intellettuali francesi (Roland Topor, Claude Mauriac, Daniel Pennac, Jeshar Kemal). Tra le sue foto più celebri, quella del gruppo degli scrittori del Nouveau roman scattata a Parigi nell'ottobre del 1959 davanti alla sede delle Editions de Minuit (Nathalie Serraute, Samuel Beckett, Alain Robbe-Grillet, Claude Mauriac, Claude Simon, Jerome Lindon, Robert Pinget, Claude Ollier). Il suo interesse per l'Africa si è manifestato attraverso la collaborazione alle riviste Jeune Afrique, Afrique-Asie, Demain l'Afrique.
Sulle orme di colui che considera un maestro insuperato, Robert Capa, e del grande documentarista Joris Ivens, di cui diverrà amico, la sua attenzione si rivolge immediatamente alla fotografia 'engagée': guerre, conflitti sociali e politici, avvenimenti internazionali sono infatti catturati e in più di un caso immortalati dal suo obiettivo, basti pensare al celebre scatto che per primo ritrae il crollo del Muro di Berlino. Grande interesse peraltro ha sempre mantenuto, in Italia e all'estero, per il lavoro degli artisti e degli scrittori, di cui si è trovato ad essere un complice compagno di strada.
Tre sono gli epicentri del suo sguardo: Parigi, dove si è trasferito nel '54 e dove ha intrattenuto rapporti col meglio della cultura progressista e gauchiste; Milano, dove il suo sodalizio coi fotografi Carlo Bavagnoli, Alfa Castaldi e Ugo Mulas, unitamente a tanti altri intellettuali assidui del bar "Giamaica" nel quartiere di Brera, è rappresentato una volta per sempre nelle pagine centrali del romanzo "La vita agra" di Luciano Bianciardi; Roma infine, dove ha trascorso la più parte degli anni sessanta, ritrovando quasi ogni giorno alla semplice mensa di "Cesaretto", in via della Croce, Pier Paolo Pasolini, Alberto Moravia, Laura Betti, Goffredo Parise. Fermo è da molti anni la città dove risiede tra un viaggio e l’altro.
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