Angelo Rinaldi. Ritmo Astratto. Angelo Rinaldi. Una vita d’arte
Dal 10 Settembre 2017 al 15 Ottobre 2017
Castel d'Ario | Mantova
Luogo: Casa Museo Sartori
Indirizzo: via XX Settembre 11/13/15
Orari: 10,30/12,30 - 16,30/19,30
Curatori: Arianna Sartori, Fausto Tonello, Angelo Rinaldi
Enti promotori:
- Comune di Castel d’Ario
- Comune di Padova
- Ecomuseo della risaia dei fiumi del paesaggio rurale mantovano
- Associazione Pro Loco di Castel d’Ario
- Galleria La Teca
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 0376.324260
E-Mail info: info@ariannasartori.191.it
Sito ufficiale: http://www.galerialateca.com
La Casa Museo Sartori di Castel d’Ario (Mantova) in via XX Settembre 11/13/15, dal 10 Settembre al 15 Ottobre 2017 presenta la mostra “Ritmo Astratto. Angelo Rinaldi. Una vita d’arte”.
La mostra è allestita al primo piano di Casa Museo Sartori e gode dei patrocini di: Comune di Castel d’Ario, Comune di Padova, Ecomuseo della risaia, dei fiumi, del paesaggio rurale mantovano e dell’Associazione Pro Loco di Castel d’Ario.
“Ritmo Astratto. Angelo Rinaldi. Una vita d’arte” si inaugura Domenica 10 Settembre alle ore 11.00, alla presenza del Maestro, con interventi di Arianna Sartori e Fausto Tonello curatori della mostra, Daniela Castro Sindaco di Castel d’Ario e Maria Gabriella Savoia di ‘Casa Museo Sartori’.
La mostra, che arriva a Castel d’Ario (MN) dopo le due importanti tappe ad Arezzo presso la “Casa Museo Ivan Bruschi” (gennaio-marzo 2017) e a Portobuffolè (TV) nel “Museo Casa Gaia da Camino” (aprile-maggio 2017), e prorogate entrambe per il grande interesse riscontrato dal pubblico, presenta una cinquantina di opere tra dipinti, vetri e sculture realizzate dall’artista dal 1960 ad oggi.
Angelo Rinaldi nasce in provincia di Padova nel 1942. Studia arte in Italia e all’estero, ma la sua formazione artistica si avvale principalmente della collaborazione e frequentazione di studi di importanti artisti del 900, italiani e internazionali.
Opere di Angelo Rinaldi sono conservate in musei e collezioni private e pubbliche di tutto il mondo, tra cui Kunst Museum di Düsseldorf in Germania, Fondazione Morishita di Tokyo (Giappone), Istituto di Cultura Italiano di Ljubljana (Slovenia), sezione permanente del Museo degli Argenti di Palazzo Pitti di Firenze.
Inoltre si segnala la mostra di sculture nel 2010 intitolata “Di Vetro e nel Vetro: opere di Angelo Rinaldi 1960 - 2010” nelle sale di Palazzo Zuckermann a Padova e dal 2013 opere di pittura e scultura sono esposte all’interno delle sale del Ministero degli Esteri la Farnesina di Roma.
ANGELO RINALDI
Ars felix
Un artista è, o dovrebbe essere, solo un artista.
Il suo - ma che il condizionale continui a soccorrermi - è uno stato di perenne ”orfanità” dal proprio vissuto, dal tempo, dall’habitat sociale, dalla storia, perfino da se stesso.
L’ha scritto, infallibile come sempre, Oscar Wilde: “Scopo dell’arte è rivelare l’opera e nascondere l’artista”.
Fin qui quello che l’esegeta si auspica nel suo romantico quanto faustiano disegno: “appropriarsi” cioè dell’opera altrui e consegnarla poi al mondo, imprimendole il sigillo dell’autonomia da chi l’ha creata, sigillo di liberazione e libertà, dovesse istigarla all’ingratitudine e al tradimento più assoluti.
A dover parlare di Angelo Rinaldi, il conto però non torna, almeno nel senso di cui sopra. E questo non perché il fattore biografico o il repertorio psicologico-sentimentale-culturale dell’artista siano particolarmente significativi a decifrarne l’opera. Piuttosto perché nel suo percorso professionale ritrovo, oggi come ieri, due elementi che non esiterei a definire obsoleti quando di arte deve trattarsi, soprattutto con i tempi che corrono. Che sono tempi, se servisse ricordarlo, di scetticismo elevato a sistema, perfino a categoria dello spirito.
Il primo di questi elementi, peraltro riscontrabile a prima vista come una tara, è la manualità, la “fabrilità” dell’intervento creativo, una sapienza prodigiosa del mestiere che, appunto, risulta geneticamente acquisito, non appreso, non “sofferto”. Come se a Rinaldi il trascorrere dalla pittura al vetro, dal design all’incisione fino alla scultura e al progetto architettonico, non fosse costato e costasse nessuna fatica, né avesse implicato quell’esitazione affatto legittima che riscontriamo in artisti dai molteplici talenti quando passano da una disciplina all’altra.
Al contrario, nell’artista padovano tutto quello che ha prodotto e produce si manifesta allo stesso livello di credibilità e compiutezza. Per lui fare arte sembra una sorta di sfida necessaria, un imperativo più morale che sperimentale: quel tanto che gli permette di espletare ciò che in primis somiglia a un dovere, ma anche a una necessità, forse a un diritto.
Nel suo lavoro non si avvertono mediazioni ideologiche né labirinti concettuali che facciano da detonatore a tanta eccellente versatilità, a tanta, ripeto, “facile” adesione al florilegio dei generi che nel tempo ha saputo affrontare e svolgere in parallelo.
Rinaldi insomma agisce e pensa in contesto, non “delega” alla riflessione il compito di individuare i tempi necessari all’elaborazione del progetto creativo: l’istinto e l’esperienza gli bastano per individuare il percorso da seguire. E a questa libertà d’azione non è certo estranea l’ampiezza del registro stilistico che la sua opera è riuscita a rivelarci attraverso gli anni: che poi altro non è che assoluta indifferenza al perseguimento di una formula, di un cliché linguistico stabile che garantisca all’artista la riconoscibilità sufficiente per collocarlo nelle “liste d’attesa” del mercato, o comunque delle congiunture mondane.
Rinaldi ha solo assecondato la propria curiosità d’artista-rabdomante mettendosi in sintonia con le più diverse opzioni espressive, storiche e non, dove perfino la contraddizione avrebbe trovato asilo e credito. Si pensi per esempio al "periodo” del minimalismo astratto-geometrico dove le consonanze con l’epoca d’oro de “Il Milione”, e dunque con Veronesi, Soldati e Radice, sono apparse più che una ipotesi; o all’altra stagione dove il fattore materico-segnico è sembrato porsi in antinomia e conflitto con quello, quasi a indicare un’urgenza di complementarità che fosse capace di ricostituire un disegno creativo unitario, una totalità sognata e intesa come traguardo, se un qualche “traguardo” dovesse mai proporsi in arte.
E qui si inserisce l’altro elemento che connota fortemente il lavoro di Rinaldi, elemento che forse sarebbe più appropriato rimandare a una deontologia alla rovescia, là dove il distacco aristocratico da quelle che potranno essere le sorti dell’opera scatta come un segnale preciso, come una dichiarazione di poetica, un marchio d’appartenenza.
Ne consegue che, pur assurta a ragione vitale, l’arte può (e Rinaldi ci autorizza a scrivere “deve”) essere vissuta in termini di pratica ludica, magari edonistica, anche se il prezzo del gioco resterà sempre altissimo. L’artista non dovrà soffrire di complessi se chi dovrebbe aspettarsi ? osserva si accorge che è stato felice nel compimento dell’opera. In fondo, quale altra ricompensa dovrebbe aspettarsi?”.
Giuliano Serafini
“Con il termine Astrattismo si intende, in pittura e non solo, la ricerca essenziale e ristretta della forma pura, attraverso il tramite dei colori e delle strutture lineari. Avanguardia artistica che in Italia coincise con le opere di alcuni artisti, tra i quali Mario Radice (1898 - 1987) e Manlio Rho (1901 - 1957), in Olanda, attraverso il neoplasticista Piet Mondrian (1872 - 1944) e in Russia con Kazimir Severinovič Malevič (1878 - 1935), pioniere dell’astrattismo geometrico, confluito poi nel movimento del Suprematismo. Da queste premesse nasce il Nuovo Astrattismo, che si concentra sull'armonizzazione di colore, linea, e forma tenendo in considerazione, non solo l’aspetto plastico ma anche i risultati, ottenuti dalla lavorazione di altri materiali come: l’acciaio, il bronzo o il vetro, tutti elementi impiegati in quel distinto contenitore, appartenuto alle arti applicate e all’oreficeria poi espresso nel design industriale.
Una ricerca stilistica, che adesso si declina su nuovi presupposti geometrico – astratti, condensata nel simbolismo dei segni, numeri, tracce e dettagli figurativi e portata avanti dall'artista di fama internazionale Angelo Rinaldi. Il quale mostra, fin dagli anni 60', di avere assimilato la lezione lasciata dal pittore ed esperto della fotocomposizione László Moholy - Nagy (1895 - 1946), quest’ultimo prediligendo nelle sue opere, effetti di trasparenza, lasciati dalle figure geometriche sopra le forme sottostanti.
Una scelta quella della trasparenza e della brillantezza dei colori, che porteranno Rinaldi a creare e a progettare sculture luminose, collaborando con importanti aziende produttrici di vetri, come le fucine Muranesi o a realizzare, su commissione del Museo Ideale Leonardo da Vinci, una fontana in vetro con il nome di “Fonte di Artemide”, avvalendosi di un disegno progettuale di Leonardo da Vinci.
Esperto nella tecnica della sommersione, per cui è un abile artigiano della materia; Rinaldi durante le fasi di colatura del vetro fuso, inserisce elementi aggiuntivi quali: decorazioni, paste, oro, argento, oggetti o disegni, che risultano così “bloccati” nell’involucro vitreo. Un’operazione, che nel corso della fase finale dell’opera, gli consente di sfruttare appieno il potere riflettente della materia nella quarta dimensione della trasparenza; mentre al fruitore, di scrutare all’interno della scultura e addirittura di vedere oltre, senza doversi spostare.
Una ricerca astratta, combinata alla sperimentazione informale, che lo porteranno nel 1996, ad unirsi al movimento “Artisti Artefici”, fondato dall’artista Paola Crema Fallani, di cui fanno parte: Novello Finotti, Igor Mitoraj, Roberto Fallani, Marina Karella, Kurt Laurenz Metzler, Yvan Theimer e Do Vassilakis Konig. Da segnalare, la presenza di Rinaldi, al Museo degli Argenti di Palazzo Pitti di Firenze con l’opera in argento, raffigurante il torso maschile e femminile intitolata l’Adamo ed Eva.
Rinaldi scansione con sapienza, materiali duttili come il vetro, per passare alla scultura tridimensionale, tanto che adesso la scultura non è più sinonimo di statua ma è concepita nell’utilizzo di materiali che la rendano il più possibile leggera, aerea e trasparente. Pensiamo alla realizzazione in acciaio lucido satinato dell’opera Notte di San Lorenzo (2010), in permanenza, all’interno dei giardini pubblici, antistanti i Musei Civici di Padova, di Piccola nebulosa (2010) oppure l’opera in bronzo intitolata L’altra metà del mondo (2000). Elaborazione stilistica che raggiunge il suo apice con Athletis, una colonna in vetro massello, realizzata attraverso la sommersione di bolle, successivamente scolpita, dorata ed incisa, che ricorda gli antichi prodotti della vetraria ellenistico - alessandrina (III - II a.C.).
Visioni artistiche, come sono state definite, sperimentate dall’artista, attraverso un prontuario di materiali e tecniche che si distinguono dalla fusione delle sculture in ferro e cristallo scolpito, al vetro blu soffiato o in quelle intagliate per sommersione di polveri metalliche. Lavoro ricomposto, rivisitato e sviluppato nel presupposto di un nuovo lessico contemporaneo, composto da segni e simboli espressivi che si estende nella pittura di acrilici su tela o nel cartone e faesite. Con riferimento alle opere in esposizione di: Frammenti - AR 16 (2012), Minotauro (2013) ed Eclissi (2016), oppure confluito nelle tracce archeologiche ed atemporali dei bassorilievi in porcellana dorata denominati Futuro proximo (2015)”.
Appunti d'Arte©2011 Barbara Rossi
• Nello stesso periodo è possibile vedere, al piano terra di Casa Museo Sartori, la rassegna “Artisti per NUVOLARI” quinta edizione 2017, a cura di Arianna Sartori. In mostra sono esposte 53 opere, tra dipinti e sculture, realizzate da Baglieri Gino, Baldassin Cesare, Benedetti Laura, Biagioni Emanuele, Bianco Lino, Bocelli Giuseppe, Bonafini Annalisa, Bongini Alberto, Budini Gianfranco, Candiano Carmelo, Capraro Sabina, Castaldi Domenico, Cerri Giovanni, Chiappa Tommaso, Corsucci Umberto, Cortellazzi Rossano Simone, Cristini Filippo, D’Ambrosi Diego, Davanzo Walter, Diazzi Roberta, Ferraris Giancarlo, Ferri Massimo, Ferro Davide, Filippini Claudio, Fonsati Rodolfo, Gravina Aurelio, Lengua Antonio, Luchini Riccardo, Luglio Corrado, Marzelli Pasquale, Merlo Alessandro, Miano Antonio, Mini Daniele, Minto Maria Grazia, Molinari Mauro, Monga Paolo, Musi Roberta, Orlandini Fabrizio, Paolini Parlagreco Graziella, Perna Vincenzo, Pilon Valerio, Pirondini Antea, Poli Gabriele, Rameri Alessandra, Romani Massimo, Romani Maurizio, Rossato Kiara, Sanna Alessandro, Santoli Leonardo, Scotto Aniello, Trombini Giuliano, Zamboni Nicola, Zoli Carlo. Per l’occasione è stato edito un catalogo con presentazione storica di Attilio Facconi e testo critico di Maria Gabriella Savoia.
• Durante la mostra è possibile visitare il Museo d’Arte Ceramica “Terra Crea – Sartori”. Nel Museo, ancora in divenire, è presentato il primo nucleo della raccolta di Opere ceramiche, collocate in modo permanente negli spazi predisposti nel cortile interno del palazzo.
Oltre 120 le piastre ceramiche che, modellate ed elaborate secondo le varie tecniche e ispirazioni dagli artisti, sono fissate alle pareti del cortile interno.
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