Amato Patriarca. Il viaggio
Dal 16 Gennaio 2013 al 10 Febbraio 2013
Milano
Luogo: Spazio Oberdan
Indirizzo: viale Vittorio Veneto 2
Orari: da martedì a dpmenica 10-19.30; martedì e giovedì fino alle 22
Curatori: Marzio Zaccone
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 77406302/ 6381
E-Mail info: p.merisio@provincia.milano.it
Sito ufficiale: http://www.provincia.milano.it/cultura
Questa mostra di Amato Patriarca (nato a Roma nel 1945, milanese di adozione) vuole far conoscere al grande pubblico una serie di opere d’arte che inanellano il percorso dell’artista, mostrando la sua continua evoluzione e il suo rapporto con il mondo che lo circonda e il tempo che passa.
Pittore, scultore, incisore, scenografo, costumista, grafico pubblicitario, progettista per la moda, Patriarca ha cominciato sin da ragazzino a operare con pennelli e colori. La sua pittura, priva di chiaroscuro formale, è composta di tasselli vivacemente colorati come spesso nella pop artamericana, ripresa anche nei soggetti: folle metropolitane, cartelli pubblicitari, paesaggi urbani e scritte.
Oltre 150 le mostre collettive sia in Italia che all’estero a partire dagli Anni Novanta, e circa 60 mostre personali, con importanti riconoscimenti istituzionali.
Il “viaggio” che Amato Patriarca spinge ad intraprendere non è una metafora, ma un concreto movimento attraverso gli alterni momenti che caratterizzano la quotidiana esperienza cittadina.
Nelle sale di Spazio Oberdan, il percorso anticipa sulle tele un meticoloso affresco di ritmi e modulazioni metropolitani, dove ciò che distrattamente scivola al di sotto della consapevolezza viene catturato e ingigantito dalla peculiare sensibilità cromatica del pittore, a partire dai momenti ludici per eccellenza: sport e competizione, gioco e svago, temi in qualche modo privilegiati e fonte di reiterata ispirazione.
Addentrandosi nel regno dell’eros, si confronta con uno dei temi classici dell’arte figurativa. Nel suo inconfondibile tratto cromatico e stilistico, restituisce immagini di eroticità fluttuanti e inafferrabili.
Per contrasto, ecco giganteggiare il sogno consumistico: le moto possenti e il mito dei motori, biciclette e automobili, strade, semafori e tram, oggetti e frammenti di un immaginario metropolitano che, insieme agli efficacissimi ritratti, ripropongono schegge di realtà, elevata al rango di opera pittorica.
Nel dipingere, Patriarca lascia esprimere totalmente la sua creatività nel succedersi di immagini, in semplici“cronache” di vita vera, con la capacità evocativa del racconto: il racconto del dettaglio.
Nelle opere in mostra, alcune grandi e altre di più piccola dimensione, non c’è nessun rimando al solido paesaggio fotografico o naturalistico che comunemente molti conoscono o riconoscono in altri artisti. In Patriarca c’è lo specchio della storia e della cronaca recente, una sorta di immagine a colori, fatta di sintesi, compenetrazioni, simultaneità e gioco fotografico che si fa luce e ombra, mediante una serie di toni freddi e toni caldi.
Patriarca ha messo in luce tutte le metropoli del mondo, ma questa mostra milanese porta a maturazione non solo uno stile tutto suo, uno straniamento, ma anche la capacità di accedere con i colori acrilici l’habitat e i personaggi. Milano era ed è la sua città ideale, la città nella quale ha ufficialmente iniziato il suo percorso artistico, il suo porto sicuro, la città dove ha deciso di mettere radici. Nelle opere di Patriarca, il ritmo ossessivo delle metropoli delle avanguardie viene sostituito con la ricerca nelle vie e nei quartieri di luoghi e forme in cui ritrovare una nuova qualità di vita, una Milano svelata dalla mitologia urbana.
Talvolta studiata per vivere in spazi pubblici e in luoghi di aggregazione sociale, l’opera di Patriarca attinge da un inesauribile repertorio umano. L’arte applicata non è che un preludio alla sorprendente sala delle sculture.
L’eterogenea esperienza dell’artista ripropone intarsi in legni ondulati e metalli, riecheggiando stili e suggestioni all’apparenza esotici e invece ben radicati nella nostra cultura.
Con le sue opere scultoree Patriarca ha contribuito a mantenere viva una ricerca sia artistica che di sviluppo di nuove tecnologie e materiali, ma soprattutto ha sviluppato in loro un suggestivo potere di comunicazione. L’acciaio perde la sua rigidità e freddezza ed il rivestimento metallico diventa luce ed ombra trasformando il ruolo spesso statico di questi elementi in un altro dinamico che meglio rappresenta la società contemporanea.
Pittore, scultore, incisore, scenografo, costumista, grafico pubblicitario, progettista per la moda, Patriarca ha cominciato sin da ragazzino a operare con pennelli e colori. La sua pittura, priva di chiaroscuro formale, è composta di tasselli vivacemente colorati come spesso nella pop artamericana, ripresa anche nei soggetti: folle metropolitane, cartelli pubblicitari, paesaggi urbani e scritte.
Oltre 150 le mostre collettive sia in Italia che all’estero a partire dagli Anni Novanta, e circa 60 mostre personali, con importanti riconoscimenti istituzionali.
Il “viaggio” che Amato Patriarca spinge ad intraprendere non è una metafora, ma un concreto movimento attraverso gli alterni momenti che caratterizzano la quotidiana esperienza cittadina.
Nelle sale di Spazio Oberdan, il percorso anticipa sulle tele un meticoloso affresco di ritmi e modulazioni metropolitani, dove ciò che distrattamente scivola al di sotto della consapevolezza viene catturato e ingigantito dalla peculiare sensibilità cromatica del pittore, a partire dai momenti ludici per eccellenza: sport e competizione, gioco e svago, temi in qualche modo privilegiati e fonte di reiterata ispirazione.
Addentrandosi nel regno dell’eros, si confronta con uno dei temi classici dell’arte figurativa. Nel suo inconfondibile tratto cromatico e stilistico, restituisce immagini di eroticità fluttuanti e inafferrabili.
Per contrasto, ecco giganteggiare il sogno consumistico: le moto possenti e il mito dei motori, biciclette e automobili, strade, semafori e tram, oggetti e frammenti di un immaginario metropolitano che, insieme agli efficacissimi ritratti, ripropongono schegge di realtà, elevata al rango di opera pittorica.
Nel dipingere, Patriarca lascia esprimere totalmente la sua creatività nel succedersi di immagini, in semplici“cronache” di vita vera, con la capacità evocativa del racconto: il racconto del dettaglio.
Nelle opere in mostra, alcune grandi e altre di più piccola dimensione, non c’è nessun rimando al solido paesaggio fotografico o naturalistico che comunemente molti conoscono o riconoscono in altri artisti. In Patriarca c’è lo specchio della storia e della cronaca recente, una sorta di immagine a colori, fatta di sintesi, compenetrazioni, simultaneità e gioco fotografico che si fa luce e ombra, mediante una serie di toni freddi e toni caldi.
Patriarca ha messo in luce tutte le metropoli del mondo, ma questa mostra milanese porta a maturazione non solo uno stile tutto suo, uno straniamento, ma anche la capacità di accedere con i colori acrilici l’habitat e i personaggi. Milano era ed è la sua città ideale, la città nella quale ha ufficialmente iniziato il suo percorso artistico, il suo porto sicuro, la città dove ha deciso di mettere radici. Nelle opere di Patriarca, il ritmo ossessivo delle metropoli delle avanguardie viene sostituito con la ricerca nelle vie e nei quartieri di luoghi e forme in cui ritrovare una nuova qualità di vita, una Milano svelata dalla mitologia urbana.
Talvolta studiata per vivere in spazi pubblici e in luoghi di aggregazione sociale, l’opera di Patriarca attinge da un inesauribile repertorio umano. L’arte applicata non è che un preludio alla sorprendente sala delle sculture.
L’eterogenea esperienza dell’artista ripropone intarsi in legni ondulati e metalli, riecheggiando stili e suggestioni all’apparenza esotici e invece ben radicati nella nostra cultura.
Con le sue opere scultoree Patriarca ha contribuito a mantenere viva una ricerca sia artistica che di sviluppo di nuove tecnologie e materiali, ma soprattutto ha sviluppato in loro un suggestivo potere di comunicazione. L’acciaio perde la sua rigidità e freddezza ed il rivestimento metallico diventa luce ed ombra trasformando il ruolo spesso statico di questi elementi in un altro dinamico che meglio rappresenta la società contemporanea.
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