Made in Slums. Mathare Nairobi
Made in Slums. Mathare Nairobi, Triennale di Milano
Dal 26 September 2013 al 8 December 2013
Milano
Luogo: Triennale di Milano
Indirizzo: viale Alemagna 6
Telefono per informazioni: +39 02 724341
E-Mail info: info@triennale.it
Sito ufficiale: http://www.triennale.it/
Dopo le mostre dedicate a Cina, Corea e India, Triennale Design Museum con Made in Slums continua a indagare e a esplorare i territori più inattesi del nuovo design internazionale.
Questa volta i fari del CreativeSet sono puntati su una piccola realtà locale – lo slum di Mathare, a Nairobi, individuato come paradigma della capacità di una comunità di dotarsi di propri strumenti funzionali e simbolici, realizzati in un originale processo di autoproduzione a partire da pochi materiali presenti nel territorio.
La mostra nasce prima di tutto dal lavoro svolto sul campo dall’ONG Liveinslums, impegnata da due anni in un progetto di cooperazione allo sviluppo che ha incoraggiato la costruzione di una scuola di strada e l'avviamento di un progetto agricolo comunitario nello slum di Mathare.
Mathare è un agglomerato urbano situato a circa 5 km dal centro di Nairobi in Kenya. Con una popolazione di circa 500.000 abitanti è, per ordine di grandezza, la seconda baraccopoli d Nairobi: forse la più antica, certamente quella con peggiori condizioni di vita. È una ex cava che si estende per un’area di circa 3km per 1,5km, in cui i residenti hanno sviluppato una strategia informale ma efficace di economia su piccola scala che si svolge per lo più in precarie case -bottega e in luoghi malsani.
”Come nell’isola di Robinson Crusoe – scrive Fulvio Irace – lungo le frontiere di una spiaggia virtuale che circonda il cuore dello slum, la marea deposita ogni giorno gli scarti della capitale: pezzi di legno, insegne pubblicitarie, tavole e lamiere e soprattutto bidoni, l’elemento base di un progetto di riciclo minuzioso ed efficace.
In simili condizioni, dunque, l’ingegnosità della comunità supplisce alle gravi carenze del territorio, e risponde ai propri bisogni recuperando e trasformando materia di scarto in oggetti a elevato gradiente estetico”.
Come afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Senza avere la pretesa di attribuire a questa piccola esperienza locale un valore simbolico eccessivo, è tuttavia evidente che le pratiche creative messe in atto a Mathare trascendono l’orizzonte puramente locale e assumono un senso e un valore più generale”.
L’associazione ha coinvolto nel progetto il giovane designer italiano Francesco Faccin, proponendogli di realizzare arredi e attrezzature della scuola utilizzando materiali e mano d’opera del luogo. Durante il progetto, Faccin ha raccolto in maniera sistematica una selezione di oggetti d'uso prodotti in funzione di un mercato interno, dai coltelli alle scarpe in gomma, dalle pentole al carretto per la vendita di cibi da strada, ecc.
Per narrare la storia di questi oggetti i fotografi Francesco Giusti e Filippo Romano hanno realizzato un reportage fotografico che restituisce la complessità del contesto e i volti dei protagonisti. La sezione video in mostra, di Silvia Orazi e Fabio Petronilli, è dedicata al tema delle auto-produzioni e ai mestieri informali presenti nello slum.
Questa volta i fari del CreativeSet sono puntati su una piccola realtà locale – lo slum di Mathare, a Nairobi, individuato come paradigma della capacità di una comunità di dotarsi di propri strumenti funzionali e simbolici, realizzati in un originale processo di autoproduzione a partire da pochi materiali presenti nel territorio.
La mostra nasce prima di tutto dal lavoro svolto sul campo dall’ONG Liveinslums, impegnata da due anni in un progetto di cooperazione allo sviluppo che ha incoraggiato la costruzione di una scuola di strada e l'avviamento di un progetto agricolo comunitario nello slum di Mathare.
Mathare è un agglomerato urbano situato a circa 5 km dal centro di Nairobi in Kenya. Con una popolazione di circa 500.000 abitanti è, per ordine di grandezza, la seconda baraccopoli d Nairobi: forse la più antica, certamente quella con peggiori condizioni di vita. È una ex cava che si estende per un’area di circa 3km per 1,5km, in cui i residenti hanno sviluppato una strategia informale ma efficace di economia su piccola scala che si svolge per lo più in precarie case -bottega e in luoghi malsani.
”Come nell’isola di Robinson Crusoe – scrive Fulvio Irace – lungo le frontiere di una spiaggia virtuale che circonda il cuore dello slum, la marea deposita ogni giorno gli scarti della capitale: pezzi di legno, insegne pubblicitarie, tavole e lamiere e soprattutto bidoni, l’elemento base di un progetto di riciclo minuzioso ed efficace.
In simili condizioni, dunque, l’ingegnosità della comunità supplisce alle gravi carenze del territorio, e risponde ai propri bisogni recuperando e trasformando materia di scarto in oggetti a elevato gradiente estetico”.
Come afferma Silvana Annicchiarico, direttore del Triennale Design Museum: “Senza avere la pretesa di attribuire a questa piccola esperienza locale un valore simbolico eccessivo, è tuttavia evidente che le pratiche creative messe in atto a Mathare trascendono l’orizzonte puramente locale e assumono un senso e un valore più generale”.
L’associazione ha coinvolto nel progetto il giovane designer italiano Francesco Faccin, proponendogli di realizzare arredi e attrezzature della scuola utilizzando materiali e mano d’opera del luogo. Durante il progetto, Faccin ha raccolto in maniera sistematica una selezione di oggetti d'uso prodotti in funzione di un mercato interno, dai coltelli alle scarpe in gomma, dalle pentole al carretto per la vendita di cibi da strada, ecc.
Per narrare la storia di questi oggetti i fotografi Francesco Giusti e Filippo Romano hanno realizzato un reportage fotografico che restituisce la complessità del contesto e i volti dei protagonisti. La sezione video in mostra, di Silvia Orazi e Fabio Petronilli, è dedicata al tema delle auto-produzioni e ai mestieri informali presenti nello slum.
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