Renzo Ferrari. Tracce milanesi/ Il corpo svelato. Collettiva
Dal 13 Maggio 2013 al 01 Giugno 2013
Milano
Luogo: Spazio Tadini
Indirizzo: via Jommelli 24
Orari: da martedì a sabato 15.30-19
Curatori: Claudio Argentiero e Melina Scalise
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 366 4584532
E-Mail info: ms@spaziotadini.it
Sito ufficiale: http://spaziotadini.wordpress.com
Renzo Ferrari. Tracce milanesi
Renzo Ferrari Ritorna sulla scena milanese dopo la mostra del 2006 al Centro Svizzero, Renzo Ferrari, con una personale a Milano presso il centro culturale Spazio Tadini, fondato in memoria dell’amico artista Emilio Tadini, da domenica 12 maggio fino al primo giugno in via Jommelli, 24 con opere dal “1980/2013”, circa cinquanta tra oli carte e teatrini, dal titolo “Tracciati milanesi”. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira che sottolinea il percorso di questa cronologia con testimonianze critiche soprattutto dell’amico pittore Emilio Tadini. Tre testi in particolare “Vista della pittura di Renzo Ferrari” 1984, pubblicato in occasione della mostra di Ferrari alla galleria pro arte di Lugano; ”La figura intricata” 1990 inserito nel catalogo delle opere dal 1970-1990 edito in occasione dell’antologica alla civica galleria d’arte Villa dei Cedri di Bellinzona e “Africa” 1999 pubblicata nel catalogo dedicato al Fondo Ferrari, presso la civica galleria Villa dei Cedri, Bellinzona. La mostra, oltre ad essere un omaggio a Emilio Tadini, è un excursus breve del lavoro di Renzo Ferrari contemporaneo agli anni politici difficili per l’Italia dagli ” anni di piombo” a “mani pulite” allo “yuppismo” fino all’attuale crisi.
Punti creativi salienti di ”Tracciati milanesi” sono attraverso una libera, ma complessa figurazione, lo spazio-intrico degli anni ottanta, l’affondo nel nero dei primi anni novanta, la miccia cromatica innescata nella seconda metà degli anni novanta. BREVE BIOGRAFIA Renzo Ferrari, è nato nel 1939 a Cadro, dove attualmente vive lavorando nel suo atelier barakon. E’ una delle personalità che hanno portato all'estero l'immagine di un Ticino artistico originalmente creativo. Agli esordi si è imposto all'attenzione della critica con una "figurazione libera" come superamento dell'informale, alla figura Ferrari è poi rimasto legato con coerenza fino ad oggi, cercando proprio in essa uno strumento di mediazione fra natura e artificio. Una ricerca alla quale anche la sua terra ha dato un riconoscimento attraverso la costituzione, nel 1999, del "Fondo Ferrari a Villa dei Cedri, incisioni e carte, opere 1960/1999 ".
Il corpo svelato
Progetto Fotografico “Migrazioni di Genere”
Sguardi femminili e maschili dialogano visivamente sul tema per scoprire e ricostruire una visione comune offuscata da un’attenzione sociale troppo concentrata sulle differenze
L’Afi (Archivio Fotografico Italiano) e Spazio Tadini inaugurano un percorso di ricerca fotografica da svolgere insieme come appuntamento annuale: “Migrazioni di genere”. La collaborazione tra lo Spazio Tadini e l’Archivio Fotografico Italiano, si consolida nel tempo, mettendo in luce affinità artistiche e di pensiero che identificano un percorso comune nella promozione dell’arte visiva, non fine a se stessa, ma rivolta a indagare le asprezze e le assonanze della società contemporanea, con stile ed eleganza. In particolare, si utilizza l’obiettivo dell’artista/fotografo per porre l’attenzione sugli stereotipi sociali. Il linguaggio è quello della fotografia che documenta e al tempo stesso interpreta. Il contenuto è l’uomo la sua esperienza, le sue emozioni, i suoi desideri, il suo collocarsi nel contesto sociale. Cominceremo con l’indagare l’universo maschile e femminile, l’uomo e la donna, e quindi il loro modo di osservare e raccontare il mondo a partire dal corpo.
“Nella storia dell’arte il corpo ha ricoperto sicuramente uno spazio rilevante, stimolando diverse interpretazioni e accezioni, riflettendo sul concetto d’identità, indagando il tema dal reale sconfinando in altri territori, più personali e intimi – spiega Claudio Argentiero, presidente dell’Afi -.Dalle rappresentazioni sacre a quelle più dissacranti, abbiamo goduto di sperimentazioni soavi, maestose, dissacranti o al limite della decenza, che ci hanno convinto o costretto a fare i conti anche con il nostro corpo, identificandoci come essenza fisica, per esserci ed esistere. Un condizionamento costante ci perviene quotidianamente dalla televisione e dalle riviste, femminili e maschili, che ci propinano modelli stereotipati disarmanti. Questa nuova rassegna, che contiamo possa divenire un appuntamento annuale, vuole proporre in chiave moderna la lettura del corpo, visto da sei punti di vista, tre femminili e tre maschili, in un dialogo aperto. Il corpo come idioma, come forma-forza espressiva del proprio io, come scelta per affermarsi, per essere riconosciuti, per esibirsi, per sfoggiare la propria sensualità, la rabbia, l’orgoglio, ma anche la relazione armoniosa che percepiamo. In una società in cui l’apparire conta molto di più delle esperienze e del vissuto, generando falsi miti e modelli educativi ingannevoli, si è scelto di parlare del corpo in chiave artistica, in modo disgiunto dalle analisi letterarie, per proiettare il discorso a una più ampia interpretazione del tema, secondo codici culturali connaturati a ogni artista invitato.
Sempre più spesso l’identità individuale si misura in base alla nostra presenza fisica, all’apparire, che può trasformarsi in un atto d’amore o di frustrazione, di emarginazione o invisibilità, oppure di forte tradizione identitaria”.
“I lavori sono esposti su pareti contrapposte nel salone di Spazio Tadini per dare al visitatore un terzo punto di vista, risultato del confronto tra maschile e femminile - afferma Melina Scalise, presidente di Spazio Tadini -. Sarà così offerta al pubblico la posizione centrale quella che impone la sintesi, come direbbe Hegel. Un invito alla dialettica per scoprire, forse, un nuovo dialogo tra maschile e femminile. Una ri-scoperta, comunque, perché riteniamo che qualcosa si sia interrotto: troppi single, molte coppie e famiglie “divise”, con una comunicazione spesso delegata a giudici produttori di sentenze e non di soluzioni, donne troppo “oggetto-corpo” o troppo “vittime”, uomini che rifiutano di essere “maschi” perchè il termine ha perso ogni allusione seduttiva anni ‘60 per collocarsi tra gli attributi negativi, “proliferazione” o forse solo manifestazione dell’universo sommerso dell’omosessualità che cerca consensi, contribuendo, suo malgrado, a concentrare l’attenzione pubblica sulla sessualità più che sulla difesa dei sentimenti che legano le persone. Ebbene- prosegue Scalise - dopo il femminismo, dopo l’attenzione verso le “differenze di genere” passando attraverso la bisessualità, l’omosessualità e la transessualità, cos’ è rimasto dell’uomo e cosa della donna? Il sagace cantautore Gaber si divertì, negli anni ‘90, ad individuare attraverso una canzone, le peculiarità tra ciò che rimaneva dell’identità della destra e della sinistra. Oggi, attraverso la fotografia vogliamo cercare di svelare ciò che forse il mondo dell’informazione non è riuscito a darci oltre il racconto della violenza di genere e le statistiche. Cos’è oggi un “uomo” e cos’è una “donna”? Per rispondere ripartiremo dallo sguardo e da ciò che ci appartiene intimamente: il corpo. Esso, in modo incontrovertibile, lascia parlare la materia, ciò che siamo a prescindere da ciò che ci sentiamo di essere, perché il corpo racconta sempre qualcosa di chi lo possiede a prescindere dal pensiero di chi lo abita. Non c’è semantica, ma forma e azione in relazione al contesto in cui lo si colloca e al modo in cui si presenta. Il corpo è la prima diversità riscontrabile tra l’uomo e la donna: è il titolo con il sommario, direbbe un giornalista. “
GLI AUTORI
Sei autori differenti, per tracciare una linea di confine che abbracci diverse esperienze espressive, per parlare di corporeità senza preconcetti, dalle immagini di forte impatto di Giovanni Sesia, che parlano della perdita d’identità, intrise in una materia di rutilante cromatismo, quasi tentacolare nel rapporto con lo spazio e la sua esplicitazione legata al vissuto, a quelle più tormentate di Giuliana Traverso, che ritrovano nello sguardo del noto attore teatrale Francisco Copello una forza espressiva impenetrabile, per giungere all’eleganza formale delle immagini di Teresa Carreno, che mette in scena rappresentazioni di fatti di cronaca ispirati da immagini celebri dell’iconografia della storia, per passare dalle immagini più rigorose di Mario Vidor, che della bellezza e della forma sa esaltare la forza espressiva, con un approccio classico in continua dicotomia tra uomo e donna, bianco e nero. Gli autoritratti di Mirta Kokalj s’immergono in un corpus di rimandi dalle delicate sfumature, che ci interrogano sulla fragilità della vita con richiami ancestrali, mentre le immagini di Claudio Argentiero affrontano il tema della transizione, del precario equilibrio tra la accettazione di se e la grazia di una infinita nuova fioritura, qui rivelata.
Nella selezione dei fotografi, Claudio Argentiero ha cercato di raccogliere voci differenti per arricchire la riflessione e stimolare il confronto. Attraverso la fotografia non c’è solo la rappresentazione di ciò che vediamo, ma anche il modo in cui l’osservatore si relazione con l’oggetto ripreso. Come guarda il corpo un fotografo uomo e come lo guarda una fotografa donna? Durante l’esposizione non mancheranno occasioni per invitare il pubblico a riflettere sul tema.
Renzo Ferrari Ritorna sulla scena milanese dopo la mostra del 2006 al Centro Svizzero, Renzo Ferrari, con una personale a Milano presso il centro culturale Spazio Tadini, fondato in memoria dell’amico artista Emilio Tadini, da domenica 12 maggio fino al primo giugno in via Jommelli, 24 con opere dal “1980/2013”, circa cinquanta tra oli carte e teatrini, dal titolo “Tracciati milanesi”. La mostra è accompagnata da un catalogo edito da Skira che sottolinea il percorso di questa cronologia con testimonianze critiche soprattutto dell’amico pittore Emilio Tadini. Tre testi in particolare “Vista della pittura di Renzo Ferrari” 1984, pubblicato in occasione della mostra di Ferrari alla galleria pro arte di Lugano; ”La figura intricata” 1990 inserito nel catalogo delle opere dal 1970-1990 edito in occasione dell’antologica alla civica galleria d’arte Villa dei Cedri di Bellinzona e “Africa” 1999 pubblicata nel catalogo dedicato al Fondo Ferrari, presso la civica galleria Villa dei Cedri, Bellinzona. La mostra, oltre ad essere un omaggio a Emilio Tadini, è un excursus breve del lavoro di Renzo Ferrari contemporaneo agli anni politici difficili per l’Italia dagli ” anni di piombo” a “mani pulite” allo “yuppismo” fino all’attuale crisi.
Punti creativi salienti di ”Tracciati milanesi” sono attraverso una libera, ma complessa figurazione, lo spazio-intrico degli anni ottanta, l’affondo nel nero dei primi anni novanta, la miccia cromatica innescata nella seconda metà degli anni novanta. BREVE BIOGRAFIA Renzo Ferrari, è nato nel 1939 a Cadro, dove attualmente vive lavorando nel suo atelier barakon. E’ una delle personalità che hanno portato all'estero l'immagine di un Ticino artistico originalmente creativo. Agli esordi si è imposto all'attenzione della critica con una "figurazione libera" come superamento dell'informale, alla figura Ferrari è poi rimasto legato con coerenza fino ad oggi, cercando proprio in essa uno strumento di mediazione fra natura e artificio. Una ricerca alla quale anche la sua terra ha dato un riconoscimento attraverso la costituzione, nel 1999, del "Fondo Ferrari a Villa dei Cedri, incisioni e carte, opere 1960/1999 ".
Il corpo svelato
Progetto Fotografico “Migrazioni di Genere”
Sguardi femminili e maschili dialogano visivamente sul tema per scoprire e ricostruire una visione comune offuscata da un’attenzione sociale troppo concentrata sulle differenze
L’Afi (Archivio Fotografico Italiano) e Spazio Tadini inaugurano un percorso di ricerca fotografica da svolgere insieme come appuntamento annuale: “Migrazioni di genere”. La collaborazione tra lo Spazio Tadini e l’Archivio Fotografico Italiano, si consolida nel tempo, mettendo in luce affinità artistiche e di pensiero che identificano un percorso comune nella promozione dell’arte visiva, non fine a se stessa, ma rivolta a indagare le asprezze e le assonanze della società contemporanea, con stile ed eleganza. In particolare, si utilizza l’obiettivo dell’artista/fotografo per porre l’attenzione sugli stereotipi sociali. Il linguaggio è quello della fotografia che documenta e al tempo stesso interpreta. Il contenuto è l’uomo la sua esperienza, le sue emozioni, i suoi desideri, il suo collocarsi nel contesto sociale. Cominceremo con l’indagare l’universo maschile e femminile, l’uomo e la donna, e quindi il loro modo di osservare e raccontare il mondo a partire dal corpo.
“Nella storia dell’arte il corpo ha ricoperto sicuramente uno spazio rilevante, stimolando diverse interpretazioni e accezioni, riflettendo sul concetto d’identità, indagando il tema dal reale sconfinando in altri territori, più personali e intimi – spiega Claudio Argentiero, presidente dell’Afi -.Dalle rappresentazioni sacre a quelle più dissacranti, abbiamo goduto di sperimentazioni soavi, maestose, dissacranti o al limite della decenza, che ci hanno convinto o costretto a fare i conti anche con il nostro corpo, identificandoci come essenza fisica, per esserci ed esistere. Un condizionamento costante ci perviene quotidianamente dalla televisione e dalle riviste, femminili e maschili, che ci propinano modelli stereotipati disarmanti. Questa nuova rassegna, che contiamo possa divenire un appuntamento annuale, vuole proporre in chiave moderna la lettura del corpo, visto da sei punti di vista, tre femminili e tre maschili, in un dialogo aperto. Il corpo come idioma, come forma-forza espressiva del proprio io, come scelta per affermarsi, per essere riconosciuti, per esibirsi, per sfoggiare la propria sensualità, la rabbia, l’orgoglio, ma anche la relazione armoniosa che percepiamo. In una società in cui l’apparire conta molto di più delle esperienze e del vissuto, generando falsi miti e modelli educativi ingannevoli, si è scelto di parlare del corpo in chiave artistica, in modo disgiunto dalle analisi letterarie, per proiettare il discorso a una più ampia interpretazione del tema, secondo codici culturali connaturati a ogni artista invitato.
Sempre più spesso l’identità individuale si misura in base alla nostra presenza fisica, all’apparire, che può trasformarsi in un atto d’amore o di frustrazione, di emarginazione o invisibilità, oppure di forte tradizione identitaria”.
“I lavori sono esposti su pareti contrapposte nel salone di Spazio Tadini per dare al visitatore un terzo punto di vista, risultato del confronto tra maschile e femminile - afferma Melina Scalise, presidente di Spazio Tadini -. Sarà così offerta al pubblico la posizione centrale quella che impone la sintesi, come direbbe Hegel. Un invito alla dialettica per scoprire, forse, un nuovo dialogo tra maschile e femminile. Una ri-scoperta, comunque, perché riteniamo che qualcosa si sia interrotto: troppi single, molte coppie e famiglie “divise”, con una comunicazione spesso delegata a giudici produttori di sentenze e non di soluzioni, donne troppo “oggetto-corpo” o troppo “vittime”, uomini che rifiutano di essere “maschi” perchè il termine ha perso ogni allusione seduttiva anni ‘60 per collocarsi tra gli attributi negativi, “proliferazione” o forse solo manifestazione dell’universo sommerso dell’omosessualità che cerca consensi, contribuendo, suo malgrado, a concentrare l’attenzione pubblica sulla sessualità più che sulla difesa dei sentimenti che legano le persone. Ebbene- prosegue Scalise - dopo il femminismo, dopo l’attenzione verso le “differenze di genere” passando attraverso la bisessualità, l’omosessualità e la transessualità, cos’ è rimasto dell’uomo e cosa della donna? Il sagace cantautore Gaber si divertì, negli anni ‘90, ad individuare attraverso una canzone, le peculiarità tra ciò che rimaneva dell’identità della destra e della sinistra. Oggi, attraverso la fotografia vogliamo cercare di svelare ciò che forse il mondo dell’informazione non è riuscito a darci oltre il racconto della violenza di genere e le statistiche. Cos’è oggi un “uomo” e cos’è una “donna”? Per rispondere ripartiremo dallo sguardo e da ciò che ci appartiene intimamente: il corpo. Esso, in modo incontrovertibile, lascia parlare la materia, ciò che siamo a prescindere da ciò che ci sentiamo di essere, perché il corpo racconta sempre qualcosa di chi lo possiede a prescindere dal pensiero di chi lo abita. Non c’è semantica, ma forma e azione in relazione al contesto in cui lo si colloca e al modo in cui si presenta. Il corpo è la prima diversità riscontrabile tra l’uomo e la donna: è il titolo con il sommario, direbbe un giornalista. “
GLI AUTORI
Sei autori differenti, per tracciare una linea di confine che abbracci diverse esperienze espressive, per parlare di corporeità senza preconcetti, dalle immagini di forte impatto di Giovanni Sesia, che parlano della perdita d’identità, intrise in una materia di rutilante cromatismo, quasi tentacolare nel rapporto con lo spazio e la sua esplicitazione legata al vissuto, a quelle più tormentate di Giuliana Traverso, che ritrovano nello sguardo del noto attore teatrale Francisco Copello una forza espressiva impenetrabile, per giungere all’eleganza formale delle immagini di Teresa Carreno, che mette in scena rappresentazioni di fatti di cronaca ispirati da immagini celebri dell’iconografia della storia, per passare dalle immagini più rigorose di Mario Vidor, che della bellezza e della forma sa esaltare la forza espressiva, con un approccio classico in continua dicotomia tra uomo e donna, bianco e nero. Gli autoritratti di Mirta Kokalj s’immergono in un corpus di rimandi dalle delicate sfumature, che ci interrogano sulla fragilità della vita con richiami ancestrali, mentre le immagini di Claudio Argentiero affrontano il tema della transizione, del precario equilibrio tra la accettazione di se e la grazia di una infinita nuova fioritura, qui rivelata.
Nella selezione dei fotografi, Claudio Argentiero ha cercato di raccogliere voci differenti per arricchire la riflessione e stimolare il confronto. Attraverso la fotografia non c’è solo la rappresentazione di ciò che vediamo, ma anche il modo in cui l’osservatore si relazione con l’oggetto ripreso. Come guarda il corpo un fotografo uomo e come lo guarda una fotografa donna? Durante l’esposizione non mancheranno occasioni per invitare il pubblico a riflettere sul tema.
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