Transformation. Monica Bonvicini e Ariel Schlesinger

Monica Bonvicini, Satisfy Me, 2017. Bronze mirror, MDF; 90 × 80 × 2,6 cm.

 

Dal 20 Aprile 2021 al 01 Giugno 2021

Milano

Luogo: ATO Art Takes Over

Indirizzo: Via della Spiga 48

E-Mail info: info@atoviaspiga.com

Sito ufficiale: http://raffaellacortese.com


ATO Art Takes Over presenta Trasformazione, una mostra d’arte contemporanea in Via della Spiga 48 con opere di Monica Bonvicini e Ariel Schlesinger.

L’arte prende il sopravvento in spazi vuoti di Via della Spiga. Ispirandosi al successo delle trasformazioni di negozi nelle principali strade di grandi città del mondo nei momenti di crisi economica, Art Takes Over desidera incoraggiare un nuovo rinascimento. Grazie ad una stretta collaborazione tra proprietari e importanti gallerie d’arte milanesi la mostra rivitalizza negozi vuoti in Via della Spiga 48 con opere di artisti contemporanei.

Molto nota come parte del Quadrilatero della Moda, la zona di Milano della moda di lusso, Via della Spiga è una strada in continua evoluzione, con una storia ricca di esperienze contrastanti ed un legame duraturo con le arti. In quello che è ora Palazzo Garzanti al n. 30, patrioti italiani scrissero il Manifesto che diede il via nel 1848 all’insurrezione contro gli Asburgo, con le cosiddette Cinque Giornate di Milano.

Per decenni, dopo la riunificazione dell’Italia nel 1861, il Caffè Merlo ospitò regolarmente artisti (come Igino Ugo Tarchetti ed Arrigo Boito) che appartenevano agli scapigliati, un movimento bohémien che voleva promuovere un’arte più indipendente, intima ed immediata.

Nei primi anni ’40, Giò Ponti progettò il nuovo Palazzo Garzanti. Gli anni ’50 videro l’apertura di studi d’artista e di gallerie d’arte, tra cui Galleria della Spiga che, nel 1947, ospitò una mostra di artisti del Fronte Nuovo delle Arti (parte del movimento postcubista).

Negli anni ’70, furono aperte le prime boutique di marchi della moda molto noti: Moretti, Krizia, Versace, Ferré. Da allora un crescente numero di case di moda aprirono i loro negozi, rimpiazzando le numerose botteghe di quartiere (panettieri, fruttivendoli, caffè, etc.).

Culla per generazioni di artisti, poeti ed intellettuali, Via della Spiga ora continua la sua trasformazione con un rinvio alle sue radici culturali. L’attuale trasformazione, da parte di Art Takes Over, si materializza ospitando opere di artisti contemporanei in negozi vuoti. Si tratta di una tendenza che iniziò a livello internazionale dopo la crisi economica del 2008 e che gradualmente si estese negli anni a diverse città – New York, Chicago, Seattle, San Francisco, Minneapolis, Londra, come pure a Milano con la recente mostra Viavài, che coinvolse quattro boutique nella medesima Via. Ora vi sono diverse iniziative in corso, come Rebound-NYC, una serie di mostre a cura di EcoArt Project in New York; in-festa, una mostra collettiva a cura di Co-Atto attualmente in corso in 18 vetrine del passante ferroviario di Porta Garibaldi a Milano, e l’installazione di opere di Marina Abramovic nelle vetrine di Via della Spiga 31 a cura della Galleria Lia Rumma.

Il momento trasformativo dell’arte che prende il sopravvento in spazi commerciali intende mostrare alla gente il potere che l’arte può avere su un panorama urbano. La project manager Nicole Saikalis pensa che “Questo è un modo fantastico di attivare e rivendicare spazi liberi o il ‘vuoto’”, pur notando che “Naturalmente, la situazione ideale sarebbe quella di avere tutti i negozi locati, ma questa è una magnifica alternativa”.

Con Art Takes Over ed al contrario di altri progetti, Saikalis realizza e migliora una stretta collaborazione direttamente tra i proprietari e importanti gallerie d’arte milanesi con il fine di rendere l’arte più accessibile alla gente: “Non tutti visitano gli spazi delle grandi gallerie d’arte, ma tutti passeggiano per la strada”, dice.

Per questa edizione, in collaborazione con due gallerie molto note – Galleria Raffaella Cortese e Galleria Francesca e Massimo Minini – sono stati selezionati due grandissimi artisti contemporanei: l’italiana Monica Bonvicini (Venezia, 1965) e l’israeliano Ariel Schlesinger (Gerusalemme, 1980). Seppure in modo diverso, sono entrambi legati all’attuale situazione globale ed all’argomento della trasformazione.

Monica Bonvicini, in particolare, ha dedicato parte del suo lavoro al tema dei disastri naturali. Qui, presenta un disegno su di una catastrofe naturale che è conseguenza delle attività dell’uomo come il riscaldamento globale, From East to West (Bellemont) (2020). Lo spazio è poi inondato di luce con Bent in Shape (2017), una scultura dove l’artista utilizza la luce per la sua forte capacità di definire gli spazi, sebbene la luce sia di per sé immateriale. Altri importanti temi dalla sua ricerca come il linguaggio scritto, il genere, la sessualità ed il potere sono ancora sviluppati in opere come Satisfy Me (2017), Belts Ball (2015) e Come on Cowboy (2020).

Le sue opere contribuiranno a portare un forte messaggio in una strada che è stata pesantemente colpita dalla pandemia.

Le variazioni di Ariel Schlesinger sulla distruzione e l’abbandono sono esaminate con un occhio positivo e mutate in costruzioni e creazioni. La sua ricerca si concentra oggi sul come rendere positivi degli avvenimenti negativi, trasformando prodotti di uso quotidiano in oggetti rari e surreali. Grandi tappeti orientali e tele (qui, due opere Senza titolo, 2015 e 2016) sono arrotolati e bruciati sopra un fuoco per essere poi srotolati nella galleria come “pitture” misteriose ed ipnotiche. Le opere di Ariel suggeriscono diversi contesti e situazioni, ivi comprese le tensioni della sua terra natia, ma non vi si soffermano mai in modo esclusivo. Con la rottura di specchi delle tre sculture Nice to meet you (2019) Ariel mostra la sua abilità di vedere il potenziale creativo in oggetti ordinari ed una volontà senza precedenti di attingere al mondo della scultura senza mai perdere di vista lo straordinario effetto della sorpresa.

Art Takes Over offre un messaggio di dinamismo e di speranza in un momento in cui noi tutti attendiamo al più presto una “nuova normalità” nella vita di tutti i giorni. Secondo Saikalis “E’ una magnifica iniziativa che potrà incoraggiare altri proprietari ad installare a loro volta arte nei loro spazi vuoti e così contribuire alla rinascita di un’intera via e del quartiere!”. Questo progetto avrà benefici ancora maggiori per la Via attraverso il dialogo che si è venuto a creare tra le opere di Bonvicini e Schlesinger e quelle di Abramovic nelle vetrine al n. 31 poste esattamente di fronte a quelle del n. 48.

In questo difficile periodo, le installazioni offrono alla gente un modo sicuro di godersi una mostra d’arte guardando attraverso le vetrine dei negozi. Camminando lungo la via sul vecchio pavé, specialmente alla sera quando è vuota, il passante gode di un assaggio di quell’atmosfera che, nel corso degli anni, hanno respirato artisti, poeti, bottegai e rivoluzionari.

Monica Bonvicini (Venezia, 1965) vive e lavora a Berlino dalla seconda metà degli anni Ottanta. La sua pratica eclettica ma rigorosa – che indaga il rapporto tra architettura, potere, genere e sessualità, spazio, sorveglianza e controllo – si traduce in opere che mettono in discussione il significato del fare arte, l’ambiguità del linguaggio, i limiti e le possibilità legati all’ideale di libertà. L’arte di Bonvicini è diretta e piena di riferimenti storici e socio-politici; non si astiene mai dallo stabilire una connessione critica con i luoghi in cui è esposta, i materiali che la compongono e i ruoli di spettatore e creatore. Questo approccio, si è evoluto formalmente nel corso degli anni senza tuttavia tradire la forza analitica che lo caratterizza, o cessare di mettere alla prova le posizioni dello spettatore, prendendo a colpi le convenzioni socio-culturali. Bonvicini ha ricevuto diversi premi, tra cui il Leone d’Oro alla Biennale di Venezia (1999) e il Premio ACACIA alla Carriera, Milano (2019). I suoi lavori sono stati presentati in molte biennali di spicco, tra cui Berlino (1998, 2003, 2014); Istanbul (2003, 2017); Gwangju (2006) e Venezia (1999, 2001, 2005, 2011, 2015). Fra le sue recenti personali si possono ricordare: Kunsthalle Bielefeld, Bielefeld (2020); OGR, Torino (2019); Belvedere 21, Vienna (2019); Berlinische Galerie, Berlino (2017).

Ariel Schlesinger (Gerusalemme, 1980) vive e lavora a Berlino. Ha studiato dal 1999 al 2003 presso l’Accademia d’Arte e Design Bezalel a Gerusalemme, alla School of Visual Arts di New York e infine alla Columbia University. La sua pratica trasforma i prodotti di consumo quotidiano in oggetti rari e surreali. Con la “trasformazione” e il “danneggiamento” degli accessori domestici, Schlesinger crea un mondo di immagini poetiche. Oggetti o situazioni ordinarie vengono alterate dall’aggiunta di un materiale o una circostanza inaspettata, creando piccole rotture nel tessuto della nostra realtà quotidiana. Accanto a molte mostre collettive, Schlesinger ha tenuto importanti mostre personali. Tra quelle recenti: Compton Verney, Warwickshire (2019); Sala de Arte Publico Siqueiros, Mexico City (2017); The Center for Contemporary Art, Tel Aviv (2014); Kunsthaus Baselland, Muttenz / Basel (2014). Nel 2017, Schlesinger ha vinto un concorso internazionale per progettare un’opera pubblica su larga scala per il Museo Ebraico di Francoforte, recentemente rinnovato. Ha realizzato una scultura alta 11 metri composta da due alberi i cui rami sono collegati in modo tale che le radici di un albero puntino verso il cielo, mentre l’altro è saldamente radicato nel terreno. L’installazione permanente è stata inaugurata nel 2019.

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI