TufanoResidency. L’inutilità dell’utile
Dal 29 Maggio 2014 al 31 Dicembre 2014
Milano
Luogo: Ass. Cult. STUDIOVENTICINQUE
Indirizzo: via Col di Lana 14
Telefono per informazioni: +39 380 4272384 / 327 9891518
E-Mail info: tufanostudio@gmail.com
Sito ufficiale: http://tufanostudio.blogspot.it
A distanza di venticinque anni dal “rogo” delle sue opere, Tufano torna a costruire.
Era il 1989 quando l’artista ha bruciato tutto il suo lavoro precedente, motivato da ragioni di carattere ideologico, politico e culturale e, nell’anno seguente, in occasione di Milano Poesia 1990, ha presentato l’Inceneritore di Tufano, ossia un camion per la raccolta dei rifiuti urbani, messo a disposizione dall’AMSA, nel quale Tufano ha invitato altri artisti a bruciare le loro stesse opere. Fin da questa prima fase della sua ricerca artistica il fuoco e l’azione del bruciare assumono un ruolo centrale: la distruzione non è intesa come nichilista rifiuto del reale, ma come predisposizione alla creazione, richiamando l’idea cabalistica dello tzium tzum, ossia della parziale abdicazione divina nella creazione, come ha scritto Roberto Borghi1 nelle parole dedicate all’artista.
Questa azione-distruzione dà il via a STUDIOVENTICINQUE: nel 1991 l’artista ha aperto uno spazio a Milano, sua città di adozione, prima in via Vigevano e poi in viale Col di Lana, con l’intento di creare un luogo di scambio, un crocevia di artisti, critici e curiosi d’arte.
“Lo STUDIOVENTICINQUE non è una galleria, ma lo studio-abitazione di un artista, Tufano. È un luogo anomalo rispetto a quelli che compiono un’attività espositiva all’interno del sistema dell’arte in quanto non possiede alcuna velleità galleristica, ma solo l’intenzione di proseguire un lavoro”2.
Le parole di Borghi restituiscono bene il “non essere” di STUDIOVENTICIQUE e la connessione diretta con l’Inceneritore Tufano. Qui ha inizio Gli arti naturali di Tufano, un progetto in otto preludi nel quale l’azione del bruciare, compiuta da quattro artisti, equivale alla mitologica azione del “fare e disfare” nell'arco di una giornata. La presenza di Tufano è mediata attraverso il corpo di una modella nuda che si aggira nello spazio indossando una maschera, ottenuta dal calco del volto di Tufano stesso. L’attività di STUDIOVENTICIQUE continua con la Discussione, intrapresa dall’artista con Klaman, Kiefer e Shefferski, poi riversata nel ciclo denominato Il mio contributo all’evoluzione della specie, una serie di mostre nate dall’iniziativa di critici e curatori invitati dall’artista. L’avvicendarsi di mostre, incontri, iniziative han fatto sì che lo STUDIOVENTICIQUE diventasse un laboratorio creativo, luogo di sperimentazioni e di scambio. Qui, Tufano, oltre a vivere, ha assistito a quel che accadeva, come spettatore e non come promotore: questo osservare è equivalso al diniego all’autorialità intesa come “creazione individuale”, che, in questa seconda fase creativa, è stata delegata ad altri. Tufano “crea lasciando creare”.
Il punto a cui questo percorso ha condotto è una nuova opera: TufanoResidency. L’inutilità dell’utile. Un capanno, ispirato al dammuso, tipica architettura di Pantelleria, realizzato con sacchi della spazzatura e materiali riciclati. La struttura, mobile e attraversabile, si impone nello spazio occupandone una buona parte, interrompendo, forse solo apparentemente, il “pigro” – per citare l’azzeccata aggettivazione scelta da Gabi Scardi3 - modus operandi dell’artista. Dopo la lunga osservazione dello spazio, ora Tufano agisce su di esso, costruendo, e la scelta dei materiali di scarto, ossia di ciò che la collettività considera consumato e inutile, conduce a una riflessione sulla contemporaneità. Fra le suggestioni teoriche che coinvolgono l’artista, infatti, compare il saggio di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile4, dal quale Tufano parafrasa il titolo dell’opera. Qui lo studioso mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per inaridire lo spirito, mettendo in pericolo i valori fondamentali del vivere, fra cui l’arte e la creatività. Così Tufano, sottoscrivendo la separazione fra il concetto di utilità e di profitto, rilegge queste riflessioni, convertendo simbolicamente l’inutilità dei rifiuti in un’utilità costruttiva.
Le “pareti” del capanno, inoltre, ospitano le testimonianze, rigorosamente fotocopiate, del percorso che ha condotto a questo risultato: dalle immagini di Milano Poesia 1990 negli spazi dell’Ansaldo alle tracce della performance avvenuta alla Fondazione Mudima nel 1996, fino a disegni progettuali dell’architettura.
Con TufanoResidency. L’inutilità dell’utile si inaugura una nuova fase creativa di Tufano, il quale trasforma lo STUDIOVENTICIQUE in una matrioska creativa, moltiplicando la potenzialità spaziale del luogo e, di conseguenza, delle idee.
3 G. Scardi, Elogio del non fare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, cit., pp. 14-18. 4 N. Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, Milano 2013. Come è avvenuto negli anni precedenti, l’artista si propone come ospite dello spazio, accogliendo altri artisti e le loro opere e arricchisce questa accoglienza con il proprio contributo, attraverso la condivisione. Tufano avvia un dialogo con i suoi ospiti, rinnovando la propria modalità operativa: la sua “pigrizia creativa” permane, non solo come “non fare” o “lasciar fare agli altri”, ma come “potenzialità del fare insieme”.
Anche in questa nuova fase sperimentale l’artista ribadisce la propria idea di artisticità, in bilico fra la romantica aspirazione all’opera d’arte totale e la negazione di qualsivoglia definizione, a favore di un’artisticità fluida e in continuo divenire.
Questo terzo momento creativo non si conclude con la realizzazione di questo “luogo nel luogo”, ma, a livello simbolico, si propone come “luogo potenziale”: Tufano intende avviare un programma di residenza per giovani scultori nella propria casa a Pantelleria. Qui, gli artisti saranno invitati a realizzare sculture con la famosa pietra Pantelerite, unica al mondo e presente solo nell’isola siciliana. Le premesse e il percorso che hanno condotto a questa fase lasciano immaginare che non si possa trattare di una iniziativa riconducibile alla moda degli “artists in residence”, ora imperante; ma a una sperimentazione collettiva, di sapore Fluxus, riferimento costante nella ricerca di Tufano.
Il progetto dell’artista, ancora in nuce, richiede un impegno, anche questa volta collettivo, necessariamente vincolato da condizioni diverse rispetto alla logica del “non profit” e dello “zero budget” che ha guidato lo STUDIOVENTICINQUE in questi anni; ma non è estranea a un certo fascino: pur con le dovute differenze, in fondo anche George Maciunas tentò di vivere in un’isola e di farla diventare il quartier generale di Fluxus.
In quel caso erano le Virgin Islands...
Era il 1989 quando l’artista ha bruciato tutto il suo lavoro precedente, motivato da ragioni di carattere ideologico, politico e culturale e, nell’anno seguente, in occasione di Milano Poesia 1990, ha presentato l’Inceneritore di Tufano, ossia un camion per la raccolta dei rifiuti urbani, messo a disposizione dall’AMSA, nel quale Tufano ha invitato altri artisti a bruciare le loro stesse opere. Fin da questa prima fase della sua ricerca artistica il fuoco e l’azione del bruciare assumono un ruolo centrale: la distruzione non è intesa come nichilista rifiuto del reale, ma come predisposizione alla creazione, richiamando l’idea cabalistica dello tzium tzum, ossia della parziale abdicazione divina nella creazione, come ha scritto Roberto Borghi1 nelle parole dedicate all’artista.
Questa azione-distruzione dà il via a STUDIOVENTICINQUE: nel 1991 l’artista ha aperto uno spazio a Milano, sua città di adozione, prima in via Vigevano e poi in viale Col di Lana, con l’intento di creare un luogo di scambio, un crocevia di artisti, critici e curiosi d’arte.
“Lo STUDIOVENTICINQUE non è una galleria, ma lo studio-abitazione di un artista, Tufano. È un luogo anomalo rispetto a quelli che compiono un’attività espositiva all’interno del sistema dell’arte in quanto non possiede alcuna velleità galleristica, ma solo l’intenzione di proseguire un lavoro”2.
Le parole di Borghi restituiscono bene il “non essere” di STUDIOVENTICIQUE e la connessione diretta con l’Inceneritore Tufano. Qui ha inizio Gli arti naturali di Tufano, un progetto in otto preludi nel quale l’azione del bruciare, compiuta da quattro artisti, equivale alla mitologica azione del “fare e disfare” nell'arco di una giornata. La presenza di Tufano è mediata attraverso il corpo di una modella nuda che si aggira nello spazio indossando una maschera, ottenuta dal calco del volto di Tufano stesso. L’attività di STUDIOVENTICIQUE continua con la Discussione, intrapresa dall’artista con Klaman, Kiefer e Shefferski, poi riversata nel ciclo denominato Il mio contributo all’evoluzione della specie, una serie di mostre nate dall’iniziativa di critici e curatori invitati dall’artista. L’avvicendarsi di mostre, incontri, iniziative han fatto sì che lo STUDIOVENTICIQUE diventasse un laboratorio creativo, luogo di sperimentazioni e di scambio. Qui, Tufano, oltre a vivere, ha assistito a quel che accadeva, come spettatore e non come promotore: questo osservare è equivalso al diniego all’autorialità intesa come “creazione individuale”, che, in questa seconda fase creativa, è stata delegata ad altri. Tufano “crea lasciando creare”.
Il punto a cui questo percorso ha condotto è una nuova opera: TufanoResidency. L’inutilità dell’utile. Un capanno, ispirato al dammuso, tipica architettura di Pantelleria, realizzato con sacchi della spazzatura e materiali riciclati. La struttura, mobile e attraversabile, si impone nello spazio occupandone una buona parte, interrompendo, forse solo apparentemente, il “pigro” – per citare l’azzeccata aggettivazione scelta da Gabi Scardi3 - modus operandi dell’artista. Dopo la lunga osservazione dello spazio, ora Tufano agisce su di esso, costruendo, e la scelta dei materiali di scarto, ossia di ciò che la collettività considera consumato e inutile, conduce a una riflessione sulla contemporaneità. Fra le suggestioni teoriche che coinvolgono l’artista, infatti, compare il saggio di Nuccio Ordine, L’utilità dell’inutile4, dal quale Tufano parafrasa il titolo dell’opera. Qui lo studioso mostra come l’ossessione del possesso e il culto dell’utilità finiscano per inaridire lo spirito, mettendo in pericolo i valori fondamentali del vivere, fra cui l’arte e la creatività. Così Tufano, sottoscrivendo la separazione fra il concetto di utilità e di profitto, rilegge queste riflessioni, convertendo simbolicamente l’inutilità dei rifiuti in un’utilità costruttiva.
Le “pareti” del capanno, inoltre, ospitano le testimonianze, rigorosamente fotocopiate, del percorso che ha condotto a questo risultato: dalle immagini di Milano Poesia 1990 negli spazi dell’Ansaldo alle tracce della performance avvenuta alla Fondazione Mudima nel 1996, fino a disegni progettuali dell’architettura.
Con TufanoResidency. L’inutilità dell’utile si inaugura una nuova fase creativa di Tufano, il quale trasforma lo STUDIOVENTICIQUE in una matrioska creativa, moltiplicando la potenzialità spaziale del luogo e, di conseguenza, delle idee.
3 G. Scardi, Elogio del non fare, in Tufanostudioventicinque. Creare lasciando creare, cit., pp. 14-18. 4 N. Ordine, L’utilità dell’inutile. Manifesto, Bompiani, Milano 2013. Come è avvenuto negli anni precedenti, l’artista si propone come ospite dello spazio, accogliendo altri artisti e le loro opere e arricchisce questa accoglienza con il proprio contributo, attraverso la condivisione. Tufano avvia un dialogo con i suoi ospiti, rinnovando la propria modalità operativa: la sua “pigrizia creativa” permane, non solo come “non fare” o “lasciar fare agli altri”, ma come “potenzialità del fare insieme”.
Anche in questa nuova fase sperimentale l’artista ribadisce la propria idea di artisticità, in bilico fra la romantica aspirazione all’opera d’arte totale e la negazione di qualsivoglia definizione, a favore di un’artisticità fluida e in continuo divenire.
Questo terzo momento creativo non si conclude con la realizzazione di questo “luogo nel luogo”, ma, a livello simbolico, si propone come “luogo potenziale”: Tufano intende avviare un programma di residenza per giovani scultori nella propria casa a Pantelleria. Qui, gli artisti saranno invitati a realizzare sculture con la famosa pietra Pantelerite, unica al mondo e presente solo nell’isola siciliana. Le premesse e il percorso che hanno condotto a questa fase lasciano immaginare che non si possa trattare di una iniziativa riconducibile alla moda degli “artists in residence”, ora imperante; ma a una sperimentazione collettiva, di sapore Fluxus, riferimento costante nella ricerca di Tufano.
Il progetto dell’artista, ancora in nuce, richiede un impegno, anche questa volta collettivo, necessariamente vincolato da condizioni diverse rispetto alla logica del “non profit” e dello “zero budget” che ha guidato lo STUDIOVENTICINQUE in questi anni; ma non è estranea a un certo fascino: pur con le dovute differenze, in fondo anche George Maciunas tentò di vivere in un’isola e di farla diventare il quartier generale di Fluxus.
In quel caso erano le Virgin Islands...
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