Zaven Karapetyan. Retrospettiva
Dal 09 Dicembre 2015 al 22 Dicembre 2015
Milano
Luogo: Galleria d’Arte Contemporanea Statuto13
Indirizzo: via Statuto 13
Orari: dal martedì al sabato 11-19
Curatori: Massimiliano Bisazza
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 02 62695137
E-Mail info: info@statuto13.it
Sito ufficiale: http://www.statuto13.it/
Il lungo percorso artistico dell'artista armeno Zaven Karapetyan è presentato per la prima volta a Milano con una retrospettiva personale, in Brera, nel cuore artistico e pulsante della città milanese.
Un sentiero che ha sicuramente una matrice comune, quella di una profonda spiritualità. Nelle sue icone possiamo chiaramente intravedere una vocazione verso ciò che è definibile “l'Assoluto”, ed è intenso e commovente al contempo. Le sue miniature – di cui qualche esempio è visibile proprio nella sua retrospettiva -, i disegni e la pittura dell'inizio del suo percorso artistico trasmettono una precisione segnica e di colore con una chiara e squisita matrice stilistica medioevale, bizantina.
L'artista converge nel pensiero filosofico che vede il bene e il male come due aspetti conviventi e indissolubili tra loro; solo l' “Infinito”, l'unione con il “Tutto” o l' ”Uno” può lasciar prevalere ciò che di buono è connaturato in ogni essere umano.
In bilico tra una figurazione iniziale e un informale ricco di profonda gestualità e sensibilità, Zaven Karapetyan è posto sul limitare di un'astrazione dove gli intensi legami alla forma figurativa scompaiono nel corso degli ultimi anni, dando più ampio respiro al “gesto” che nasce da una riflessione che l'artista ha con il suo “Io” più profondo.
Non posso fare a meno di constatare un intenso studio e amore dei grandi maestri del '900 ( osservando le opere di Zaven Karapetyan vedo una sana influenza di Marc Chagall e Henri Matisse) e avverto quanto le origini armene e russe siano insite nel DNA dell'artista stesso e possano guidarlo anche inconsciamente verso una magia e un mistero che sono tipici di quella “classicità” russa.
A mio avviso non è presente alcuna indagine volta al romanticismo ma percepisco potenti simbolismi che narrano dell' uomo in quanto tale, varcando e superando nettamente la soglia del concetto di “Territorio” fine a se stesso: per Zaven Karapetyan conta l'umanità più che l'idea di un singolo Paese, anche se si parla del proprio.
Osservando le opere in ordine cronologico e giungendo così fino all'ultimissima produzione artistica; posso affermare che l'opera trascende il razionale, è il risultato di una profonda esperienza di vita e di grandi sofferenze attraverso le quali, Zaven artista, come ognuno di noi, ha suo malgrado dovuto confrontarsi.
Questa radice espressionistica mi giunge diretta al petto, alla retina, al cervello; trasalgo di fronte a tanto pathos e alla capacità del pittore di saperlo trasmettere con l'ausilio del pennello e di una spatola intrisi di puro colore e di pura anima.
L'equazione di Zaven artista è chiara, Arte = sofferenza. Chi non ha patito non riesce a comprendere né a fare arte con quell'enfasi necessaria perché possa giungere diretta e vivificante direttamente agli occhi di chi la osserva. Il fruitore che scruta le opere di Zaven Karapetyan deve porsi necessariamente davanti ai suoi dipinti, scevro da ogni pre-condizionamento mentale o culturale e deve lasciar liberamente entrare la più autentica delle sensazioni nel cuore e nell'anima.
Le opere di Zaven Karapetyan non sono mai inclini al “vero naturalistico”, bensì sono gravide di quella lirica introspettiva nella quale l'energica poetica vitale sa predominare addirittura sui supporti, con l'ausilio di quella matericità figlia dei pigmenti scelti con cura.
Invero l'equilibrio compositivo e dei colori è sapientemente armonizzato, da quell'artista maturo, elegante e fecondo che è Zaven Karapetyan.
Non per ultimo desidero rimarcare quanto il concetto di “libertà” sia unito all'essenza stessa di questo artista. Libero è colui che sa amare, lontano dai condizionamenti esterni. E' nella sua pittura che si evince tutto questo mondo magistrale, dove la luce permette la visibilità ivi contenuta e la tela è “il” luogo di creazione e di fecondazione di un progetto artistico che è nobile, intimo e aulico.
“Ciò che perseguo sopra ogni cosa è l'espressione...L'espressione per me, non risiede nella passione che apparirà improvvisa su un volto o che si affermerà con un movimento violento. E' tutta la disposizione del mio quadro: il posto che occupano o corpi, i vuoti che sono intorno ad essi. Le proporzioni, tutto ciò ha la sua importanza.
La composizione è l'arte di sistemare (…) i diversi elementi di cui la pittura dispone per esprimere i propri sentimenti...Un'opera comporta un'armonia d'insieme; qualsiasi particolare superfluo prenderebbe, nello spirito dello spettatore, il posto di un particolare essenziale. La composizione, che deve puntare all'espressione si modifica con la superficie da coprire”. (Henri Matisse)
Un sentiero che ha sicuramente una matrice comune, quella di una profonda spiritualità. Nelle sue icone possiamo chiaramente intravedere una vocazione verso ciò che è definibile “l'Assoluto”, ed è intenso e commovente al contempo. Le sue miniature – di cui qualche esempio è visibile proprio nella sua retrospettiva -, i disegni e la pittura dell'inizio del suo percorso artistico trasmettono una precisione segnica e di colore con una chiara e squisita matrice stilistica medioevale, bizantina.
L'artista converge nel pensiero filosofico che vede il bene e il male come due aspetti conviventi e indissolubili tra loro; solo l' “Infinito”, l'unione con il “Tutto” o l' ”Uno” può lasciar prevalere ciò che di buono è connaturato in ogni essere umano.
In bilico tra una figurazione iniziale e un informale ricco di profonda gestualità e sensibilità, Zaven Karapetyan è posto sul limitare di un'astrazione dove gli intensi legami alla forma figurativa scompaiono nel corso degli ultimi anni, dando più ampio respiro al “gesto” che nasce da una riflessione che l'artista ha con il suo “Io” più profondo.
Non posso fare a meno di constatare un intenso studio e amore dei grandi maestri del '900 ( osservando le opere di Zaven Karapetyan vedo una sana influenza di Marc Chagall e Henri Matisse) e avverto quanto le origini armene e russe siano insite nel DNA dell'artista stesso e possano guidarlo anche inconsciamente verso una magia e un mistero che sono tipici di quella “classicità” russa.
A mio avviso non è presente alcuna indagine volta al romanticismo ma percepisco potenti simbolismi che narrano dell' uomo in quanto tale, varcando e superando nettamente la soglia del concetto di “Territorio” fine a se stesso: per Zaven Karapetyan conta l'umanità più che l'idea di un singolo Paese, anche se si parla del proprio.
Osservando le opere in ordine cronologico e giungendo così fino all'ultimissima produzione artistica; posso affermare che l'opera trascende il razionale, è il risultato di una profonda esperienza di vita e di grandi sofferenze attraverso le quali, Zaven artista, come ognuno di noi, ha suo malgrado dovuto confrontarsi.
Questa radice espressionistica mi giunge diretta al petto, alla retina, al cervello; trasalgo di fronte a tanto pathos e alla capacità del pittore di saperlo trasmettere con l'ausilio del pennello e di una spatola intrisi di puro colore e di pura anima.
L'equazione di Zaven artista è chiara, Arte = sofferenza. Chi non ha patito non riesce a comprendere né a fare arte con quell'enfasi necessaria perché possa giungere diretta e vivificante direttamente agli occhi di chi la osserva. Il fruitore che scruta le opere di Zaven Karapetyan deve porsi necessariamente davanti ai suoi dipinti, scevro da ogni pre-condizionamento mentale o culturale e deve lasciar liberamente entrare la più autentica delle sensazioni nel cuore e nell'anima.
Le opere di Zaven Karapetyan non sono mai inclini al “vero naturalistico”, bensì sono gravide di quella lirica introspettiva nella quale l'energica poetica vitale sa predominare addirittura sui supporti, con l'ausilio di quella matericità figlia dei pigmenti scelti con cura.
Invero l'equilibrio compositivo e dei colori è sapientemente armonizzato, da quell'artista maturo, elegante e fecondo che è Zaven Karapetyan.
Non per ultimo desidero rimarcare quanto il concetto di “libertà” sia unito all'essenza stessa di questo artista. Libero è colui che sa amare, lontano dai condizionamenti esterni. E' nella sua pittura che si evince tutto questo mondo magistrale, dove la luce permette la visibilità ivi contenuta e la tela è “il” luogo di creazione e di fecondazione di un progetto artistico che è nobile, intimo e aulico.
“Ciò che perseguo sopra ogni cosa è l'espressione...L'espressione per me, non risiede nella passione che apparirà improvvisa su un volto o che si affermerà con un movimento violento. E' tutta la disposizione del mio quadro: il posto che occupano o corpi, i vuoti che sono intorno ad essi. Le proporzioni, tutto ciò ha la sua importanza.
La composizione è l'arte di sistemare (…) i diversi elementi di cui la pittura dispone per esprimere i propri sentimenti...Un'opera comporta un'armonia d'insieme; qualsiasi particolare superfluo prenderebbe, nello spirito dello spettatore, il posto di un particolare essenziale. La composizione, che deve puntare all'espressione si modifica con la superficie da coprire”. (Henri Matisse)
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