Antonio Ievolella. Fons vitae
Dal 10 Ottobre 2020 al 30 Aprile 2021
Capri | Napoli
Luogo: Certosa di San Giacomo
Indirizzo: Via Certosa
Orari: gennaio-marzo 10.00-14.00 (ultimo ingresso ore 13.30), aprile 10.00-16.00 (ultimo ingresso ore 15.30), dal lunedì al venerdì, esclusi i weekend e i giorni festivi. Gli orari e i giorni di apertura possono subire variazioni, si consiglia di consultare il sito in continuo aggiornamento
Curatori: Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio
Enti promotori:
- MiBACT - Direzione Regionale Musei Campania
- Ufficio Servizi Educativi - Certosa di San Giacomo a Capri
Prolungata: fino al 30 aprile 2021
Costo del biglietto: intero € 6,00; ridotto 18-25 anni € 4,00. Con il biglietto si visita la Certosa di San Giacomo. I biglietti si acquistano online su www.coopculture.it o presso la biglietteria della Certosa
Telefono per informazioni: +39 081 8376218
E-Mail info: drm-cam.sangiacomocapri@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.polomusealecampania.beniculturali.it
La mostra è realizzata in collaborazione con la Direzione regionale Musei Campania e con l’Ufficio Servizi Educativi della Certosa di San Giacomo a Capri,ed è a cura di Virginia Baradel, Valerio Dehò, Andrea Del Guercio.
L’allestimento ha come motivo ispiratore l’acqua e così i 30 otri di terracotta su strutture di ferro in sospensione sono dei veri e propri vasi - grembi che costituiscono la forma plastica scelta dall’Artista quale motivo ricorrente delle installazioni. L’otre diventa un dispositivo simbolico che allude all’uomo e alla sua unicità e, in particolare, al monaco nel suo silenzioso e volontario isolamento, pur all’interno di una dimensione collettiva. E se, secondo Alberto Savinio, “Capri è uno dei punti magnetici dell’universo”, certamente quest’isola è la cornice perfetta per la mostra di Antonio Ievolella.
“Fons Vitae è un'installazione complessa, ricca di significati. È costruita come una specie di corteo che procede di otre in otre penetrando negli spazi assorti, luminosi e sacri della Certosa di Capri. Rappresenta un culmine nell'opera di Antonio Ievolella che conduce con essa la sua arte verso una felice sintesi tra la solidità della forma plastica e l'intima trascendenza della forma simbolica. Anfore di terracotta, avvolte di segni, e canne di ferro che le tengono sollevate; corpi che conoscono la gravità e impalcati lineari che formano un ponte per tenerle sospese e farle avanzare nel solenne silenzio dei chiostri”, così Virginia Baradel, curatrice della mostra, descrive il progetto.
Il tema dell’acqua è centrale nel lavoro dello scultore Antonio levolella. Ad essa ha dedicato opere monumentali assai importanti: due ghirbe giganti in ferro e rame di oltre 13 metri di altezza, sono state acquisite dall’Università di Padova e collocate nella piazza della Cittadella dello studente. La ghirba - l’otre, la borraccia - come contenitore per portare con sé l’acqua non è estranea, oltretutto, alla figura del pellegrino così importante nella vicenda e nell’iconografia di San Giacomo.
La vocazione metaforica dell’arte contemporanea, che in forma originale e sintetica riesce a esprimere una pluralità di significati lasciando, tuttavia, piena libertà di immaginazione al riguardante, appare quanto mai indicata per avvicinarsi alla ricchezza di contenuti evocati nella Certosa di San Giacomo.
levolella ha interiorizzato la pluralità di voci, la stratificazione di segni che si sono palesati nell’incontro con gli spazi monumentali della Certosa. Ne ha meditato l’unicità e la ricchezza, ha ascoltato gli echi e le peculiarità di quel luogo carico di storia, e ha individuato due fuochi che possono rendere conto della straordinaria polisemia che si percepisce nella limpida monumentalità delle architetture: l’acqua e il numero. L’Artista forgia una versione elementare dell’otre, una forma essenziale, pulita, vergine, che diventa potenziale testo dove saranno degli interventi materici e cromatici a guidare percorsi di senso, emozioni visive, brusii di storie sovrapposte. La loro combinazione rappresenterà i numeri, i momenti, la relazione tra l’isolamento e la partecipazione, la solitudine silenziosa e assorta e il lavoro, l’operosità solerte e anche curativa nelle coltivazioni dell’orto dei semplici.
Dunque al tema portante dell’acqua si associa quello dei numeri: 7; 12 più uno; e la moltitudine di soggetti che nel corso dei secoli ha abitato o attraversato quei venerabili spazi; le innumerevoli e multiformi presenze che si sono succedute nei secoli alterandone la struttura e la funzione.
“Il visibile e l’invisibile sono uniti dal segreto dei numeri che li abitano. […] Antonio Ievolella ha saputo cogliere in questo progetto due aspetti di forte spiritualità e di immenso valore simbolico. Le sette otri bianche della Cappella di San Bruno stanno per gli altrettanti monaci che seguirono il Santo a Roma allorché riuscirono ad ottenere il riconoscimento dell’ordine certosino. […] E il 7 è il numero sacro per eccellenza perché mette insieme il 3 della trinità con il 4 che simboleggia la completezza. […] Questa fortissima componente simbolica Ievolella l’ha realizzata anche con il numero 12. Nel chiostro piccolo 12 otri ricordano i corrispondenti padri che abitavano la Certosa di Capri a cui si aggiunge la tredicesima che sta invece per il Priore. […] Del resto, scomponendo il 12 abbiamo 1+2 che fa esattamente 3. Per questo è un numero simbolo di unità e completezza.” (Valerio Dehò).
Come afferma Andrea Del Guercio, l'installazione delle grandi anfore in terracotta nel Chiostro nella Certosa di San Giacomo e nella Cappella dedicata a San Bruno, non appare solo una conferma di un rigoroso percorso espositivo ma anche “il raggiungimento di nuovo risultato espressivo costruito sulla contaminazione e il reciproco arricchimento tra la cultura del lavoro e la percezione della storia, tra gli strumenti e i materiali antichi e l'eredità spirituale del luogo […]”.
Cappella di San Bruno - L’installazione consta di 7 otri in terracotta nelle quali domina il bianco in relazione al colore dell’abito certosino e al numero dei compagni che seguono San Bruno nella Curia pontificia, luogo in cui il papa Urbano Il concede il breve apostolico, il primo documento pontificio che riconosce la fondazione dell’Ordine certosino.
Chiostro piccolo - L’installazione consta di 12 otri, in relazione al numero dei Padri che abitavano nella Certosa di Capri, disposte nella galilea del chiostro a pianta quadrata, ove l’importanza dell’acqua è ben visibile per la presenza di un pozzo e dei canali di scorrimento, elementi fondamentali per la raccolta dell’acqua piovana che dai tetti viene condotta fino alla cisterna del chiostro grande.La tredicesima otre, in riferimento alla figura del Priore, guida spirituale della comunità certosina, sarà collocata sul tetto della Sala del Capitolo, luogo in cui ci si riunisce per la discussione dei problemi più importanti e dove, con votazione segreta, si elegge il Priore.
Chiostro grande - Nel riquadro rettangolare accanto al finto pozzo, che un tempo ospitava il cimitero dei Padri, saranno collocate decine di occhi in ceramica dipinta, nell’atto di guardare verso il cielo, metafora del Sole che trionfa sulle tenebre. L’acqua e la luce alla fine si collegano, dunque, al trionfo della vita sulla morte.Il tema della luce nella Certosa di San Giacomo è fonte della nitida visibilità, della plastica evidenza degli elementi architettonici, delle volte di apertura, dei pilastri e delle arcate dei chiostri. A tale diurna luminosità fa da contrappunto la luminescenza fonda, nascosta dentro alla materia, dentro all’acqua tempestosa. Pure nell’interno “uterino” degli otri si cela l’acqua che non si vede, che non ha luce sin tanto che non si espone sgorgando dal grembo-contenitore. L’occhio che vede la luce è legato a doppio filo all’otre, è della stessa sua natura plastica, materica e cromatica.
Antonio Ievolella nasce a Benevento nel 1952. Dopo gli studi al liceo artistico della sua città, frequenta l’Accademia di Belle Arti a Napoli. Nella città partenopea segue da vicino gli appuntamenti della galleria di Lucio Amelio dove ha modo di conoscere i protagonisti delle principali tendenze artistiche internazionali. Nel 1976 si reca a Milano per insegnare al liceo artistico. È un periodo ricco di esperienze e di grandi amicizie, prima fra tutte quella col conterraneo Mimmo Paladino.
Due anni dopo si trasferisce al liceo artistico di Padova, città nella quale stabilisce residenza e studio. È del 1987 la prima personale alla galleria Studio La Città di Verona, da cui prende avvio un importante e durevole sodalizio con Hélène de Franchis che porterà le sue opere ad una visibilità internazionale. Nel 1988 partecipa alla mostra Undici artisti per Villa Domenica, curata da Virginia Baradel. In quello stesso anno Giovanni Carandente invita Ievolella alla XLIII Biennale di Venezia, dove lo scultore presenta Trittico nella sezione Scultori ai Giardini curata da Andrea del Guercio. Quest’ultimo organizza nello stesso anno una personale dell’artista beneventano alla galleria Oddi Baglioni a Roma.
L’anno seguente partecipa a Materialmente: scultori degli anni Ottanta alla Galleria Comunale d’Arte Moderna di Bologna. Gli anni Novanta sono un periodo d’intensa attività. Si aprono con la mostra Viaggi - Antonio Ievolella/Hidetoshi Nagasawa allo Studio La Città e si chiudono con l’imponente complesso del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò. Nel mezzo vi è l’antologica Il Grande Carro a Padova, articolata in sette sculture di grandi dimensioni installate lungo i principali snodi della città. Nell’occasione un elemento di Terre di magia viene donato al Parco Museo d’Arte Contemporanea dei Musei Civici agli Eremitani.
Lo stesso anno Edoardo Manzoni lo invita a partecipare all’esposizione Su Logu de s’Iscultura a Tortolì in Sardegna: l’opera Progetto di memoria manifesta un ulteriore sviluppo nei propositi monumentali del lavoro di Ievolella. Questo orientamento trova naturale prosecuzione nel Parco d’Arte Contemporanea della Fondazione Rossini, con cui lo scultore stabilisce un rapporto di partnership continuativo, realizzando nel 2005 la mostra Itinerari nel parco di Monza.
Il suggestivo complesso I guardiani della dormiente, grandiosa anticamera al regno dei morti, è inaugurato nel 2004, ma il progetto nasce alla metà degli anni Novanta, grazie al dialogo instaurato con l’architetto Claudio Aldegheri, responsabile dell’opera architettonica per il rinnovamento del cimitero di Rio di Ponte San Nicolò.
Nell’estate del 2006 si svolge la personale Materia Forma Luogo, promossa all’Assessorato alla Cultura del Comune di Napoli e curata da Tommaso Ferrillo a Castel dell’Ovo, scenografia ideale per le sculture di Ievolella. Del 2008 e 2009 sono le grandi fontane per una villa privata di Battaglia Terme e per la piazza di Voltabarozzo. La gestazione dell’imponente opera Ghirbe, presentata nell’estate 2014 nella chiesa dell’Incoronata a Napoli e riproposta a Padova nell’antologica dello stesso anno, ha richiesto un lungo periodo di ideazione e di lavoro ripagati dalla grandiosità plastica e simbolica dell’installazione.
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