Lo sguardo obliquo
Luciano Romano Scala#1939 © 2012, stampa gliclèe su carta fine art Hahnemülhe Baryta su alluminio, cm.100 x 80 ed. 1/10
Dal 16 Maggio 2012 al 16 Giugno 2012
Napoli
Luogo: Studio Trisorio
Indirizzo: via Riviera di Chiaia 215
Orari: lun-ven 10-13.30/ 16-19.30 ; sab 10-13.30
Telefono per informazioni: +39 081 414306
E-Mail info: info@studiotrisorio.com
Sito ufficiale: http://www.studiotrisorio.com
Mercoledì 16 maggio alle ore 19.00 allo Studio Trisorio, in via Riviera di Chiaia 215, si
inaugura la mostra di Luciano Romano Lo sguardo obliquo.
Le scale sono la perfetta metafora dell’azione umana: trasformare la natura e costruire il
mondo a propria immagine, sfuggire alle leggi di gravità, affermare il costante desiderio
di tendere all’assoluto e al trascendente partendo dalla pesantezza e dall’opacità della pietra
per mirare alla luminosità del cielo. Per quanto siano grandiose, articolate e imponenti, esse
conservano invariabilmente un rapporto intimo e diretto con il nostro corpo che le percorre, le
attraversa, le misura col proprio passo.
Le opere fotografiche di Luciano Romano si pongono su un’ideale linea di confine tra la realtà
visibile e l’immagine sedimentata nella memoria; le scale sono dunque il collegamento
indispensabile tra i diversi piani ma anche il tramite simbolico tra i diversi livelli della
coscienza; non descrivono spazi dall’identità definita, ma luoghi dello spirito, possibili zone di
passaggio tra la materia e l'anima rese evidenti dal conflittuale alternarsi di luce e ombra. La
fotografia è il linguaggio che meglio si adatta a questo processo di trasfigurazione, cattura lo
sguardo e lo destabilizza in un imprevedibile gioco combinatorio tra la lucida, geometrica
rappresentazione del mondo visibile e la ricorrente visione onirica.
Nei suoi fotogrammi gli elementi della realtà cedono il passo alle vertigini ossessive delle
immagini mentali rivelando forme che s’inseguono con andamento ipnotico, rampe che si
avvolgono verso un chiarore abbagliante o che sprofondano nel buio di una voragine senza
fondo. Spazi fisici che alludono inevitabilmente a stati d’animo.
LUCIANO ROMANO
Formatosi in ambito teatrale, riceve all’età di 25 anni il primo incarico dal Teatro di San Carlo
nella sua città, Napoli, frequentando in seguito il Teatro alla Scala ed altri palcoscenici
internazionali. Sensibile alla ricerca sui nuovi linguaggi della fotografia, ha ottenuto prestigiosi
riconoscimenti come il premio Atlante Italiano 003, conferitogli dal Ministero per i Beni
Culturali e dalla Triennale di Milano e la nomination al Prix BMW - Paris Photo nel 2007; nel
2010 è stato finalista del premio ACEA e nel 2012 del Premio Arte Laguna. Ha esposto alla X
Biennale Architettura di Venezia nel 2006 e all’Expo Universale di Shanghai nel 2010.
Sempre nel 2010 ha partecipato alla mostra Napoli O’Vero al Museo MADRE di Napoli e a
Cantiere d’Autore al MAXXI. Recentemente ha preso parte a progetti artistici al fianco di
artisti quali Robert Wilson, Shirin Neshat, Peter Greenaway. Sue opere sono inserite in
numerose raccolte pubbliche e private tra le quali la Robert Rauschenberg Estate di New
York, MeMus Museo del Teatro di San Carlo, e la collezione di fotografia del Museo MAXXI di
Roma.
inaugura la mostra di Luciano Romano Lo sguardo obliquo.
Le scale sono la perfetta metafora dell’azione umana: trasformare la natura e costruire il
mondo a propria immagine, sfuggire alle leggi di gravità, affermare il costante desiderio
di tendere all’assoluto e al trascendente partendo dalla pesantezza e dall’opacità della pietra
per mirare alla luminosità del cielo. Per quanto siano grandiose, articolate e imponenti, esse
conservano invariabilmente un rapporto intimo e diretto con il nostro corpo che le percorre, le
attraversa, le misura col proprio passo.
Le opere fotografiche di Luciano Romano si pongono su un’ideale linea di confine tra la realtà
visibile e l’immagine sedimentata nella memoria; le scale sono dunque il collegamento
indispensabile tra i diversi piani ma anche il tramite simbolico tra i diversi livelli della
coscienza; non descrivono spazi dall’identità definita, ma luoghi dello spirito, possibili zone di
passaggio tra la materia e l'anima rese evidenti dal conflittuale alternarsi di luce e ombra. La
fotografia è il linguaggio che meglio si adatta a questo processo di trasfigurazione, cattura lo
sguardo e lo destabilizza in un imprevedibile gioco combinatorio tra la lucida, geometrica
rappresentazione del mondo visibile e la ricorrente visione onirica.
Nei suoi fotogrammi gli elementi della realtà cedono il passo alle vertigini ossessive delle
immagini mentali rivelando forme che s’inseguono con andamento ipnotico, rampe che si
avvolgono verso un chiarore abbagliante o che sprofondano nel buio di una voragine senza
fondo. Spazi fisici che alludono inevitabilmente a stati d’animo.
LUCIANO ROMANO
Formatosi in ambito teatrale, riceve all’età di 25 anni il primo incarico dal Teatro di San Carlo
nella sua città, Napoli, frequentando in seguito il Teatro alla Scala ed altri palcoscenici
internazionali. Sensibile alla ricerca sui nuovi linguaggi della fotografia, ha ottenuto prestigiosi
riconoscimenti come il premio Atlante Italiano 003, conferitogli dal Ministero per i Beni
Culturali e dalla Triennale di Milano e la nomination al Prix BMW - Paris Photo nel 2007; nel
2010 è stato finalista del premio ACEA e nel 2012 del Premio Arte Laguna. Ha esposto alla X
Biennale Architettura di Venezia nel 2006 e all’Expo Universale di Shanghai nel 2010.
Sempre nel 2010 ha partecipato alla mostra Napoli O’Vero al Museo MADRE di Napoli e a
Cantiere d’Autore al MAXXI. Recentemente ha preso parte a progetti artistici al fianco di
artisti quali Robert Wilson, Shirin Neshat, Peter Greenaway. Sue opere sono inserite in
numerose raccolte pubbliche e private tra le quali la Robert Rauschenberg Estate di New
York, MeMus Museo del Teatro di San Carlo, e la collezione di fotografia del Museo MAXXI di
Roma.
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