Sironi. Lo studio dall'Antico
Dal 21 Settembre 2013 al 24 Novembre 2013
Padova
Luogo: Musei Civici agli Eremitani
Indirizzo: piazza Eremitani 8
Orari: da martedì a domenica 9-19
Curatori: Virginia Baradel, Fabio Benzi, Andrea Sironi-Straußwald
Costo del biglietto: intero € 10, ridotto € 8, scuole € 5
Telefono per informazioni: +39 049 8204551/ 041 5904893
E-Mail info: a.lacchin@villaggioglobale.191.it
Sito ufficiale: http://www.padovacultura.padovanet.it
Un aspetto di sicuro interesse per indagare la poetica ed entrare nei processi creativi dell’arte di Sironi è rappresentato dalla sua intensa attività grafica, ispirata ad opere del passato.
La mostra che si apre a Padova il 21 settembre 2013 – nelle sale dei Musei Civici agli Eremitani fino al 24 novembre, a cura di Virginia Baradel, Fabio Benzi e Andrea Sironi-Straußwald con la direzione generale di Davide Banzato – ci offre una straordinaria occasione in tal senso.
L’esposizione prende le mosse dalla recente donazione ai Musei Civici di Padova di due opere su carta di Sironi da parte di Andrea Sironi-Straußwald, unico discendente diretto dell’artista: un disegno, tratto dai soldati dormienti della Resurrezione di Giotto alla Cappella degli Scrovegni, e uno studio per la decorazione della parete maggiore del Liviano.
Due opere che, in modo diverso, hanno a che vedere con Padova.
Intorno alla donazione, si è voluto riunire due nuclei tematici di opere su carta che da un lato rappresentano una assoluta novità per il pubblico ma anche per la critica, dall’altro ci riportano ad una delle commissioni pubbliche più importanti nella Padova negli anni Trenta e dunque alla esaltazione della “Pittura murale” vissuta da Sironi in quel periodo.
Il primo dei due gruppi è rappresentato dalla quasi totalità degli studi conosciuti dell’artista tratti da pitture, sculture e architetture antiche, che vengono esposti accanto al disegno giottesco.
Sironi fu disegnatore instancabile. Pochissimi artisti hanno lasciato un corpus di opere su carta così numeroso come il suo. Egli fu, come è noto, artista poliedrico e multiforme e, ben lontano dal limitarsi alla sola pittura, affrontò, nel corso della sua vita, l’illustrazione e la grafica pubblicitaria, l’architettura e la scenografia, la scultura, la decorazione murale e le arti applicate.
Relativi a ciascuno di questi settori della sua produzione esistono nuclei ingenti di opere preparatorie su carta, a disegno e a tempera, ciascuno dei quali assomma a diverse centinaia – e in alcuni casi a qualche migliaio – di fogli. In confronto a tali sterminati complessi, il gruppo dello studio dall’antico, qui presentato, è decisamente più contenuto e si configura come una rarità, un complesso finora ignoto, al pubblico e agli studi. La possibilità di presentarlo quasi per intero rende questa esposizione un tassello importante per la conoscenza dell’artista, e lo studio di queste opere, per certi versi sorprendenti, fornisce una visione più ampia e articolata di uno dei temi centrali per Sironi: quello del rapporto con il passato e con la tradizione, incessantemente presente sia nel suo operare artistico, sia nei suoi scritti teorici.
La raccolta dei soggetti è estremamente varia. Il rovello interpretativo di Sironi, come si può vedere dalle opere esposte in questa importante occasione, è infatti - come suggerisce Fabio Benzi nel catalogo Skira della mostra – “praticamente onnivoro, volto ugualmente ad opere somme o quasi dimenticate”. Sironi “rifugge dalla filologia e dalla copia letterale per indagare liberamente le intime ragioni compositive e strutturali, fino ad approdare a un furor di completamento o addirittura di modifica e stravolgimento dell’originale, alla ricerca di una verità profonda di insegnamento...”.
Si va così dal Cavaliere persiano del Mausoleo di Alicarnasso del British Museum, completato con l’integrazione della testa del cavallo, al soffitto di una sala della Domus Aurea derivato da un taccuino rinascimentale; dall’ Adorazione dei Magi di Nicola Pisano nel Pulpito di Pisa al Ritratto d’uomo di Van Eyck della National Gallery di Londra o agli studi da Michelangelo fino a opere “minori” come la Testa dell’Apostolo Giovanni dalla Basilica Ursiana di Ravenna, o comunque non così universalmente conosciute, quali le immagini tratte dai mosaici della Chiesa della Martorana di Palermo.
Il secondo nucleo tematico, che integra lo studio per il Liviano donato, è costituito da altre opere preparatorie che Sironi realizzò partecipando al concorso per la decorazione murale più prestigiosa e rappresentativa di quegli anni a Padova, fortemente voluta dal Rettore Carlo Anti, teso a trasformare l’Università di Padova in un Museo di arte moderna secondo gli indirizzi di decorazione pubblica del tempo: intervento che fu poi affidato a Massimo Campigli. Sono esposti quindi i due bozzetti definitivi di proprietà dell’Università di Padova, che si collegano all’opera pervenuta ai Musei Civici.
Sironi, nel corso degli anni Trenta, andò sempre più allontanandosi dalla pittura da cavalletto, dal quadro realizzato dall’artista nello studio e destinato alle esposizioni, al mercato dell’arte e, al massimo, con qualche fortuna, al Museo: una forma e una dimensione che riteneva ormai insufficienti. Fu pertanto esponente centrale del muralismo italiano di quegli anni, convinto e combattivo assertore del ritorno della pittura sulle pareti degli edifici pubblici, non per nostalgiche rievocazioni del passato, ma per realizzarvi arte moderna che, con la grande tradizione antica della decorazione murale, fosse in grado di fare i conti e di dialogare fruttuosamente.
Tra le numerose imprese murali sironiane degli Anni Trenta, due sono esattamente contemporanee al concorso per il Liviano: gli affreschi del Sacrario della Casa Madre dei Mutilati di guerra, a Roma, e Venezia, l’Italia e gli Studi, dipinta, anche ad affresco, nell’Aula Magna dell’Università di Venezia a Ca’ Foscari. La mostra presenta così, a integrazione del percorso espositivo, anche un disegno preparatorio per uno degli affreschi romani, e una tempera per l’opera veneziana. Pubblicato in passato il primo, inedita la seconda, ma in ogni caso ambedue esposti per la prima volta in questa occasione, sono opere molto vicine, nella concezione, al risultato definitivo sulla parete. Un ulteriore elemento che rende unica l’esposizione Patavina.
La mostra che si apre a Padova il 21 settembre 2013 – nelle sale dei Musei Civici agli Eremitani fino al 24 novembre, a cura di Virginia Baradel, Fabio Benzi e Andrea Sironi-Straußwald con la direzione generale di Davide Banzato – ci offre una straordinaria occasione in tal senso.
L’esposizione prende le mosse dalla recente donazione ai Musei Civici di Padova di due opere su carta di Sironi da parte di Andrea Sironi-Straußwald, unico discendente diretto dell’artista: un disegno, tratto dai soldati dormienti della Resurrezione di Giotto alla Cappella degli Scrovegni, e uno studio per la decorazione della parete maggiore del Liviano.
Due opere che, in modo diverso, hanno a che vedere con Padova.
Intorno alla donazione, si è voluto riunire due nuclei tematici di opere su carta che da un lato rappresentano una assoluta novità per il pubblico ma anche per la critica, dall’altro ci riportano ad una delle commissioni pubbliche più importanti nella Padova negli anni Trenta e dunque alla esaltazione della “Pittura murale” vissuta da Sironi in quel periodo.
Il primo dei due gruppi è rappresentato dalla quasi totalità degli studi conosciuti dell’artista tratti da pitture, sculture e architetture antiche, che vengono esposti accanto al disegno giottesco.
Sironi fu disegnatore instancabile. Pochissimi artisti hanno lasciato un corpus di opere su carta così numeroso come il suo. Egli fu, come è noto, artista poliedrico e multiforme e, ben lontano dal limitarsi alla sola pittura, affrontò, nel corso della sua vita, l’illustrazione e la grafica pubblicitaria, l’architettura e la scenografia, la scultura, la decorazione murale e le arti applicate.
Relativi a ciascuno di questi settori della sua produzione esistono nuclei ingenti di opere preparatorie su carta, a disegno e a tempera, ciascuno dei quali assomma a diverse centinaia – e in alcuni casi a qualche migliaio – di fogli. In confronto a tali sterminati complessi, il gruppo dello studio dall’antico, qui presentato, è decisamente più contenuto e si configura come una rarità, un complesso finora ignoto, al pubblico e agli studi. La possibilità di presentarlo quasi per intero rende questa esposizione un tassello importante per la conoscenza dell’artista, e lo studio di queste opere, per certi versi sorprendenti, fornisce una visione più ampia e articolata di uno dei temi centrali per Sironi: quello del rapporto con il passato e con la tradizione, incessantemente presente sia nel suo operare artistico, sia nei suoi scritti teorici.
La raccolta dei soggetti è estremamente varia. Il rovello interpretativo di Sironi, come si può vedere dalle opere esposte in questa importante occasione, è infatti - come suggerisce Fabio Benzi nel catalogo Skira della mostra – “praticamente onnivoro, volto ugualmente ad opere somme o quasi dimenticate”. Sironi “rifugge dalla filologia e dalla copia letterale per indagare liberamente le intime ragioni compositive e strutturali, fino ad approdare a un furor di completamento o addirittura di modifica e stravolgimento dell’originale, alla ricerca di una verità profonda di insegnamento...”.
Si va così dal Cavaliere persiano del Mausoleo di Alicarnasso del British Museum, completato con l’integrazione della testa del cavallo, al soffitto di una sala della Domus Aurea derivato da un taccuino rinascimentale; dall’ Adorazione dei Magi di Nicola Pisano nel Pulpito di Pisa al Ritratto d’uomo di Van Eyck della National Gallery di Londra o agli studi da Michelangelo fino a opere “minori” come la Testa dell’Apostolo Giovanni dalla Basilica Ursiana di Ravenna, o comunque non così universalmente conosciute, quali le immagini tratte dai mosaici della Chiesa della Martorana di Palermo.
Il secondo nucleo tematico, che integra lo studio per il Liviano donato, è costituito da altre opere preparatorie che Sironi realizzò partecipando al concorso per la decorazione murale più prestigiosa e rappresentativa di quegli anni a Padova, fortemente voluta dal Rettore Carlo Anti, teso a trasformare l’Università di Padova in un Museo di arte moderna secondo gli indirizzi di decorazione pubblica del tempo: intervento che fu poi affidato a Massimo Campigli. Sono esposti quindi i due bozzetti definitivi di proprietà dell’Università di Padova, che si collegano all’opera pervenuta ai Musei Civici.
Sironi, nel corso degli anni Trenta, andò sempre più allontanandosi dalla pittura da cavalletto, dal quadro realizzato dall’artista nello studio e destinato alle esposizioni, al mercato dell’arte e, al massimo, con qualche fortuna, al Museo: una forma e una dimensione che riteneva ormai insufficienti. Fu pertanto esponente centrale del muralismo italiano di quegli anni, convinto e combattivo assertore del ritorno della pittura sulle pareti degli edifici pubblici, non per nostalgiche rievocazioni del passato, ma per realizzarvi arte moderna che, con la grande tradizione antica della decorazione murale, fosse in grado di fare i conti e di dialogare fruttuosamente.
Tra le numerose imprese murali sironiane degli Anni Trenta, due sono esattamente contemporanee al concorso per il Liviano: gli affreschi del Sacrario della Casa Madre dei Mutilati di guerra, a Roma, e Venezia, l’Italia e gli Studi, dipinta, anche ad affresco, nell’Aula Magna dell’Università di Venezia a Ca’ Foscari. La mostra presenta così, a integrazione del percorso espositivo, anche un disegno preparatorio per uno degli affreschi romani, e una tempera per l’opera veneziana. Pubblicato in passato il primo, inedita la seconda, ma in ogni caso ambedue esposti per la prima volta in questa occasione, sono opere molto vicine, nella concezione, al risultato definitivo sulla parete. Un ulteriore elemento che rende unica l’esposizione Patavina.
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