Giorgio Celiberti. La Passione e il corpo della storia
Dal 05 Ottobre 2014 al 11 Gennaio 2015
Ravenna
Luogo: Museo Nazionale di Ravenna
Indirizzo: via San Vitale 17
Orari: da martedì a domenica 8.30-19.30
Enti promotori:
- Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna Ferrara Forlì-Cesena e Rimini
Costo del biglietto: € 4
Telefono per informazioni: +39 0544 543711
E-Mail info: sbap-ra@beniculturali.it
Sito ufficiale: http://www.soprintendenzaravenna.beniculturali.it
Ambientata nello splendido complesso di San Vitale a Ravenna, la mostra "Giorgio Celiberti. La passione e il corpo della storia" dà l'occasione di ammirare 38 opere dell'artista, i Muri, Stele e Finestre, i graffiti in bianco e nero di La Passione...
La Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini, Antonella Ranaldi, invita all'inaugurazione dell'evento sabato 4 ottobre alle ore 18. La mostra, a cura di Giovanni Granzotto e Antonella Ranaldi sarà aperta al pubblico fino al mese di gennaio 2015.
In contemporanea, il Mausoleo di Teoderico accoglie due opere di Celiberti, in un dialogo ideale fra arte contemporanea e storia, in luoghi che sono patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.
L'iniziativa è organizzata da Il Cigno GG Edizioni in collaborazione con lo Studio d'Arte G.R. e con il sostegno del Gruppo Euromobil.
Giorgio Celiberti, nato a Udine nel 1929, ha vissuto in prima persona i grandi eventi dell'arte contemporanea, a contatto con i suoi protagonisti, per primo Emilio Vedova, nei primi anni veneziani, mettendo poi a frutto un suo personale percorso di elaborazione e ricerca che lo ha portato da subito a farsi conoscere e apprezzare nel mondo. Partecipa giovanissimo alla biennale di Venezia del 1948, il più importante evento artistico dopo la guerra; c'erano lì Picasso, le collezioni di Peggy Guggenheim, Matisse. Prosegue la sua attività a Parigi, Londra e per 18 anni vive a Roma, dove a partire dal 1951 espone più volte alle Quadriennali d'arte, sapendo attrarre l'interesse su di sé del suo direttore Fortunato Bellonzi che ne apprezza «l'impetuoso amore» della sua pittura. Il critico e scrittore Marcello Venturoli lo segue negli anni sessanta nelle sue mostre internazionali individuando in lui la maniera tonale, non delirante, dell'informale italiano.
Italo Calvino con affetto coglieva il senso robusto della pittura di Celiberti «il peso doloroso della vita». La svolta personale, che nasce dal dolore, arriva nel 1965, quando Celiberti visita il lager di Terenzin vicino a Praga, dove erano morti 1500 bambini ebrei. Legge le lettere di quei bambini, vede i loro disegni. Si ispira a quelle strazianti testimonianze di dolore nelle sue opere successive, fortemente condizionate da un turbamento profondo.
La mostra a Ravenna parte da queste, esponendo Lager e tabelle del 1969, Notte al ghetto del 1970, seguono i Fiori pietrificati e fossili, che ricordano attualizzati i fiori del ferrarese De Pisis. In mostra anche una nutrita selezione dei suoi affreschi su tela, i Muri di Celiberti, densi di corposa materia, scalfita da segni e graffiti, dove ritorna elaborata la sua esperienza di bambino, quando amava graffiare i muri fissandovi con lo stucco pezzettini di vetro e di legno. Sedimentano su queste tele trattate ad affresco la materialità degli intonaci, gli strati sovrapposti o grattati, i segni incisi. Ammiriamo nella mostra opere dai titoli evocativi, come I rimorsi della storia, I giorni della creazione, che esprimono l'opera del maestro, densa di colore scolpito, il dolore che graffia, da cui nasce la crescita artistica e di uomo nella gioia del colore.
Con Finestre, porte e stele, qui in mostra, si consacra il Celiberti più attento agli archetipi della storia, che proprio qui al Museo Nazionale di Ravenna possono dialetticamente confrontarsi con le calligrafiche stele romane di Classe, con i cippi funerari e i tabernacoli, provenienti dal territorio ravennate e dal porto di Classe, esposti nel Primo Chiostro. E ancora possono instaurare paralleli lontani nel tempo con i modi scultorei bizantini e poi medioevali della straordinaria collezione lapidaria del Secondo Chiostro, con la grata di Sant'Apollinare in Classe e con gli avori del VI secolo del prezioso Dittico di Murano. Le stele di Celiberti sono pitture-sculture incise, graffite, dense di storia.
Infine i graffiti in bianco e nero de La Passione dimostrano, nell'arte di Celiberti di questi ultimi anni, una nuova fase e riflessione religiosa, che nasce sempre dal dolore, come era stata per i Lager, ora sono le crocifissioni: Illumina i nostri occhi, Padre Nostro, Passione.
Il rimando al Museo anche qui può rivelarsi fruttuoso con gli affreschi di Pietro da Rimini, tra i massimi esponenti della pittura del Trecento che seppe cogliere il senso del colore di Giotto, verso una naturalità della figura umana e dei suoi sentimenti che culmina nel capolavoro della Crocefissione, espresso nel dolore straziante delle donne ai piedi della croce.
Questi confronti sono solo dei suggerimenti che mirano a tessere un rapporto diacronico del contemporaneo con le opere del passato e soprattutto una possibilità per il visitatore di contestualizzare nel magnifico scenario del Museo, dei suoi chiostri benedettini e di San Vitale e delle opere e collezioni esposte, i contributi di eccellenza dati da artisti, che hanno animato l'arte italiana dal dopoguerra fino ai nostri giorni e che meritano di un'attenzione particolare.
Antonella Ranaldi
La Soprintendente per i Beni Architettonici e Paesaggistici per le province di Ravenna, Ferrara, Forlì-Cesena e Rimini, Antonella Ranaldi, invita all'inaugurazione dell'evento sabato 4 ottobre alle ore 18. La mostra, a cura di Giovanni Granzotto e Antonella Ranaldi sarà aperta al pubblico fino al mese di gennaio 2015.
In contemporanea, il Mausoleo di Teoderico accoglie due opere di Celiberti, in un dialogo ideale fra arte contemporanea e storia, in luoghi che sono patrimonio dell'Umanità dell'UNESCO.
L'iniziativa è organizzata da Il Cigno GG Edizioni in collaborazione con lo Studio d'Arte G.R. e con il sostegno del Gruppo Euromobil.
Giorgio Celiberti, nato a Udine nel 1929, ha vissuto in prima persona i grandi eventi dell'arte contemporanea, a contatto con i suoi protagonisti, per primo Emilio Vedova, nei primi anni veneziani, mettendo poi a frutto un suo personale percorso di elaborazione e ricerca che lo ha portato da subito a farsi conoscere e apprezzare nel mondo. Partecipa giovanissimo alla biennale di Venezia del 1948, il più importante evento artistico dopo la guerra; c'erano lì Picasso, le collezioni di Peggy Guggenheim, Matisse. Prosegue la sua attività a Parigi, Londra e per 18 anni vive a Roma, dove a partire dal 1951 espone più volte alle Quadriennali d'arte, sapendo attrarre l'interesse su di sé del suo direttore Fortunato Bellonzi che ne apprezza «l'impetuoso amore» della sua pittura. Il critico e scrittore Marcello Venturoli lo segue negli anni sessanta nelle sue mostre internazionali individuando in lui la maniera tonale, non delirante, dell'informale italiano.
Italo Calvino con affetto coglieva il senso robusto della pittura di Celiberti «il peso doloroso della vita». La svolta personale, che nasce dal dolore, arriva nel 1965, quando Celiberti visita il lager di Terenzin vicino a Praga, dove erano morti 1500 bambini ebrei. Legge le lettere di quei bambini, vede i loro disegni. Si ispira a quelle strazianti testimonianze di dolore nelle sue opere successive, fortemente condizionate da un turbamento profondo.
La mostra a Ravenna parte da queste, esponendo Lager e tabelle del 1969, Notte al ghetto del 1970, seguono i Fiori pietrificati e fossili, che ricordano attualizzati i fiori del ferrarese De Pisis. In mostra anche una nutrita selezione dei suoi affreschi su tela, i Muri di Celiberti, densi di corposa materia, scalfita da segni e graffiti, dove ritorna elaborata la sua esperienza di bambino, quando amava graffiare i muri fissandovi con lo stucco pezzettini di vetro e di legno. Sedimentano su queste tele trattate ad affresco la materialità degli intonaci, gli strati sovrapposti o grattati, i segni incisi. Ammiriamo nella mostra opere dai titoli evocativi, come I rimorsi della storia, I giorni della creazione, che esprimono l'opera del maestro, densa di colore scolpito, il dolore che graffia, da cui nasce la crescita artistica e di uomo nella gioia del colore.
Con Finestre, porte e stele, qui in mostra, si consacra il Celiberti più attento agli archetipi della storia, che proprio qui al Museo Nazionale di Ravenna possono dialetticamente confrontarsi con le calligrafiche stele romane di Classe, con i cippi funerari e i tabernacoli, provenienti dal territorio ravennate e dal porto di Classe, esposti nel Primo Chiostro. E ancora possono instaurare paralleli lontani nel tempo con i modi scultorei bizantini e poi medioevali della straordinaria collezione lapidaria del Secondo Chiostro, con la grata di Sant'Apollinare in Classe e con gli avori del VI secolo del prezioso Dittico di Murano. Le stele di Celiberti sono pitture-sculture incise, graffite, dense di storia.
Infine i graffiti in bianco e nero de La Passione dimostrano, nell'arte di Celiberti di questi ultimi anni, una nuova fase e riflessione religiosa, che nasce sempre dal dolore, come era stata per i Lager, ora sono le crocifissioni: Illumina i nostri occhi, Padre Nostro, Passione.
Il rimando al Museo anche qui può rivelarsi fruttuoso con gli affreschi di Pietro da Rimini, tra i massimi esponenti della pittura del Trecento che seppe cogliere il senso del colore di Giotto, verso una naturalità della figura umana e dei suoi sentimenti che culmina nel capolavoro della Crocefissione, espresso nel dolore straziante delle donne ai piedi della croce.
Questi confronti sono solo dei suggerimenti che mirano a tessere un rapporto diacronico del contemporaneo con le opere del passato e soprattutto una possibilità per il visitatore di contestualizzare nel magnifico scenario del Museo, dei suoi chiostri benedettini e di San Vitale e delle opere e collezioni esposte, i contributi di eccellenza dati da artisti, che hanno animato l'arte italiana dal dopoguerra fino ai nostri giorni e che meritano di un'attenzione particolare.
Antonella Ranaldi
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