Ipotenusa
Massimo Antonaci, Ipotenusa, Collezione Maramotti, Reggio Emilia
Dal 13 Maggio 2012 al 31 Luglio 2012
Reggio nell'Emilia | Reggio Emilia
Luogo: Collezione Maramotti
Indirizzo: via Fratelli Cervi 66
Orari: su prenotazione: giovedì e venerdì 14.30-18.30; sabato e domenica 10.30-18.30
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 349 2529989
E-Mail info: ufficiostampa@collezionemaramotti.org
Sito ufficiale: http://www.collezionemaramotti.org
Dal 13 maggio al 31 luglio 2012 la Collezione Maramotti propone un focus sulla ricerca di Massimo Antonaci, artista italiano trasferitosi a New York negli anni Novanta.
Il progetto "Ipotenusa" consta di tre mostre presentate in differenti spazi espositivi della Collezione, di cui uno mai aperto al pubblico.
"Dal Nero alla Trasparenza" è uno sguardo retrospettivo sulla realizzazione di lavori di vetro e catrame che hanno contrassegnato la sua ricerca dalla metà degli anni Ottanta.
"Cammino dentro un corpo solo. Da est a ovest 33 stazioni in terra straniera" è una mostra costituita da polaroid accostate e composte all’interno di formelle di vetro sul pellegrinaggio di Antonaci a Santiago di Compostela.
"Opus" è un progetto realizzato specificamente per la Collezione Maramotti: consta di quattro trittici ("Serpente", "Cerchio", "Porte alchemiche", "Stone") realizzati su papiro vergine fermentato segnati da interventi con colore ad olio.
Nelle opere presentate in "Dal nero alla Trasparenza" il catrame e il vetro si intrecciano, combinandosi l’uno con l’altro. I due materiali appropriano rispettivamente le loro qualità: la durezza e la profondità del catrame, come un magma, accolgono le immagini e si fondono, attraverso l’azione del fuoco, nella duttilità del vetro. Una trasformazione di forme e materiali che l’artista definisce “alchemica”. La mostra propone opere nere, bianche, opere in cui entra il colore fino a giungere agli ultimi lavori trasparenti.
Nelle opere il vetro e il catrame seguono un ritmo compositivo in moduli di 60 x 60 cm: i moduli creano una superficie su cui l’immagine prende forma; questa griglia virtuale costituisce una sorta di “pagina bianca”, un luogo dove l’immagine prende forma e i segni formali incontrano lo spazio.
Nel lavoro di Antonaci il segno geometrico non è pura invenzione, ma trasposizione di Idee, ricreazione di un Ordine che, tramite un processo di intuizione, è già perfettamente delineato al suo interno. I segni generano un gioco di forze ponendo vetro e catrame in interazione tra loro. Proiettano confini e chiusure che resistono alla luce e aprono spazi in cui la luce stessa può infiltrarsi consentendo la percezione della sua profondità. Antonaci definisce i suoi lavori scultorei: questi infatti tessono uno stretto rapporto con la luce e con il muro e creano ombre che costituiscono la terza dimensione dell’opera. Il muro è una pelle che separa l’interno dall’esterno e chiodi sono elemento di relazione tra le varie parti dell’opera.
"Cammino dentro un corpo solo. Da est a ovest 33 stazioni in terra straniera"
Antonaci compie il Cammino a 33 anni. Il Cammino di Santiago, che riflette la Via Lattea, è un viaggio interiore e costituisce un momento di profondo processo di "riconoscimento" e "rivolgimento" per l’artista.
Le polaroid che compongono l’opera, scattate lungo il percorso, non sono fotografie documentative dei luoghi, ma proiezioni di immagini interiori che emergono anche grazie alla “fatica fisica patita lungo il percorso che, allentando la ragione, ha consentito di avvicinarsi ad una coscienza universale”.
Il lavoro si compone di 33 stazioni che corrispondono alle fermate compiute lungo il pellegrinaggio. Ogni stazione corrisponde ad una formella di 60 x 60 cm, fermata da chiodi penetranti nel muro e composta di due vetri sovrapposti tra i quali sono inserite composizioni di polaroid che successivamente sono state ordinate seguendo particolari criteri formali e simbolici.
I quattro trittici su papiro di "Opus" sono lavori che l’artista sviluppa in parallelo alla produzione delle opere in vetro dell’ultimo periodo in cui compare la completa trasparenza. Entrambi trattano di pura astrazione.
“Quando lavoro sul papiro, sono sorpreso dall’unità che si crea tra la mente e le mani nel gesto di srotolarlo, svolgerlo sul muro per "segnarlo" e infine riarrotolarlo e riporlo nella sua custodia. Un atto più che un gesto, "fermo", senza movimento, che ogni volta mi sorprende come una profonda intuizione” (Antonaci).
Il gesto di arrotolarlo e srotolarlo corrisponde ai due movimenti d’involuzione e di evoluzione, un’alternanza tra segreto e rivelazione della conoscenza. Il pensiero, la tensione mentale si trasformano in oggetto attraverso l’uso delle mani e l’arte è uno dei modi del pensiero di darsi nella realtà, manifestazione sensibile di un livello della coscienza.
Il progetto si arricchisce della pubblicazione "Odos" (Danilo Montanari Editore) che accoglie un libro d’artista, sintesi di un percorso di immagini e parole tracciato in vent’anni di ricerca. I frammenti di testo pubblicati sono Sutra di Raphael, le immagini riassumono e riconducono al viaggio di rimandi iconografici che hanno accompagnato il suo lavoro. Il libro d’artista si accompagna ad un testo di Marco Belpoliti e ad una conversazione sull’alchimia fra Massimo Antonaci e Mario Diacono.
Il progetto "Ipotenusa" consta di tre mostre presentate in differenti spazi espositivi della Collezione, di cui uno mai aperto al pubblico.
"Dal Nero alla Trasparenza" è uno sguardo retrospettivo sulla realizzazione di lavori di vetro e catrame che hanno contrassegnato la sua ricerca dalla metà degli anni Ottanta.
"Cammino dentro un corpo solo. Da est a ovest 33 stazioni in terra straniera" è una mostra costituita da polaroid accostate e composte all’interno di formelle di vetro sul pellegrinaggio di Antonaci a Santiago di Compostela.
"Opus" è un progetto realizzato specificamente per la Collezione Maramotti: consta di quattro trittici ("Serpente", "Cerchio", "Porte alchemiche", "Stone") realizzati su papiro vergine fermentato segnati da interventi con colore ad olio.
Nelle opere presentate in "Dal nero alla Trasparenza" il catrame e il vetro si intrecciano, combinandosi l’uno con l’altro. I due materiali appropriano rispettivamente le loro qualità: la durezza e la profondità del catrame, come un magma, accolgono le immagini e si fondono, attraverso l’azione del fuoco, nella duttilità del vetro. Una trasformazione di forme e materiali che l’artista definisce “alchemica”. La mostra propone opere nere, bianche, opere in cui entra il colore fino a giungere agli ultimi lavori trasparenti.
Nelle opere il vetro e il catrame seguono un ritmo compositivo in moduli di 60 x 60 cm: i moduli creano una superficie su cui l’immagine prende forma; questa griglia virtuale costituisce una sorta di “pagina bianca”, un luogo dove l’immagine prende forma e i segni formali incontrano lo spazio.
Nel lavoro di Antonaci il segno geometrico non è pura invenzione, ma trasposizione di Idee, ricreazione di un Ordine che, tramite un processo di intuizione, è già perfettamente delineato al suo interno. I segni generano un gioco di forze ponendo vetro e catrame in interazione tra loro. Proiettano confini e chiusure che resistono alla luce e aprono spazi in cui la luce stessa può infiltrarsi consentendo la percezione della sua profondità. Antonaci definisce i suoi lavori scultorei: questi infatti tessono uno stretto rapporto con la luce e con il muro e creano ombre che costituiscono la terza dimensione dell’opera. Il muro è una pelle che separa l’interno dall’esterno e chiodi sono elemento di relazione tra le varie parti dell’opera.
"Cammino dentro un corpo solo. Da est a ovest 33 stazioni in terra straniera"
Antonaci compie il Cammino a 33 anni. Il Cammino di Santiago, che riflette la Via Lattea, è un viaggio interiore e costituisce un momento di profondo processo di "riconoscimento" e "rivolgimento" per l’artista.
Le polaroid che compongono l’opera, scattate lungo il percorso, non sono fotografie documentative dei luoghi, ma proiezioni di immagini interiori che emergono anche grazie alla “fatica fisica patita lungo il percorso che, allentando la ragione, ha consentito di avvicinarsi ad una coscienza universale”.
Il lavoro si compone di 33 stazioni che corrispondono alle fermate compiute lungo il pellegrinaggio. Ogni stazione corrisponde ad una formella di 60 x 60 cm, fermata da chiodi penetranti nel muro e composta di due vetri sovrapposti tra i quali sono inserite composizioni di polaroid che successivamente sono state ordinate seguendo particolari criteri formali e simbolici.
I quattro trittici su papiro di "Opus" sono lavori che l’artista sviluppa in parallelo alla produzione delle opere in vetro dell’ultimo periodo in cui compare la completa trasparenza. Entrambi trattano di pura astrazione.
“Quando lavoro sul papiro, sono sorpreso dall’unità che si crea tra la mente e le mani nel gesto di srotolarlo, svolgerlo sul muro per "segnarlo" e infine riarrotolarlo e riporlo nella sua custodia. Un atto più che un gesto, "fermo", senza movimento, che ogni volta mi sorprende come una profonda intuizione” (Antonaci).
Il gesto di arrotolarlo e srotolarlo corrisponde ai due movimenti d’involuzione e di evoluzione, un’alternanza tra segreto e rivelazione della conoscenza. Il pensiero, la tensione mentale si trasformano in oggetto attraverso l’uso delle mani e l’arte è uno dei modi del pensiero di darsi nella realtà, manifestazione sensibile di un livello della coscienza.
Il progetto si arricchisce della pubblicazione "Odos" (Danilo Montanari Editore) che accoglie un libro d’artista, sintesi di un percorso di immagini e parole tracciato in vent’anni di ricerca. I frammenti di testo pubblicati sono Sutra di Raphael, le immagini riassumono e riconducono al viaggio di rimandi iconografici che hanno accompagnato il suo lavoro. Il libro d’artista si accompagna ad un testo di Marco Belpoliti e ad una conversazione sull’alchimia fra Massimo Antonaci e Mario Diacono.
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