Jacques Henri Lartigue e André Kertész. Maestri della fotografia moderna

© Jacques Henri Lartigue © Ministère de la Culture (France), MPP / AAJHL | Jacques Henri Lartigue, Federico Fellini sul set di La città delle donne, Roma,1979

 

Dal 23 Novembre 2024 al 06 Aprile 2025

Riccione | Rimini

Luogo: Villa Mussolini

Indirizzo: Viale Milano 31

Curatori: Marion Perceval e Matthieu Rivallin

Enti promotori:

  • Comune di Riccione

Costo del biglietto: È a disposizione di tutti i visitatori, inclusa nel biglietto di ingresso, una audioguida in italiano e in inglese, con cui seguire tutto il percorso espositivo


“Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatta prima”
Henry Cartier Bresson

“Lartigue è il precursore di ogni creazione interessante e viva realizzata nel corso del XX secolo».
John Szarkowski

Jacques Henri Lartigue e André Kertész. Maestri della fotografia moderna
è la nuova inedita mostra che dal 23 novembre sino al 6 aprile 2025 si potrà visitare negli spazi di Villa Mussolini, curata da Marion Perceval e Matthieu Rivallin, promossa dal Comune di Riccione e organizzata da Civita Mostre e Musei in collaborazione con diChroma photography e Rjma Progetti Culturali.

La mostra, per la prima volta in Italia, rappresenta un’occasione unica per immergersi nel mondo di questi due artisti che, pur seguendo percorsi personali distinti, hanno catturato l’intensità e la poesia della vita quotidiana. Un viaggio di oltre 100 scatti inediti e iconici, che mette a confronto, ed in parallelo, le opere di Lartigue e Kertész, due autori straordinari, ciascuno a suo modo fondamentale per l’evoluzione della fotografia moderna. Per John Szarkowski, il grande direttore del Dipartimento di Fotografia del MOMA di New York, Lartigue è “il precursore di ogni creazione interessante e viva realizzata nel corso del XX secolo». Henry Cartier Bresson considerava invece Kertész il suo maestro: “qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatta prima”.

Jacques Henri Lartigue, fotografo francese noto per i suoi scatti spensierati e carichi di vitalità, ha raccontato la bellezza effimera dell’esistenza attraverso immagini che celebrano momenti di gioia e leggerezza. André Kertész, fotografo ungherese, ha invece indagato le sfumature della realtà con un occhio raffinato, alla ricerca di ombre, luci e geometrie urbane che rivelano l’aspetto più introspettivo della vita moderna.

La mostra è articolata in quattro sezioni tematiche, oltre ad una introduttiva e biografica, che esplorano i temi ricorrenti nei lavori di entrambi gli artisti: dall'introspezione e l’osservazione della vita cittadina di Kertész, alla rappresentazione della gioia, del dinamismo e della spontaneità di Lartigue. Tra i momenti più attesi, gli spettatori potranno ammirare i celebri scatti di Lartigue che catturano la Belle Époque parigina e quelli di Kertész, che immortalano l’anima di città come Budapest, Parigi e New York, ciascuna riflessa in una luce poetica e nostalgica. Mettere a confronto le loro fotografie permette di mostrare le somiglianze e le differenze nelle loro vite e nel loro sguardo ed è la chiave di volta di una mostra singolare, che riunisce in un unico percorso espositivo le immagini più celebri di due dei più grandi fotografi del Novecento, testimoni e straordinari interpreti del “secolo breve”.

Accompagna la mostra un volume a cura di Silvana Editoriale.

Jacques Henri Lartigue (1894-1986) e André Kertész (1894-1985) sono nati nello stesso anno ed entrambi hanno attraversato quasi tutto il Novecento. Lartigue nasce in una facoltosa famiglia francese, grazie alla quale possiede una macchina fotografica fin da bambino. È un artista che si esprime con la fotografia, ma anche con la pittura e la scrittura. Ebreo d’origine ungherese, Kertész inizia a fotografare giovanissimo. Si trasferisce in Francia nel 1925. Il successo tributato dalla stampa e dalla critica è immediato, ma nel 1936 si trasferisce di nuovo, questa volta negli Stati Uniti. Durante il periodo tra le due guerre avrebbero potuto incrociarsi a Parigi, ma si sono incontrati per la prima volta solo nel 1972 a New York, dove avevano esposto, al Museum of Modern Art (MoMA), rispettivamente nel 1963 e nel 1964. Le due mostre sono state un punto di svolta per le carriere di entrambi, segnando per Lartigue l'inizio del riconoscimento internazionale e istituzionale e per Kertész la riscoperta del suo lavoro dopo due decenni più problematici. Inoltre, le due mostre identificano entrambi come precursori della modernità visiva della prima metà del Ventesimo secolo e pionieri della fotografia moderna. Lartigue viene descritto come un fotografo amatoriale e Kertész come l'inventore del fotogiornalismo, i loro lavori hanno un'estetica unica. Lartigue è considerato un maestro dell'istantanea, fotografa spesso il suo ambiente di vita, caratterizzato da una sofisticata stravaganza e un cosmopolitismo spensierato. Il suo mantra è la ricerca della felicità. Kertész è un maestro della fotografia riflessiva, protagonista di quella che sarà considerata come “fotografia umanista”. La sua cifra stilistica è legata ai lati più semplici della vita quotidiana, con toni intimi e lirici. Né Lartigue né Kertesz hanno mai preso la strada più “facile” per il loro riconoscimento. Hanno sviluppato la loro attività con la massima libertà, al di fuori dei grandi movimenti artistici. A partire dagli anni Settanta, queste due personalità indipendenti, pur non essendo mai stati membri di una scuola e senza aver creato la propria corrente artistica, sono considerate come dei modelli. Per entrambi, gli ultimi anni sono segnati da mostre, pubblicazioni e incontri. I loro percorsi sono simili e le loro opere, attingendo alle stesse fonti, sono in grado di dialogare. Famosi per ragioni diverse – perfino antagoniste - entrambi diventano punti di riferimento per i giovani artisti. Invitati ai Rencontres d'Arles, vengono accolti come dei maestri. Continuano, peraltro, a fotografare, ritornando sui loro passi o esplorando delle nuove strade con l’idea di un gioco puramente visuale. Nonostante il successo raggiunto, i due non hanno mai cessato di sperimentare. Autodidatti, pionieri della fotografia moderna, hanno costruito la propria opera ciascuno a modo suo, seguendo percorsi paralleli o divergenti, ma sempre, sistematicamente, ai margini delle correnti principali, sempre con “un passo di lato”. Entrambi hanno dato alle loro fotografie una dimensione atemporale che spiega l’interesse sempre rinnovato. Figure singolari della storia della fotografia, entrambi gli artisti hanno realizzato questo paradosso: senza discendenza artistica diretta, senza aver preso parte ad una corrente, sono diventati modelli adorati e mostri sacri della storia della fotografia.

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI