6ARTISTA. Francesco Fonassi/ Margherita Moscardini
Dal 13 Dicembre 2012 al 10 Febbraio 2013
Roma
Luogo: MACRO – Museo d’Arte Contemporanea
Indirizzo: via Nizza 138
Orari: da martedì a domenica 11-19; sabato 11-22
Curatori: Michele D’Aurizio
Enti promotori:
- Assessorato alle Politiche Culturali e Centro Storico di Roma Capitale
- Associazione Civita
- Fondazione Pastificio Cerere
- Allianz
Costo del biglietto: non residenti € 12/ € 10, residenti €11/ € 9
Telefono per informazioni: +39 06 671070400
E-Mail info: 6artista@civita.it
Sito ufficiale: http://www.6artista.it/
Il MACRO – Museo d’Arte Contemporanea Roma ospita dal 13 dicembre 2012 al 10 febbraio 2013 nella Project room 2, la mostra di Francesco Fonassi e Margherita Moscardini, vincitori della terza edizione di 6ARTISTA, a cura di Michele D’Aurizio, curator in residence presso la Fondazione Pastificio Cerere per il 2012.
6ARTISTA – il programma di formazione concepito dall’Associazione Civita e dalla Fondazione Pastificio Cerere, con il sostegno di Allianz, per supportare la crescita professionale di talenti under 30 che vivono in Italia – rappresenta un’opportunità sempre più importante per i vincitori, ai quali viene offerto un percorso formativo di alto livello culturale: entrambi hanno infatti trascorso nell’arco di tutto il 2012 due periodi di residenza, sia a Roma presso la Fondazione Pastificio Cerere, sia a Parigi presso la Cité Internationale des Arts, grazie alla collaborazione degli Incontri Internazionali d’Arte.
Con questa mostra si riconferma l’attenzione del Museo verso le nuove generazioni di artisti e il sodalizio fra MACRO, Civita e Fondazione Pastificio Cerere.
Fonassi presenta Kollaps, Aufstieg, una videoinstallazione concepita come una riflessione sulla voce umana e sui suoi effetti nello spazio/tempo.
L'artista combina nel video due scenari: il sito archeologico della Piramide del Sole, a Visoko (Bosnia-Hercegovina), e un laboratorio di ricerca sul rumore. Rinvenuta nel 2005 all'interno di una montagna, la Piramide del Sole è attualmente oggetto di studi archeo-acustici da parte di un gruppo di ricercatori italiani e croati, che nel corso di esperimenti sul propagarsi della voce umana nei cunicoli sotterranei spesso ricorre a performer, ai quali viene chiesto di eseguire canti antichi all'interno della Piramide. In Kollaps, Aufstieg, Fonassi invita una cantante professionista a prestare la propria voce come protagonista dell'opera. La voce femminile disegna gli spazi dentro i quali la cantante si muove – i cunicoli, il paesaggio intorno alla Piramide, la camera riverberante – utilizzando come partitura i limiti del campo audiovisivo imposti dallo stesso artista, entro i quali la cantante improvvisa liberamente. L'esperienza sonora del corpo-voce è riproposta fedelmente nell'installazione, nel tentativo di ricreare un'atmosfera antica, dove la voce torna a essere il primo strumento musicale dato all’uomo, nonché un canale prediletto attraverso il quale esprimere il rapporto tra l'umano e il divino.
L'opera riafferma così l'interesse dell'artista nel suono tanto come fenomeno fisico che culturale e, dunque, nella dialettica tra suono e dinamiche psicologiche del singolo e della collettività. Fonassi evidenzia quindi il potenziale comunicativo, "segnico" per azzardo, del suono e invita a riconsiderarne la ricezione come una più complessa dinamica di ascolto.
Moscardini, invece, presenta un nucleo di opere da interpretare come risultati "provvisori" di una ricerca in corso che attraversa le utopie architettoniche settecentesche, le forme pure moderniste e alcuni esempi di architettura militare della Seconda Guerra Mondiale.
Le opere si imperniano tutte sul progetto di un padiglione – restituito tramite studi preliminari, disegni tecnici, modelli – pensato come una forma assoluta del quale né sono indicate le dimensioni reali né viene presa in considerazione l'ingegnerizzazione. I plastici in particolare sono volumi solidi realizzati in scale e materiali differenti; nonostante alcune di esse siano praticabili, il carattere utopico del progetto ne comporta l'interpretazione come sculture a tutti gli effetti. I materiali impiegati, infatti, sono scarti provenienti da demolizioni, oppure reperti, materiali inizialmente impiegati per costruire e trasformatisi nel frattempo in archeologia. In questo scenario, il padiglione è un topos progettuale che permette all'artista di riflettere sulle idee di permanenza e temporaneità: il padiglione è infatti comunemente considerato una struttura temporanea, alla quale la permanenza è concessa solo in via eccezionale. Tra la natura effimera del modello architettonico e l'estrema durevolezza dei materiali scelti per i modelli si instaura, quindi, uno scontro dialettico volto all'ipotesi della trasformazione delle opere: se per esempio sottoposte ai condizionamenti climatici o a un utilizzo ripetuto, esse incorrerebbero nell'erosione, eventualità che l'artista legge con un'accezione positiva, come la dispersione dell'architettura nel paesaggio per lasciar posto a nuova architettura, in fondo un sintomo del continuo farsi della storia. Dice Michele D’Aurizio: “La mostra, nonostante raggruppi le opere di Fonassi e Moscardini nella stessa sala, non è da intendersi come una doppia personale. Laddove ricorrono delle assonanze nelle ricerche dei due artisti, queste non sono state né stimolate né concertate nella fase di ideazione della mostra, e sono piuttosto riconducibili a una tendenza, propria dell'arte italiana se si vuole, di mettere costantemente in discussione i linguaggi dell'arte per indagare un senso del fare artistico nella contemporaneità. L'utilizzo di un determinato mezzo espressivo è così sempre accompagnato da una consapevolezza puntuale e proattiva del mezzo stesso, che permette all'artista di accennare al potenziale mistico e spirituale dell'opera, come nel caso di Fonassi, o azzardare un discorso regressivo sul formalismo, come nel caso di Moscardini”. La mostra è accompagnata da due pubblicazioni, una per ciascun artista, con testi critici sulle ricerche di Francesco Fonassi e Margherita Moscardini e materiale di compendio alle opere esposte.
6ARTISTA – il programma di formazione concepito dall’Associazione Civita e dalla Fondazione Pastificio Cerere, con il sostegno di Allianz, per supportare la crescita professionale di talenti under 30 che vivono in Italia – rappresenta un’opportunità sempre più importante per i vincitori, ai quali viene offerto un percorso formativo di alto livello culturale: entrambi hanno infatti trascorso nell’arco di tutto il 2012 due periodi di residenza, sia a Roma presso la Fondazione Pastificio Cerere, sia a Parigi presso la Cité Internationale des Arts, grazie alla collaborazione degli Incontri Internazionali d’Arte.
Con questa mostra si riconferma l’attenzione del Museo verso le nuove generazioni di artisti e il sodalizio fra MACRO, Civita e Fondazione Pastificio Cerere.
Fonassi presenta Kollaps, Aufstieg, una videoinstallazione concepita come una riflessione sulla voce umana e sui suoi effetti nello spazio/tempo.
L'artista combina nel video due scenari: il sito archeologico della Piramide del Sole, a Visoko (Bosnia-Hercegovina), e un laboratorio di ricerca sul rumore. Rinvenuta nel 2005 all'interno di una montagna, la Piramide del Sole è attualmente oggetto di studi archeo-acustici da parte di un gruppo di ricercatori italiani e croati, che nel corso di esperimenti sul propagarsi della voce umana nei cunicoli sotterranei spesso ricorre a performer, ai quali viene chiesto di eseguire canti antichi all'interno della Piramide. In Kollaps, Aufstieg, Fonassi invita una cantante professionista a prestare la propria voce come protagonista dell'opera. La voce femminile disegna gli spazi dentro i quali la cantante si muove – i cunicoli, il paesaggio intorno alla Piramide, la camera riverberante – utilizzando come partitura i limiti del campo audiovisivo imposti dallo stesso artista, entro i quali la cantante improvvisa liberamente. L'esperienza sonora del corpo-voce è riproposta fedelmente nell'installazione, nel tentativo di ricreare un'atmosfera antica, dove la voce torna a essere il primo strumento musicale dato all’uomo, nonché un canale prediletto attraverso il quale esprimere il rapporto tra l'umano e il divino.
L'opera riafferma così l'interesse dell'artista nel suono tanto come fenomeno fisico che culturale e, dunque, nella dialettica tra suono e dinamiche psicologiche del singolo e della collettività. Fonassi evidenzia quindi il potenziale comunicativo, "segnico" per azzardo, del suono e invita a riconsiderarne la ricezione come una più complessa dinamica di ascolto.
Moscardini, invece, presenta un nucleo di opere da interpretare come risultati "provvisori" di una ricerca in corso che attraversa le utopie architettoniche settecentesche, le forme pure moderniste e alcuni esempi di architettura militare della Seconda Guerra Mondiale.
Le opere si imperniano tutte sul progetto di un padiglione – restituito tramite studi preliminari, disegni tecnici, modelli – pensato come una forma assoluta del quale né sono indicate le dimensioni reali né viene presa in considerazione l'ingegnerizzazione. I plastici in particolare sono volumi solidi realizzati in scale e materiali differenti; nonostante alcune di esse siano praticabili, il carattere utopico del progetto ne comporta l'interpretazione come sculture a tutti gli effetti. I materiali impiegati, infatti, sono scarti provenienti da demolizioni, oppure reperti, materiali inizialmente impiegati per costruire e trasformatisi nel frattempo in archeologia. In questo scenario, il padiglione è un topos progettuale che permette all'artista di riflettere sulle idee di permanenza e temporaneità: il padiglione è infatti comunemente considerato una struttura temporanea, alla quale la permanenza è concessa solo in via eccezionale. Tra la natura effimera del modello architettonico e l'estrema durevolezza dei materiali scelti per i modelli si instaura, quindi, uno scontro dialettico volto all'ipotesi della trasformazione delle opere: se per esempio sottoposte ai condizionamenti climatici o a un utilizzo ripetuto, esse incorrerebbero nell'erosione, eventualità che l'artista legge con un'accezione positiva, come la dispersione dell'architettura nel paesaggio per lasciar posto a nuova architettura, in fondo un sintomo del continuo farsi della storia. Dice Michele D’Aurizio: “La mostra, nonostante raggruppi le opere di Fonassi e Moscardini nella stessa sala, non è da intendersi come una doppia personale. Laddove ricorrono delle assonanze nelle ricerche dei due artisti, queste non sono state né stimolate né concertate nella fase di ideazione della mostra, e sono piuttosto riconducibili a una tendenza, propria dell'arte italiana se si vuole, di mettere costantemente in discussione i linguaggi dell'arte per indagare un senso del fare artistico nella contemporaneità. L'utilizzo di un determinato mezzo espressivo è così sempre accompagnato da una consapevolezza puntuale e proattiva del mezzo stesso, che permette all'artista di accennare al potenziale mistico e spirituale dell'opera, come nel caso di Fonassi, o azzardare un discorso regressivo sul formalismo, come nel caso di Moscardini”. La mostra è accompagnata da due pubblicazioni, una per ciascun artista, con testi critici sulle ricerche di Francesco Fonassi e Margherita Moscardini e materiale di compendio alle opere esposte.
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