Franco Angeli. Gouaches
Dal 11 Dicembre 2014 al 12 Febbraio 2015
Roma
Luogo: Antichità Sturni
Indirizzo: via di Campo Marzio 81
Orari: lunedì 15.30-19.30; da martedì a sabato 10-19.30
Curatori: Paolina Sturni, Silvia Pegoraro
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 6784240
E-Mail info: info@antichitasturni.it
Sito ufficiale: http://www.antichitasturni.it
La personale del grande pittore romano, nato a Roma nel 1935 e scomparso nel 1988, è stata realizzata con la supervisione dell’Archivio Franco Angeli di Roma, presieduto da Maria Angeli, figlia dell’artista. In esposizione circa 70 gouaches, tutte assolutamente inedite, realizzate tra il 1957 e i primi anni ’80, facenti parte di un album appartenuto al pittore, e rimasto con lui per quasi trent’anni. Catalogo Edizioni Grafiche Turato, in galleria.
Antichità Sturni nasce a Roma nel 1925 come galleria antiquaria, nella sede di Via Campo Marzio 81, che ancor oggi occupa. Giunta alla terza e quarta generazione, l'attività della famiglia è oggi curata da Nicla Boncompagni e Paolo Sturni – recentemente affiancati dalla figlia, Paolina Sturni, in veste di Art Director - che nello spazio completamente rinnovato della storica sede di Via Campo Marzio propongono preziosi d'epoca realizzati dalle più grandi Maison: gioielli di artisti del '900, oltre a una collezione permanente di Vintage di Hermès.
Con la mostra di Franco Angeli prosegue un percorso attraverso l'arte moderna e contemporanea intrapreso da qualche anno: un percorso che nasce da una grande passione da sempre coltivata dai titolari, passione che si accompagna al desiderio di studiare a fondo il profilo identitario di quest’arte e di farne conoscere le molteplici espressioni, dalla dimensione aniconica - l’astrattismo in tutte le sue varietà e sfumature - alle forme espressive più vicine alla figurazione. Di recente la direzione artistica è stata assunta con entusiasmo da Paolina Sturni, fotografa e studiosa d’arte, che con la mostra di Angeli è alla sua prima organizzazione e curatela di un evento espositivo.
Di Franco Angeli scrisse Goffredo Parise, in uno dei suoi affettuosi e pungenti ritratti di Artisti: “E’ la bellezza e la grazia popolare romana”. Una grazia pasoliniana, sensuale e malinconica, che ci restituiscono anche le foto di questo grande pittore nato a Roma nel 1935, nel quartiere di San Lorenzo, e a Roma scomparso nel 1988, per molti anni quasi dimenticato. Non era però la malinconia, ma la disperazione ciò che il grande e “inclassificabile” Emilio Villa vedeva nelle sue prime opere, di matrice ancora informale : "quella specie di cosmologia arida, appena intravertibile da filiture e marezzature da screpoli e coaguli, tutta una metafisica sensitiva e ritmi generalizzati della disperazione": era la fine degli anni ’50, il periodo della sua sperimentazione astratto-materica ispirata soprattutto a Burri. Ma già nel ’59 anni iniziano a campeggiare come risulta evidente anche dalle opere su carta di questa mostra - icone minacciose e fortemente simboliche : svastiche, croci, lupe, aquile, emblemi di potere. Nel 1964 esplode a Venezia la Pop Art americana, ed è apparentemente ovvio associare alla sua iconografia la dura ed essenziale iconicità dell’immagine angeliana. Ma qui, alla consapevolezza degli stereotipi visivi legati alla civiltà dei consumi si sovrappone il senso di una tradizione millenaria, piena di chiaroscuri, che ha il suo fulcro nella città di Roma. Una tradizione che continua a pesare, e proprio per questo induce Angeli ad assumere una visione distaccata ed ironica verso la retorica celebrativa delle istituzioni. Al posto del presente assoluto quanto effimero di un’estetica da supermercato, dunque, un passato profondo, carico di memorie, che avvicina il lavoro di Angeli a quello di Schifano e di Festa, anche loro esponenti della "Scuola di Piazza del Popolo". L’assoluta originalità del Pop di Angeli e degli artisti a lui vicini sta insomma in una “maniera” tutta italiana, fondata su complesse stratificazioni culturali. Una maniera di forgiare immagini, poi, in cui all’araldica secchezza definitoria delle icone si unisce una profonda attrazione per la materia pittorica, elaborata e preziosa.
Dalla metà degli anni ‘70 le atmosfere visive di Angeli tornano a caricarsi di quella tensione “metafisica” che Villa aveva visto negli anni ’50, anche se ora è incarnata in un genere figurativo: piramidi, lune, obelischi, aeroplani da guerra, sospesi in spazi desolati. Tra questi appare, nei primi anni ‘80, l’ultima invenzione visiva dell’artista romano: un pupazzo disarticolato. Forse un tragico autoritratto.
In una bellissima poesia del 1985 dedicata alle opere su carta di Franco Angeli, Cesare Vivaldi parla di quella “nuda/bianchezza della carta”, protagonista anche di questa mostra e del catalogo che la documenta : 72 gouaches – tutte assolutamente inedite - datate dal 1957 ai primi anni ’80, distribuite dunque lungo tutto il percorso creativo ed esistenziale dell’artista. Opere assolutamente autonome e in sé compiute, che ci fanno comprendere come il disegno sia un mezzo espressivo fondamentale per Franco Angeli: un disegno carico di valori percettivi e simbolici, che si consegna alla carta in morfologie concettuali o emotive, intensamente concrete e “sensibili”, frutto di una gestualità libera e guidata da un’immaginazione fervida, ma insieme limpida ed esatta. La carta non è uno spazio chiuso che costringe le forme, ma le lascia proliferare e respirare liberamente, tratteggiate da linee tremule o affilate, comunque inquiete e vibranti. Per questo Cesare Vivaldi definiva le opere su carta di Angeli “opere dettate da una vera urgenza espressiva, e perciò tutt’altro che ‘minori’, fogli di una fantasia cromatica e di una inventiva invidiabili”. Un repertorio d’immagini dove anche gli elementi logorati dall’uso e dalla ripetizione sono rinnovati dall’intensità della totale autografia/autobiografia, che recupera tutta l’espressività istintiva e caratteriale della linea come scrittura autografa, unendola a una festosità cromatica, a una sontuosità della materia-colore… Viva testimonianza, questa, di come ogni dolore e ogni difficoltà Angeli sapesse riscattarli “nella febbre del dipingere”, come scriveva ancora Vivaldi.
Giuseppe Angeli, noto in arte come Franco Angeli, nasce a Roma, nel quartiere San Lorenzo, il 14 maggio 1935, da una famiglia del popolo di solida tradizione antifascista e socialista. Angeli vive la sua infanzia e adolescenza, dopo San Lorenzo (dove assiste al terribile bombardamento del 19 luglio 1943), a Borgo Pio, poi in Via Angelo Brunetti. Nel caos della guerra interrompe le scuole elementari, e a causa della morte del padre e delle precarie condizioni di salute della madre inizia invece a lavorare, come facchino ai mercati, come garzone di barbiere e poi di lavanderia, e in seguito da un tappezziere per automobili e da un carrozziere. Nel 1949 la morte della madre lo segna profondamente. Da questo momento si prende cura di lui il fratello maggiore Otello, sindacalista e poi segretario della sezione del Partito Comunista di Cinecittà. Comincia a dedicarsi ai primi esperimenti artistici da autodidatta, tra il ’55 e il ’57. Frequenta lo studio dello scultore Edgardo Mannucci, dove vede lavori di Burri che influenzano fortemente la prima fase della sua poetica, di natura astratto-informale e materica.
Angeli aderisce al Partito Comunista nella sezione di Campo Marzio, e nel 1955 conosce prima Tano Festa e poi Mario Schifano, con i quali stringe un rapporto di profonda e solida amicizia. Li accomuna l’estrazione popolare e quindi un senso della realtà molto forte, la frequentazione degli stessi luoghi, e l’esigenza di andare oltre le esperienze informali. Fanno parte a pieno titolo di quella che verrà definita la “Scuola di Piazza del Popolo”. Ma Angeli subisce anche il fascino della scrittura e della parola poetica, e tra i suoi amici conta poeti di grande valore, quali Sandro Penna, Cesare Vivaldi, Nanni Balestrini. Nel 1959 partecipa alla sua prima collettiva, alla Galleria La Salita di Roma, con Festa e Uncini. Nel 1960, sempre alla Salita, tiene la sua prima personale, presentata da Cesare Vivaldi.
All’inizio degli anni ’60, la sua poetica si muove verso la figurazione, in direzione di un uso dell’imagerie di massa che permette ad Angeli una nuova strutturazione del reale. Si tratta di icone e frammenti di simbologia storica e collettiva, simboli culturali e ideologici come croci, falci e martello o svastiche, che, decontestualizzati, acquisiscono un fortissimo potenziale critico. Nascono le lupe capitoline, le aquile americane e romane, emblemi di potere la cui violenza di impatto è filtrata da una sorta di velo che immerge le immagini in una dimensione di misteriosa oscurità.
Queste immagini, in apparente consonanza con le trionfanti tendenze pop, consacrano Angeli sulla scena internazionale dell’arte, dominate dalle iconografie del pop statunitense, nel frattempo esplose alla Biennale di Venezia del 1964, ma in realtà se ne distanziano profondamente. Lo stesso Angeli partecipa alla Biennale del trionfo pop, presentato da Maurizio Calvesi, ma in una lettera autografa scrive: “sono in grado di affermare di non avere mai dipinto un quadro nello spirito della Pop Art”.
Gli anni 1968/70 sono per Angeli anni di grande impegno politico e ideologico, che si protrarrà per tutti gli anni ’70, durante i quali l’artista si batte anche contro la guerra del Vietnam, rappresentandone gli orrori.All’inizio degli anni ’70 lavora anche direttamente con la fotografia, ricercando una resa oggettiva del reale fondata sull’ immediatezza narrativa, ricerca documentata anche dalla serie di fotogrammi ingranditi esposti, nel 1972, alla Galleria Sirio di Roma, nell’ambito della rassegna Film.
Sempre nel ’72 fanno la loro comparsa, nell’universo figurale di Angeli, le immagini di aeroplani, obelischi, piramidi, piccoli paesaggi, che diventeranno motivi dominanti di questi anni. A partire dal 1973 si fa strada una nuova visione più analitica, e il pittore si indirizza verso forme più geometriche, sempre più marcate da campiture regolari e contorni netti. Dal 1975 si rafforza la scelta di una figurazione che sembra immergere gli oggetti in uno spazio metafisico, evidente nei lavori esposti alla X Quadriennale di Roma.
Nello stesso 1975 conosce la giovane nobildonna romana Livia Massimo Lancellotti, che diviene sua compagna di vita e nel '76 gli dà l’unica figlia, Maria. Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva, nella sezione L'iconosfera urbana,dove presenta anche un cortometraggio.
Negli anni ‘80 si va approfondendo la natura neo-metafisica della ricerca visiva di Angeli, mentre le sue opere svelano anche lo studio e l’influenza di Sironi, Scipione, Mafai. Nel 1984 compare nei suoi lavori la figura di un pupazzo disarticolato, forse emblema dell’artista stesso, che come una marionetta è in balia dei fili imperscrutabili del destino.
Franco Angeli si spegne a Roma il 12 novembre 1988, all’età di 53 anni, in seguito a complicazioni dovute all’Hiv. I suoi funerali si tengono presso la chiesa di Santa Maria del Popolo, che custodisce l’opera di Caravaggio La conversione di San Paolo, molto ammirata e amata da Angeli.
Antichità Sturni nasce a Roma nel 1925 come galleria antiquaria, nella sede di Via Campo Marzio 81, che ancor oggi occupa. Giunta alla terza e quarta generazione, l'attività della famiglia è oggi curata da Nicla Boncompagni e Paolo Sturni – recentemente affiancati dalla figlia, Paolina Sturni, in veste di Art Director - che nello spazio completamente rinnovato della storica sede di Via Campo Marzio propongono preziosi d'epoca realizzati dalle più grandi Maison: gioielli di artisti del '900, oltre a una collezione permanente di Vintage di Hermès.
Con la mostra di Franco Angeli prosegue un percorso attraverso l'arte moderna e contemporanea intrapreso da qualche anno: un percorso che nasce da una grande passione da sempre coltivata dai titolari, passione che si accompagna al desiderio di studiare a fondo il profilo identitario di quest’arte e di farne conoscere le molteplici espressioni, dalla dimensione aniconica - l’astrattismo in tutte le sue varietà e sfumature - alle forme espressive più vicine alla figurazione. Di recente la direzione artistica è stata assunta con entusiasmo da Paolina Sturni, fotografa e studiosa d’arte, che con la mostra di Angeli è alla sua prima organizzazione e curatela di un evento espositivo.
Di Franco Angeli scrisse Goffredo Parise, in uno dei suoi affettuosi e pungenti ritratti di Artisti: “E’ la bellezza e la grazia popolare romana”. Una grazia pasoliniana, sensuale e malinconica, che ci restituiscono anche le foto di questo grande pittore nato a Roma nel 1935, nel quartiere di San Lorenzo, e a Roma scomparso nel 1988, per molti anni quasi dimenticato. Non era però la malinconia, ma la disperazione ciò che il grande e “inclassificabile” Emilio Villa vedeva nelle sue prime opere, di matrice ancora informale : "quella specie di cosmologia arida, appena intravertibile da filiture e marezzature da screpoli e coaguli, tutta una metafisica sensitiva e ritmi generalizzati della disperazione": era la fine degli anni ’50, il periodo della sua sperimentazione astratto-materica ispirata soprattutto a Burri. Ma già nel ’59 anni iniziano a campeggiare come risulta evidente anche dalle opere su carta di questa mostra - icone minacciose e fortemente simboliche : svastiche, croci, lupe, aquile, emblemi di potere. Nel 1964 esplode a Venezia la Pop Art americana, ed è apparentemente ovvio associare alla sua iconografia la dura ed essenziale iconicità dell’immagine angeliana. Ma qui, alla consapevolezza degli stereotipi visivi legati alla civiltà dei consumi si sovrappone il senso di una tradizione millenaria, piena di chiaroscuri, che ha il suo fulcro nella città di Roma. Una tradizione che continua a pesare, e proprio per questo induce Angeli ad assumere una visione distaccata ed ironica verso la retorica celebrativa delle istituzioni. Al posto del presente assoluto quanto effimero di un’estetica da supermercato, dunque, un passato profondo, carico di memorie, che avvicina il lavoro di Angeli a quello di Schifano e di Festa, anche loro esponenti della "Scuola di Piazza del Popolo". L’assoluta originalità del Pop di Angeli e degli artisti a lui vicini sta insomma in una “maniera” tutta italiana, fondata su complesse stratificazioni culturali. Una maniera di forgiare immagini, poi, in cui all’araldica secchezza definitoria delle icone si unisce una profonda attrazione per la materia pittorica, elaborata e preziosa.
Dalla metà degli anni ‘70 le atmosfere visive di Angeli tornano a caricarsi di quella tensione “metafisica” che Villa aveva visto negli anni ’50, anche se ora è incarnata in un genere figurativo: piramidi, lune, obelischi, aeroplani da guerra, sospesi in spazi desolati. Tra questi appare, nei primi anni ‘80, l’ultima invenzione visiva dell’artista romano: un pupazzo disarticolato. Forse un tragico autoritratto.
In una bellissima poesia del 1985 dedicata alle opere su carta di Franco Angeli, Cesare Vivaldi parla di quella “nuda/bianchezza della carta”, protagonista anche di questa mostra e del catalogo che la documenta : 72 gouaches – tutte assolutamente inedite - datate dal 1957 ai primi anni ’80, distribuite dunque lungo tutto il percorso creativo ed esistenziale dell’artista. Opere assolutamente autonome e in sé compiute, che ci fanno comprendere come il disegno sia un mezzo espressivo fondamentale per Franco Angeli: un disegno carico di valori percettivi e simbolici, che si consegna alla carta in morfologie concettuali o emotive, intensamente concrete e “sensibili”, frutto di una gestualità libera e guidata da un’immaginazione fervida, ma insieme limpida ed esatta. La carta non è uno spazio chiuso che costringe le forme, ma le lascia proliferare e respirare liberamente, tratteggiate da linee tremule o affilate, comunque inquiete e vibranti. Per questo Cesare Vivaldi definiva le opere su carta di Angeli “opere dettate da una vera urgenza espressiva, e perciò tutt’altro che ‘minori’, fogli di una fantasia cromatica e di una inventiva invidiabili”. Un repertorio d’immagini dove anche gli elementi logorati dall’uso e dalla ripetizione sono rinnovati dall’intensità della totale autografia/autobiografia, che recupera tutta l’espressività istintiva e caratteriale della linea come scrittura autografa, unendola a una festosità cromatica, a una sontuosità della materia-colore… Viva testimonianza, questa, di come ogni dolore e ogni difficoltà Angeli sapesse riscattarli “nella febbre del dipingere”, come scriveva ancora Vivaldi.
Giuseppe Angeli, noto in arte come Franco Angeli, nasce a Roma, nel quartiere San Lorenzo, il 14 maggio 1935, da una famiglia del popolo di solida tradizione antifascista e socialista. Angeli vive la sua infanzia e adolescenza, dopo San Lorenzo (dove assiste al terribile bombardamento del 19 luglio 1943), a Borgo Pio, poi in Via Angelo Brunetti. Nel caos della guerra interrompe le scuole elementari, e a causa della morte del padre e delle precarie condizioni di salute della madre inizia invece a lavorare, come facchino ai mercati, come garzone di barbiere e poi di lavanderia, e in seguito da un tappezziere per automobili e da un carrozziere. Nel 1949 la morte della madre lo segna profondamente. Da questo momento si prende cura di lui il fratello maggiore Otello, sindacalista e poi segretario della sezione del Partito Comunista di Cinecittà. Comincia a dedicarsi ai primi esperimenti artistici da autodidatta, tra il ’55 e il ’57. Frequenta lo studio dello scultore Edgardo Mannucci, dove vede lavori di Burri che influenzano fortemente la prima fase della sua poetica, di natura astratto-informale e materica.
Angeli aderisce al Partito Comunista nella sezione di Campo Marzio, e nel 1955 conosce prima Tano Festa e poi Mario Schifano, con i quali stringe un rapporto di profonda e solida amicizia. Li accomuna l’estrazione popolare e quindi un senso della realtà molto forte, la frequentazione degli stessi luoghi, e l’esigenza di andare oltre le esperienze informali. Fanno parte a pieno titolo di quella che verrà definita la “Scuola di Piazza del Popolo”. Ma Angeli subisce anche il fascino della scrittura e della parola poetica, e tra i suoi amici conta poeti di grande valore, quali Sandro Penna, Cesare Vivaldi, Nanni Balestrini. Nel 1959 partecipa alla sua prima collettiva, alla Galleria La Salita di Roma, con Festa e Uncini. Nel 1960, sempre alla Salita, tiene la sua prima personale, presentata da Cesare Vivaldi.
All’inizio degli anni ’60, la sua poetica si muove verso la figurazione, in direzione di un uso dell’imagerie di massa che permette ad Angeli una nuova strutturazione del reale. Si tratta di icone e frammenti di simbologia storica e collettiva, simboli culturali e ideologici come croci, falci e martello o svastiche, che, decontestualizzati, acquisiscono un fortissimo potenziale critico. Nascono le lupe capitoline, le aquile americane e romane, emblemi di potere la cui violenza di impatto è filtrata da una sorta di velo che immerge le immagini in una dimensione di misteriosa oscurità.
Queste immagini, in apparente consonanza con le trionfanti tendenze pop, consacrano Angeli sulla scena internazionale dell’arte, dominate dalle iconografie del pop statunitense, nel frattempo esplose alla Biennale di Venezia del 1964, ma in realtà se ne distanziano profondamente. Lo stesso Angeli partecipa alla Biennale del trionfo pop, presentato da Maurizio Calvesi, ma in una lettera autografa scrive: “sono in grado di affermare di non avere mai dipinto un quadro nello spirito della Pop Art”.
Gli anni 1968/70 sono per Angeli anni di grande impegno politico e ideologico, che si protrarrà per tutti gli anni ’70, durante i quali l’artista si batte anche contro la guerra del Vietnam, rappresentandone gli orrori.All’inizio degli anni ’70 lavora anche direttamente con la fotografia, ricercando una resa oggettiva del reale fondata sull’ immediatezza narrativa, ricerca documentata anche dalla serie di fotogrammi ingranditi esposti, nel 1972, alla Galleria Sirio di Roma, nell’ambito della rassegna Film.
Sempre nel ’72 fanno la loro comparsa, nell’universo figurale di Angeli, le immagini di aeroplani, obelischi, piramidi, piccoli paesaggi, che diventeranno motivi dominanti di questi anni. A partire dal 1973 si fa strada una nuova visione più analitica, e il pittore si indirizza verso forme più geometriche, sempre più marcate da campiture regolari e contorni netti. Dal 1975 si rafforza la scelta di una figurazione che sembra immergere gli oggetti in uno spazio metafisico, evidente nei lavori esposti alla X Quadriennale di Roma.
Nello stesso 1975 conosce la giovane nobildonna romana Livia Massimo Lancellotti, che diviene sua compagna di vita e nel '76 gli dà l’unica figlia, Maria. Nel 1978 partecipa alla Biennale di Venezia curata da Achille Bonito Oliva, nella sezione L'iconosfera urbana,dove presenta anche un cortometraggio.
Negli anni ‘80 si va approfondendo la natura neo-metafisica della ricerca visiva di Angeli, mentre le sue opere svelano anche lo studio e l’influenza di Sironi, Scipione, Mafai. Nel 1984 compare nei suoi lavori la figura di un pupazzo disarticolato, forse emblema dell’artista stesso, che come una marionetta è in balia dei fili imperscrutabili del destino.
Franco Angeli si spegne a Roma il 12 novembre 1988, all’età di 53 anni, in seguito a complicazioni dovute all’Hiv. I suoi funerali si tengono presso la chiesa di Santa Maria del Popolo, che custodisce l’opera di Caravaggio La conversione di San Paolo, molto ammirata e amata da Angeli.
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