FuoriTutto. La mostra delle mostre dell'Istituto Giapponese di Cultura

Y. Ishimoto, Villa Katsura, Kyoto

 

Dal 18 Gennaio 2018 al 24 Marzo 2018

Roma

Luogo: Istituto Giapponese di Cultura

Indirizzo: via Antonio Gramsci 74

Orari: da lunedì a venerdì 9-12.30 / 13.30-18.30; mercoledì fino alle 17.30; sabato 9.30-13

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 06 3224754

Sito ufficiale: http://www.jfroma.it/



La mostra delle mostre: l’Istituto Giapponese ne possiede varie disponibili al prestito, oltre a oggetti e corredi importanti che attendono nel silenzio dei depositi il momento di rivelarsi. FUORI TUTTO dà luce a opere o pannelli che diacronicamente raccontano i trend dello scambio culturale e istituzionale italogiapponese degli ultimi 50 anni. Calligrafia, buddhismo, giardini, festival, patrimoni UNESCO, aquiloni e trottole, le lampade originali di Isamu Noguchi e le foto della leggendaria missione Iwakura: ghiotta occasione per riflettere su temi di inossidabile fascino. Per tacere del rarissimo Hyakumantō.
In mostra selezione da:

1. Calligrafia giapponese contemporanea
Ed è anche un vuoto di parola che costituisce la scrittura; è da questo vuoto che nascono quei tratti con cui lo zen, nell’esenzione di ogni senso, scrive i giardini, i gesti, le case, i mazzi di fiori, i volti, la violenza.
i. Roland Barthes, L’impero dei segni, 1970

L’atto che produce la calligrafia, unico e compiuto, compreso di un suo stato d’animo, non può essere corretto essendo un flusso vivo che si effonde dall’intimo dell’autore verso l’esterno. Il calligrafo è davanti alla carta in una situazione emotiva di estrema concentrazione e dal momento in cui poggia il pennello sulla carta a quando lo solleva il senso ritmico determinato dal tocco del pennello in apertura, il suo orientamento, la velocità, la pressione, decide del destino dell’opera. Non ci sono correzioni. Per perfezionare una calligrafia l’autore, portando all’esterno la propria emotività, ripete la creazione sino a che non ne è soddisfatto: cinquanta, cento volte e di esse una è l’opera che verrà mostrata in pubblico. Chi la valuta naturalmente conosce il significato dello scritto ma, avendo percepito l’idea trasmessa dalla volontà del calligrafo, ciò non è necessario per apprezzare l’opera: anche nel caso che non lo capisse, può giudicarla dalla composizione spaziale del bianco e del nero, là dove si compongono unitariamente la forma che si manifesta, le linee, il loro fluire, il chiaro-scuro dell’inchiostro, i vuoti. In aggiunta sarebbe una fortuna se dall’esteriorità dello scritto riuscisse a raggiungere la percezione dall’alta spiritualità di cui il calligrafo l’ha permeata, racchiusa in espressioni quali “La calligrafia è il suo autore” o “L’animo si fa arte”. 
Toba-Chiba Ikuyo, Shodō , in Calligrafia Giapponese Contemporanea, Istituto Giapponese diCcultura in Roma, 1995 

2. I festival giapponesi Mito e rito nel Giappone contemporaneo Il Giappone ha conservato chiara e netta la distinzione tra le 4 stagioni, primavera, estate, autunno, inverno, con caratteristiche naturali e di clima piuttosto marcate. È risaputo difatti che i giapponesi siano un popolo con una spiccata percezione delle stagioni. Questa sensibilità pare abbia avuto una parte molto importante nella storia e nella cultura del Paese, in particolare nei riguardi della letteratura e dell’arte: oltre a tematiche propriamente artistiche e di gusto estetico, sono state spesso rappresentate scene collegate al lavoro quotidiano, ai riti e alle ricorrenze. Gli eventi rituali nel calendario giapponese (detti nenjū gyōji) stanno ad indicare qualcosa di speciale che viene puntualmente messa in atto, perlopiù con scadenza annuale, sulla base delle componenti stagionali insite in quella circostanza. Sono quindi la rappresentazione di avvenimenti stagionali e, attraverso essi si può riuscire a capire quale sia l’atteggiamento giapponese verso la natura. Le feste tradizionali giapponesi sono intimamente collegate con l’etnologia, l’antropologia, la religione, l’animismo; i riti e gli oggetti ad esse connesse si perpetuano a tutt’oggi, conservando in molti casi le caratteristiche locali. Ci sono le feste per il Capodanno, le ricorrenze per i bambini, i riti connessi ai lavori dei campi; anche nelle città, dove hanno finito con l’assumere espressioni più moderne, i riti fanno parte della vita giapponese mantenendo viva la tradizione.
Masaaki iseki, in Feste Tradizionali in Giappone, Istituto Giapponese di Cultura in Roma, 1987 

3. Il giardino giapponese Il dettaglio e l’insieme in una grande storia di asimmetriche armonie estetiche. Mostra fotografica sui giardini più noti e significativi del Giappone, da Villa Katsura al tempio Ryoanji di Kyoto, alla scoperta dei vari elementi propri del nihon teien, riproduzione in scala della natura, modellata secondo i canoni del manuale Sakuteiki, manuale dell’arte del giardino redatto dal nobile Tachibana attorno all’anno 1000.

4. Il patrimonio mondiale UNESCO in Giappone Kazuyoshi Miyoshi fotografa i patrimoni culturali e naturalistici del Giappone inseriti nella lista UNESCO. La lista nipponica comprende villaggi dalle architetture tipiche e archetipiche, zone montuose, isole, templi, santuari, e l’emblematica cupola di Hiroshima, sorprendentemente intonso luogo di caduta dell’ordigno atomico. Tra gli ultimi iscritti: l’iconico monte Fuji.

5. Aquiloni e Trottole dal Giappone I pezzi in mostra, provenienti dall’intero territorio nazionale, forniscono preziose informazioni etnografiche sul Giappone, con le varianti locali e i richiami alle ricorrenze stagionali- Testimonianze storiche confermano che aquiloni e trottole, di origine cinese, sono presenti in Giappone da più di 1200 anni. Unico caso al mondo, ancora oggi in molte zone dell’arcipelago se ne costruiscono migliaia di esemplari a livello artigianale, utilizzando i design e i colori della tradizione o caratteristici delle varie regioni di produzione. Sebbene l’interesse dei bambini giapponesi verso questa forma di divertimento sia andato man mano scemando in seguito alla carenza di aree ludiche all’aperto e all’introduzione di giochi tecnologici e interattivi, rimane pur vero che in Giappone esistono ancora diverse feste ufficiali, festival e incontri amatoriali che permettono di apprezzare e tramandare questa antica forma d’arte e d’intrattenimento.

6. Statue buddhiste e Statue di Buddha nella terra di Yamato Due mostre fotografiche sulla raffinata statuaria del pantheon buddhista La statuaria buddhista fu introdotta in Giappone circa 1400 anni fa, nel periodo Asuka (593-710), con la realizzazione dell’Asuka Daibutsu, effige bronzea di Shaka Nyorai alta oltre 16 metri. Da allora si sono susseguiti stili che riflettevano di volta in volta i principi estetici e culturali del tempo. Le due mostre si concentrano sulle tipologie iconografiche dei diversi stadi della buddhità, e sulla imperiosa e raffinatissima statuaria dell’aria di Kyoto, ricca dei più noti templi al mondo.

7. IL GIAPPONE SCOPRE L’OCCIDENTE Una missione diplomatica 1871-73 L’alba delle relazioni moderne tra Italia e Giappone testimoniate dai protagonisti della missione Iwakura (dal nome del capomissione, ambasciatore Tomomi Iwakura, 1825-1883, in occidente assieme agli altri inviati Takayoshi Kido, 1833-1877, Toshimichi Ōkubo 1830-1878, Hirobumi Itō, 1841-1909, Naoyoshi Yamaguchi, 1839- 1894, protagonisti della scena politica giapponese a venire). La ricca raccolta di fonti materiali e scritte in un’accurata ricerca che fotografa l’Italia postunitaria e il Giappone che si affaccia a ovest dopo l’epocale Restaurazione Meiji (1868). La missione di Iwakura salpò dal porto di Yokohama per gli Stati Uniti il 23 dicembre 1871, appena pochi mesi dopo l’abolizione degli han o feudi e l’adozione del sistema delle prefetture avvenuta proprio nel mese di luglio dello stesso anno. Dopo una politica isolazionistica perseguita per ben 300 anni nei confronti di tutti i paesi stranieri tranne l’Olanda, nel 1854 il Giappone decise di attuare l’apertura dei porti. In questa nuova situazione,molti giapponesi si recarono in vari paesi occidentali come componenti di missioni ufficiali o come privati cittadini. Senza dubbio, la missione cosiddetta di Iwakura può essere considerata l’ultima, la più importante e la più numerosa fra tutte quelle inviate dalla fine del feudalesimo di Tokugawa all’inizio del governo imperiale di Meiji. La missione venne organizzata dal nuovo governo di Meiji per tre motivi principali: il primo, la presentazione di credenziali ai capi degli Stati con cui il Giappone aveva concluso trattati a partire dal termine dell’epoca di Tokugawa; il secondo, trattative preparatorie per il differimento del rinnovo dei trattati; il terzo, infine, indagine e studio di vari sistemi e organizzazioni moderni adottati nei Paesi occidentali più sviluppati. La missione, dai previsti 10 mesi e mezzo, in realtà durò un anno e 10 mesi, toccando 12 Paesi, tra USA e Europa. (S. Iwakura, Itinerario della missione di Iwakura in Italia nel 1873, Annuario 1992, Istituto Giapponese di Cultura in Roma) 

8. Hyakumantō Un milione di Pagode Presunto originale (e copia manipolabile) di una del milione di pagode lignee in miniatura contenenti testo sacro dharani , considerato il più antico stampato al mondo. I primi esempi di testi stampati in Giappone sono l’enorme numero di invocazioni dharani che furono, secondo le antiche cronache Shoku nihongi, realizzati tra il 764 e il 770 e poste all’interno di minipagode lignee spesso recanti la stessa data. L’enorme quantità prodotta fa ritenere che siano stati fatti tentativi precedenti, così come si suppone che fu il monaco cinese Jianzhen a importare l’arte della stampa in Giappone, dove giunse nel 753. Il testo dharani contenuto all’interno non venne riprodotto per distribuzione o lettura, quanto per rituale riproduzione dei testi. Tratto dal sutra conosciuto in giapponese come Muku jōkō dai daranikyō, tradotto in cinese dal monaco tocario Mitraṡanta nel 704. Il sutra si fonda sui benefici derivanti dalla riproduzione del testo dharani e l’inserimento nelle pagode. Su commissione dell’imperatrice Shōtoku, le pagode vennero distribuite nei dieci maggiori templi del Giappone. VIII secolo.

9. Lampade Akari di Isamu Noguchi 16 esemplari dalla serie del 1951 creata dal noto designer che ha fatto scuola nel mondo. .Uno dei più importanti artisti del XX secolo, Isamu Noguchi (1904-1988) ha esteso la tradizionale nozione di scultura fino a includere la creazione di scenografie per spettacoli di danza, giardini, parchi giochi, fontane e mobilio. All’interno di questa vasta rosa di ambienti spaziali le lampade Akari di Isamu Noguchi occupano un posto unico, esprimendo il suo retaggio nippoamericano in lavori progettati per migliorare la qualità della vita quotidiana. Akari, un termine che significa luce come illuminazione, ma implica anche l’idea di leggerezza / mancanza di peso Nel 1951 Isamu Noguchi visitò la città giapponese di Gifu, nota per la manifattura di lampade e ombrelli di bamboo e carta di gelso. Ispirato anche dalle lanterne per la pesca notturna usate sul Niagara River, Noguchi disegnò le sue prime lampade realizzate col tradizionale sistema di produzione di Gifu. Chiamò tali opere Akari, un termine che significa luce come illuminazione, ma implica anche il concetto di mancanza di peso o leggerezza. Espandendo il concetto di scultura luminosa, sviluppato a New York negli anni quaranta, Noguchi utilizzò forme astratte per unire la semplicità dell’estetica giapponese ai principi dell’arte e del design contemporanei. Più che accessori per la casa Akari sono vere e proprie sculture di luce. “Tutto ciò di cui hai bisogno per fare una casa sono una stanza, un tatami e un Akari” Incorniciando il caldo bagliore della luce nel bamboo e nella carta fatta a mano, Isamu Noguchi portò nelle case il design contemporaneo insieme ai più tradizionali materiali giapponesi. Come la bellezza delle foglie cadenti e del bocciolo di ciliegio, Noguchi scrisse, Akari sono “poetiche, effimere e incerte”. E amava ripetere: “Tutto ciò di cui hai bisogno per fare una casa sono una stanza, un tatami e un Akari”. La realizzazione delle sculture di luce Akari La produzione di Akari in Giappone, alla Ozeki Company, segue dal 1951 i metodi tradizionali di costruzione delle lanterne Gifu. Ogni Akari è fatta a mano, iniziando dalla fabbricazione della carta washi con la corteccia interna degli alberi di gelso. Gli elementi di bambù che compongono l’ossatura sono distesi su forme modellate di legno, che ricordano delle sculture. La carta washi viene prima tagliata in strisce larghe o più sottili, a seconda della forma e della grandezza della lampada, e poi incollata su entrambi i lati della struttura. Una volta seccatasi la colla, e quando la forma della lampada è ormai stabile, la forma interna di legno viene disassemblata e rimossa. Il risultato finale è una forma di carta forte e flessibile, che può essere anche ripiegata e impacchettata per la spedizione. La confezione dell’Akari include anche il sistema di supporto della lampada, brevettato da Noguchi stesso (http://www.noguchi.org/noguchi)   

Giovedì 18 gennaio 2018 ore 18 inaugurazione|visita guidata|sake   
Visite guidate gratuite su prenotazione allo 063224754:
giovedì 1 febbraio 11.30; martedì 13 febbraio ore 17.30
giovedì 1 marzo ore 17.30; martedì 13 marzo ore 11.30
Scuole/gruppi/percorsi didattici ad hoc: gruppi@jfroma.it   

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