La moltitudine che è in ognuno di noi
Francesco Trombadori, Senza titolo, 1910 ca, olio su tela, cm. 34x29
Dal 9 April 2019 al 14 July 2019
Roma
Luogo: Musia (living & Arts)
Indirizzo: via dei Chiavari 7/9
Orari: da martedì a sabato ore 16 - 22,30; domenica, lunedì e festivi chiuso
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 06 68210213
E-Mail info: info@musia.it
Sito ufficiale: http://www.musia.it
Un paesaggio di volti, sguardi nei quali riconoscersi, che attraggono o che mettono a disagio, espressioni e atteggiamenti in cui specchiarsi per ritrovare negli altri qualcosa di sé. Musia si trasforma in un'unica, grande esposizione che accoglie ritratti, autoritratti e sculture provenienti dalla Collezione Jacorossi. Un percorso dove tra la creatività degli artisti e le loro opere si inserisce, urgente, il senso profondo della centralità della Persona.
Viviamo in moltitudine, siamo moltitudine, visto il carattere molecolare e liquido della società. Eppure c’è sempre in ciascuno di noi una sommersa tensione a conservare e sviluppare una propria specifica personalità. Se la moltitudine ci fa tutti eguali, in una continua ripetizione del medesimo, nella psicologia l’uomo ha bisogno di sentirsi unico e irripetibile. E non c’è nulla di più unico ed irripetibile del volto, del nostro volto, del volto di chi ci vive accanto, del volto di altri da noi. Non è un caso che Musia, il luogo in cui vi trovate in questo momento, sia nato dalla centenaria esperienza imprenditoriale della famiglia Jacorossi, che ha fatto della “centralità della persona” una preziosa linea guida.
Di qui il fascino di dialogare con il ritratto come “volto dell’altro”. In un silenzioso faccia a faccia che spinge alla curiosità per una persona conoscibile solo dalle sue sembianze fissate su tela o scolpite; che richiama improvvise ed inaspettate sensazioni; che risveglia e provoca una parte di noi stessi; che mette in circolo un germe di relazione interpersonale; che apre alla meraviglia di immagini non ripiegate su se stesse. Che addirittura provoca il singolo ad una ricerca di alterità dialettica; che è anche segretamente (lontano dalla moltitudine) una ricerca dell’Uno, se Levinas ha scritto che il volto di Dio comincia dal volto dell’altro. Il rapporto con questi sessanta volti è quindi una “nuda provocazione” a chi guarda; non c’è bisogno di conoscerne gli autori, c’è solo da interpretare i singoli ritratti, come interlocutori di ciascuno di noi, andando oltre l’immediato gradimento o il disinvolto rigetto. Camminare in una paesaggio di volti può diventare, nel libero itinerario dei faccia a faccia, un modo di vivere la moltitudine in una mai banale compagnia.
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