Luis Felipe Ortega. A Horizon Falls, a Shadow

Luis Felipe Ortega, Looking Through Something That Appears To Be Oneself (particolare), 2014

 

Dal 07 Febbraio 2018 al 22 Marzo 2018

Roma

Luogo: Mattatoio

Indirizzo: piazza Orazio Giustiniani 4

Orari: al martedì alla domenica dalle 14.00 alle 20.00. Il lunedì è chiuso. L’ingresso è consentito fino a 30 minuti prima della chiusura

Curatori: Lucilla Meloni

Enti promotori:

  • Con il patrocinio dell’Ambasciata del Messico e la collaborazione di Galleria Montoro12

Costo del biglietto: Intero € 6, ridotto € 5; residenti € 5 / € 4. Bambini fino a 6 anni gratuito

Telefono per informazioni: +39 06 39967500

Sito ufficiale: http://https://www.mattatoioroma.it/



Il Macro Testaccio ospita la prima mostra personale in Italia dell’artista messicano Luis Felipe Ortega, che ha rappresentato il Messico alla 56.a Biennale di Venezia. Un cospicuo numero di opere, tra video, fotografia, installazione, disegno, dà conto del procedere multimediale dell’artista.
 
Il tema dello sguardo, dell’“esercizio dell’osservazione”, come dichiara l’artista, è centrale nel suo lavoro che necessita di un’attenta, prolungata visione. Se in Horizons (2013 - 2017) il lapis compone le tonalità diverse di un orizzonte, di uno spazio reale quanto mentale, in Looking trougth something that appears to be oneself (2014) il visitatore è invitato a rispecchiarsi nei minimi frammenti del reale, fotografati. Nel video Altamura (2016) le immagini di un paesaggio, accompagnate dalle voci di poeti, scrittori filosofi, scorrono lentamente quasi come fotogrammi e hanno la qualità dei frammenti temporali.
 
Dal sottile legame che nel corso del tempo ha intrecciato anche con altri autori prende forma Double Exposure (Expanded) (2012-2017). Ovvero la rivisitazione di Flowers, il libro d’artista di Fischli & Weiss, così come il video Remake  realizzato nel 1994 con Daniel Guzman, un rievocazione ante litteram di performance di Bruce Nauman, di Terry Fox, di Paul McCarthy.
Dell’inizio della sua carriera è Sanitary Report (1991) registrazione di due azioni - una in uno spazio domestico, l’altra per la strada - richiamandosi a Samuel Becket invita a una riflessione sulla condizione umana. Anche l’attualità trova spazio nella sua ricerca: quella dedicata ai 43 studenti di Ayotzinapa rapiti in Messico nel 2016 e uccisi è dedicato il complesso lavoro Long Night in the Present (2016). Si tratta di una narrazione silenziosa, poiché per Ortega, che ha condiviso con la sua generazione agli inizi degli anni Novanta la volontà di voler partecipare ai processi democratici del suo Paese attraverso la riappropriazione dello spazio pubblico e dell’opera collettiva, ogni opera è intrinsecamente politica. 
 
Così la grande installazione che campeggia tra le colonne al centro dello spazio espositivo Landscape and Geometry (for P. P. P.) del 2017. Un luogo declinato tra vuoto e pieno, dove alla leggerezza della trama ordita dai fili si accompagna la pesantezza delle pietre. L’opera prende ispirazione dall’articolo di Pier Paolo Pasolini “Il vuoto del potere” anche detto “l’articolo delle lucciole” pubblicato il 1° febbraio 1975 su il Corriere della Sera. Ortega trasforma il pensiero dello scrittore in brano poetico poiché come dichiara: “l’artista crea uno spazio con un ordine particolare, a volte un disordine, o un altro tipo di ordine, che sfugge alla normalità”.
 
La mostra A Horizon Falls, a Shadow è corredata da un catalogo che ospita il testo della curatrice Lucilla Meloni, un intervento della scrittrice messicana María Virginia Jaua e una conversazione tra Luis Felipe Ortega e Claudio Crescentini.
 
Luis Felipe Ortega.
Laureato alla Facoltà di Filosofia dell'Università Autonoma Nazionale di Città del Messico.
Dal 1993 espone nel suo paese e in rassegne internazionali di rilievo. Artista eterogeneo, ha preso parte al Collettivo Temístocles 44 e ha fondato alcuni progetti editoriali come Casper, pubblicazione curata da un gruppo di artisti impegnati nel narrare problematiche, interessi e influenze legate alla loro generazione.
Sin dagli anni ‘80, quando l’artista inizia il suo percorso attraverso il video, Ortega ha sostenuto un’indagine scrupolosa degli strumenti mediatici, che lo hanno visto investigare il linguaggio dei media e realizzando performances in spazi pubblici, utilizzando un linguaggio sempre più complesso per esplorare il tempo e le strategie spaziali dell’immagine. La sua ricerca si concentra sul concetto di viaggio, di scultura del paesaggio, di silenzio e vuoto, quali risorse attraverso cui approfondire il soggetto contemporaneo. Ortega ha concepito il suo lavoro anche come spazio, in cui si incontrano e si formalizzano echi di pensieri, di letteratura, di poesia e di filosfia, come dimostrano i lavori ispirati a Italo Calvino, a Gilles Deleuze, a Dino Campana. Six Essays Regarding Calvino (1998-1999), The Shadow Line (2004) and Breakfast for Dino Campana (2009), ne sono il risultato. 
Luis Felipe Ortega è stato anche uno dei primi  artisti che ha fatto proprie alcune tra le più importanti esperienze di Body Art.
 

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