Guglielmo Durazzo. Percorsi

Guglielmo Durazzo. Percorsi, martinArte, Torino

 

Dal 29 Maggio 2013 al 12 Giugno 2013

Torino

Luogo: martinArte

Indirizzo: corso Siracusa 24a

Orari: lunedì 15.30-19; martedì e mercoledì 10-12.30/ 16-21.30 giovedì e venerdì 10.00-12.30 e 16.00-19.00

Curatori: Fernando Monta'

Costo del biglietto: ingresso gratuito

Telefono per informazioni: +39 011 3433756/ 335 360545

E-Mail info: paolabarbarossa@libero.it

Sito ufficiale: http://www.martinarte2010.it


Guglielmo Durazzo è nato nel 1948 a Torino, dove vive ed esercita la professione di avvocato. Da sempre si dedica alla pittura. Dopo aver partecipato, nei primi anni settanta, a mostre collettive presso l’Associazione “Piemonte Artistico e Culturale” e presso la Promotrice di Belle Arti di Torino, nel 1995 ha esposto in una prima personale presso la Camera del Lavoro di Alessandria. A questa ne sono seguite altre, in spazi pubblici – le APT di Aosta e Trieste - e gallerie private: le gallerie torinesi PASL, TeArt, Libreria Internazionale Hellas, Babe13. Con i pittori Mirella Brizio, Giorgio Enrico Bena, Walter Naretto ed il fotografo Elio Sivera, per alcuni anni ha costituito il Gruppo BAIRES 96, la cui denominazione corrisponde all’indirizzo del condominio dove tutti risiedono: gruppo scherzosamente definito dal critico Angelo Mistrangelo di “pittori condominiali”. Con questo gruppo ha esposto presso la Biblioteca Civica “Villa Amoretti” di Torino, la Biblioteca Civica di Moncalieri “A. Arduino”, ed a Coesfeld, in Germania. Un’altra esperienza collettiva significativa è stata la mostra “Visioni del Tempo (Discordanze),” tenuta nel 2001 con i pittori Teresio Polastro e Livio Stroppiana presso la Galleria PASL. Testi critici Paolo Levi, recensione della mostra personale “Di alcuni pittori” presso la Galleria PASL, su “La Repubblica” 27/01/1999 “Una esposizione colta. Viene voglia di definirla “umile”. Ma oggi, tra tutta l’arroganza che ci circonda, è meglio utilizzare il termine “riflessiva”. Comunque sia, l’umiltà di Durazzo sta nel suo riflettere su certi modelli d’arte e di figure storiche come Bacon e Pollock. Guglielmo Durazzo si immerge nel silenzio non dei loro lavori, ma nella indecifrabile essenza del messaggio, andando oltre la loro scrittura. Ha ragione Teresio Polastro quando scrive che “l’emergere dagli abissi delle stanze segrete di queste inquietanti figure senza peso pare voler sottolineare l’affioramento dei dubbi, dei drammi esistenziali personali, mentre le dissolvenze coloristiche, d’altro canto, le restituiscono e le proiettano in una più ampia visione”. La personale, fino al 30 gennaio, presenta pagine di pittura che attingono ad un “altrove d’ombre per porgere messaggi di schegge informi che tendono a un’utopica unità”. Teresio Polastro, presentazione della mostra personale “Di alcuni pittori” presso la Galleria PASL, gennaio 1999 “.............Attorno a questo tema dominante, a questa focalità interiore, si innestano le complessità del lavoro di Durazzo, che si appropria e fonde in modo intrigante altri richiami che vengono dal mondo dell’arte figurativa e dai personaggi che lo abitano. ............. Una complessità di eventi pittorici in bilico fra casualità e ragione. Guglielmo Durazzo, pur nell’intento di decifrare e recuperare l’immagine, con misura ne prolunga l’inafferrabile. La giuntura fra questo universo di storia della pittura e la fusione isolata che il pittore tenta di tradurre avviene necessariamente con tecniche tradizionali e non. Riporti di materiali e di stampe fotografiche, interventi rossi, neri e gialli di setosi e acidi inchiostri tipografici, frustate di macchie nerastre strutturano o destabilizzano la composizione in un processo atto a definire in un canto o nella totalità l’immagine dei due artisti – Bacon e Pollock – come centro inesauribile di indagine” Angelo Mistrangelo, dalla recensione della mostra del 2004 “..se hai una biblioteca col giardino, hai tutto”, collettiva del Gruppo BAIRES 96, presso la Biblioteca Civica “Villa Amoretti” di Torino. “Guglielmo Durazzo affida a pagine astratte il proprio dettato, che “ha radici nell’informale e che riecheggia forme naturali”, risolto nel contesto pittorico con l’impiego di inserimenti fotografici e di interventi eseguiti al computer. Nei suoi “incunaboli”, si ravvisa il senso di una ricerca che fluisce attraverso raffinati “collages” di carte riciclate, di un libro-testimonianza, scritto dall’artista, che parla di un giardino (“Il giardino abbandonato, la prima volta”), di un segno-colore capace di “riscrivere” le parole della poesia “L’angelo nero” di Eugenio Montale: “..o piccolo angelo buio/ non celestiale né umano,/...o angelo nero disvélati...”. Gianni Milani, dalla presentazione della mostra del 2005 “La fabbrica delle parole”, collettiva del Gruppo BAIRES 96, presso la Biblioteca Civica di Moncalieri “A. Arduino”. “Negli “incunaboli” di Guglielmo Durazzo” l’immagine corre sul filo fra astratto ed informale e s’avvale di citazioni ad hoc sul tema della fabbrica – parola, con scrittura a più piani su lucido e su tela. Non mancano i vivi interventi pittorici dal gusto ruvido e acceso per il colore che è gesto e impronta casuale di emozioni. In “Africa-Periferia” le ciminiere sottendono ad architetture di segno marcato ed astratto, dove la luce si frammenta e dà ritmo dinamico allo spazio delle immagini: La parola diventa anch’essa racconto grafico e “politico”. Da Fortini:”Ma di che stai parlando, dimmi?”. O dal prezioso libro dorato con testo dell’autore, che ci parla del “Giardino abbandonato, la prima volta”....” Pier Gianni Bertolotto, L"officina" pittorica di Guglielmo Durazzo, presentazione della mostra personale “A ritroso” tenuta nel 2009 presso la Galleria BABE13 “Per uno storico dell'arte conversare di pittura e sulla pittura con Guglielmo Durazzo, oltre che essere un piacere intellettuale, significa affrontare l'analisi di un raffinato palinsesto. Una stratificazione artistico - culturale che si snoda per vicende, personaggi, suggestioni, tecniche e che possono partire dagli studi sul volo degli uccelli di Leonardo, toccare la serie di incisioni sulla "Melanconia" di Durer per giungere fino allo studio-antro di F.Bacon oppure approfondire l'uso del chiaroscuro caravaggesco da parte di Rembrandt, riyisitare Melville e il mito della balena bianca, sfiorare la poetica di Montale o Fortini, per terminare con la tecnica del modulo struttura che si ripete nei quadri di Rauschenberg. Durazzo è un artista che pratica soprattutto il mestiere dell'avvocatura pertanto è abituato a pazientare e lavorare anche attraverso l'adozione di un metodo pittorico basato proprio sul lavoro e dal suo lavoro nasce altro lavoro; è una fatica lenta, una operosità metodica e lucida che lo ha portato ad assimilare, sperimentare e usare molte tecniche espressive: il disegno, l'olio, l'acrilico, inchiostri diluiti, ma anche il collage con stampe e fotocopie digitali e materiali diversi come legno e plastica. Per questa particolare esposizione vengono presentate poco più di quaranta opere, tutte cronologicamente contenute nel decennio 1998-2008. Sono lavori densi, meditati, pervasi tutti da una uniformità stilistica perché la costruzione dell'opera avviene attraverso un segno forte e il segno diventa colore, il colore diventa espressività e, a volte, materia. Il repertorio tematico si incentra su alcuni cicli che si intersecano e si rincorrono per tempi lunghi, come se l'artista non potesse esaurire mai completamente la sedimentazione iconografica. La serie “Di alcuni pittori", a partire dal '98, vede l'inserimento di varie tecniche: collage, inchiostri tipografici e fotocopie trattate per tentare di indagare l’iter operativo di Francis Bacon, quando il pittore irlandese testimoniava la dissoluzione esistenziale dell'uomo contemporaneo, attraverso spietati autoritratti realizzati con l'aiuto di uno specchio da barba. Vi sono poi altre sequenze tematiche come"Romantico", che vede la presenza di opere come "Out of nowhere” e "Architrave d'abisso"; "Giardini abbandonati", "Storie naturali", e "Costruttivo", dove Durazzo riflette sul concetto di lavoro, sui luoghi della contemporaneità e, soprattutto sulla funzione dell'arte, mai intesa come pura estetica o agente consolatorio ma come impegno diretto nella storia che cerca di analizzare e modificare i dati della realtà. In queste opere la fabbrica, l'officina con le strutture metalliche, le macchine, il carroponte in particolare diventano luogo di memoria e di impegno civile, pittoricamente strutturate con la polimatericità delle plastiche, dei metalli che vengono accostati a colori soffocati con il rosso , il blu, il nero. Lo spettro cromatico delle opere esposte parte spesso da diverse tonalità di grigio per aprirsi ai rossi, ai gialli, agli azzurri, ai blu più intensi con i quali l'artista ricrea una atmosfera rarefatta, in bilico tra figurazione, astrazione e impasto informale, con una cifra stilistica sempre personale e meditativa.”

SCARICA IL COMUNICATO IN PDF
COMMENTI