Ingar Krauss. San Salvario
Dal 31 Gennaio 2013 al 09 Marzo 2013
Torino
Luogo: Velan - Centro d'Arte Contemporanea
Indirizzo: via Saluzzo 64
Orari: da giovedì a sabato 15.30-19.30
Curatori: Francesca Referza
Costo del biglietto: ingresso gratuito
Telefono per informazioni: +39 011 280406
E-Mail info: info@velancenter.com
Sito ufficiale: http://www.velancenter.com
Dopo la collettiva del 2007 Paesaggio con rovine (il silenzio-un poco quasi molto) a cura di Sergio Risaliti, Ingar Krauss torna a Torino con un progetto realizzato ad hoc per il Velan Center. Alla fine di due intense settimane trascorse a San Salvario come artista in residenza (23 settembre - 7 ottobre 2012), il fotografo tedesco torna nel 2013 con una selezione dei ritratti da lui realizzati nel multietnico quartiere torinese su invito del Velan Center che, con questo progetto, festeggia venti anni di attività.
Il titolo della mostra – spiega l’artista – doveva essere essenziale e spirituale. Il nome del quartiere, San Salvario, si sposa perfettamente con i ritratti che ho fatto a Torino, non solo per la sua musicalità, ma anche per il significato spirituale e di promessa che la parola porta con sé. Il nome del quartiere, in effetti, deriva dalla chiesa e dal convento omonimi (via Nizza, angolo corso Marconi) e si riferisce a Gesù Salvatore. A partire da questa chiesa e dalle altre di diverse confessioni e religioni presenti in San Salvario, dalle chiese cattoliche a quella anglicana dei Valdesi, dalla moschea mussulmana, al tempio ebraico, Ingar Krauss ha iniziato un percorso di lenta conoscenza del quartiere che ha avuto esiti inaspettati e piuttosto dissimili tra loro, sia dal punto di vista umano che visivo. Il passeggiare di Ingar in San Salvario, simile alla flânerie a cui alludeva Walter Benjamin a proposito dei nuovi passaggi coperti della Parigi di fine Ottocento, lo ha messo in contatto con la moltitudine di storie che caratterizzano la vita del quartiere. Dai matrimoni, ai funerali, dalle botteghe, ai mercatini rionali, dalle affollate strade nei pressi della stazione Porta Nuova agli ampi spazi verdi del parco del Valentino, è emersa a poco a poco una umanità variegata, che Ingar Krauss ha ritratto in bianco e nero. Storie differenti di immigrazione antica e recente, regolare ed irregolare, ma anche di vecchie tradizioni locali, itinerari e riti ripetuti quotidianamente. Storie di solitudini e di povertà, ma anche di abitudini consolidate e di normalità borghese. Storie di generazioni e colori diversi, accomunate dalla convivenza in un quartiere che sotto la sua pelle di tetti rossi ha accolto tutti. La scelta dei soggetti per Krauss è parte fondante del suo lavoro di artista. La ricerca di qualcosa di speciale nella normalità dei tanti volti di San Salvario. E allora, scatto dopo scatto, il quartiere lentamente rivela la sua natura cosmopolita e al tempo stesso rionale.
L’interesse di Ingar Krauss, discreta e intima, è per la bellezza nascosta dalle apparenze, una bellezza non oggettiva, bensì frutto di una serie di caratteristiche esteriori ed interiori del soggetto ritratto, colta dal fotografo tedesco con la rapidità di uno sguardo e la semplicità di pochi gesti. Di solito – ha spiegato l'artista in un’intervista con Jim Casper - quando preparo i ritratti, mi lascio guidare dall'intuizione. Scelgo persone che mi impressionano, che trovo 'uniche', in qualche modo. Sono persone normali, persone di tutti i giorni, il loro aspetto singolare e unico è nell'essere se stessi. I miei ritratti studiano la biografia di queste persone, le circostanze e il mistero della loro esistenza. La fotografia è allo stesso tempo un documento e una visione. Cerco di stabilire un accordo segreto con la persona di fronte a me nel momento unico del ritratto, senza alcuna forma di linguaggio, con l’intento di creare un momento autentico di forte intensità e concentrazione. Le immagini di Ingar Krauss sembrano appartenere al ‘tempo di prima’, per usare un’espressione della scrittrice piemontese Lalla Romano, la quale ne La penombra che abbiamo attraversato, parlando delle foto del padre scriveva - Lo stile delle sue fotografie era simile a quello della sua pittura. Le immagini erano calme e leggere; senza forti ombre né rigidezze, quasi colte con mano delicata. – Analogamente, tutti coloro che vengono ritratti da Ingar Krauss entrano in un tempo altro, remoto e tuttavia presentissimo. La macchina fotografica di Ingar Krauss cattura, con una semplicità di gesti e di consuetudini, un ‘tempo sottratto al tempo’, citando di nuovo la Romano.
Ingar Krauss, dopo un esordio pittorico, a metà degli anni Novanta, ha iniziato a fare fotografie da autodidatta. L’olio è tornato recentemente come intervento pittorico su alcuni ritratti fotografici realizzati nelle Filippine (Davao) e sulla nuova serie di nature morte e paesaggi naturali di piccolo formato. Krauss stampa sempre personalmente le sue foto utilizzando una vecchia carta fotografica prodotta nell’Europa dell’Est, che da alle immagini un aspetto malinconico e senza tempo. Le morbide variazioni di grigio che riesce ad ottenere con la sua vecchia Mamiya analogica, sembrano frutto di grafite su carta. Guardando le immagini di Ingar Krauss ci si rende conto che la fotografia non è mera riproduzione tecnica, ma che ancora conserva il fascino magnetico dei tempi della sua invenzione. La capacità di catturare l’invisibile agli occhi dei più, un invisibile che lui individua nel soggetto tra la folla e che poi la macchina fotografica non fa altro che sottolineare.
Ingar Krauss (Berlino, 1965) ha partecipato a diversi festival internazionali di fotografia ed esposto in numerosi spazi pubblici e privati: 2012 Galerie für Moderne Fotografie, Berlin (Germany); Klinger Forum, Leipzig (Germany); 2011 Galeria Cero, Madrid (Spain); 2010 Dong-Gang Museum of Photography (South Korea); 2009 Centro Galego De Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spain); FotoGrafia. Festival Internazionale di Roma (Italy); International Center of Photography, NY (USA); Camera Obscura, Paris (France); 2008 Lodz Art Center (Poland); Goethe-Institute, Riga (Latvia); 2007 Marvelli Gallery, NY (USA); 2006 Palazzo Vecchio, Florence (Italy); Fotoforum, Innsbruck (Austria); Festival della Fotografia, Reggio Emilia (Italy); 2004 Musée de l'Elysée, Lausanne (Switzerland); Hayward Gallery, London (UK); Fotogalerie, Vienna (Austria); 2002 Moscow Photobiennale (Russia); National Portrait Gallery, London (UK).
Il titolo della mostra – spiega l’artista – doveva essere essenziale e spirituale. Il nome del quartiere, San Salvario, si sposa perfettamente con i ritratti che ho fatto a Torino, non solo per la sua musicalità, ma anche per il significato spirituale e di promessa che la parola porta con sé. Il nome del quartiere, in effetti, deriva dalla chiesa e dal convento omonimi (via Nizza, angolo corso Marconi) e si riferisce a Gesù Salvatore. A partire da questa chiesa e dalle altre di diverse confessioni e religioni presenti in San Salvario, dalle chiese cattoliche a quella anglicana dei Valdesi, dalla moschea mussulmana, al tempio ebraico, Ingar Krauss ha iniziato un percorso di lenta conoscenza del quartiere che ha avuto esiti inaspettati e piuttosto dissimili tra loro, sia dal punto di vista umano che visivo. Il passeggiare di Ingar in San Salvario, simile alla flânerie a cui alludeva Walter Benjamin a proposito dei nuovi passaggi coperti della Parigi di fine Ottocento, lo ha messo in contatto con la moltitudine di storie che caratterizzano la vita del quartiere. Dai matrimoni, ai funerali, dalle botteghe, ai mercatini rionali, dalle affollate strade nei pressi della stazione Porta Nuova agli ampi spazi verdi del parco del Valentino, è emersa a poco a poco una umanità variegata, che Ingar Krauss ha ritratto in bianco e nero. Storie differenti di immigrazione antica e recente, regolare ed irregolare, ma anche di vecchie tradizioni locali, itinerari e riti ripetuti quotidianamente. Storie di solitudini e di povertà, ma anche di abitudini consolidate e di normalità borghese. Storie di generazioni e colori diversi, accomunate dalla convivenza in un quartiere che sotto la sua pelle di tetti rossi ha accolto tutti. La scelta dei soggetti per Krauss è parte fondante del suo lavoro di artista. La ricerca di qualcosa di speciale nella normalità dei tanti volti di San Salvario. E allora, scatto dopo scatto, il quartiere lentamente rivela la sua natura cosmopolita e al tempo stesso rionale.
L’interesse di Ingar Krauss, discreta e intima, è per la bellezza nascosta dalle apparenze, una bellezza non oggettiva, bensì frutto di una serie di caratteristiche esteriori ed interiori del soggetto ritratto, colta dal fotografo tedesco con la rapidità di uno sguardo e la semplicità di pochi gesti. Di solito – ha spiegato l'artista in un’intervista con Jim Casper - quando preparo i ritratti, mi lascio guidare dall'intuizione. Scelgo persone che mi impressionano, che trovo 'uniche', in qualche modo. Sono persone normali, persone di tutti i giorni, il loro aspetto singolare e unico è nell'essere se stessi. I miei ritratti studiano la biografia di queste persone, le circostanze e il mistero della loro esistenza. La fotografia è allo stesso tempo un documento e una visione. Cerco di stabilire un accordo segreto con la persona di fronte a me nel momento unico del ritratto, senza alcuna forma di linguaggio, con l’intento di creare un momento autentico di forte intensità e concentrazione. Le immagini di Ingar Krauss sembrano appartenere al ‘tempo di prima’, per usare un’espressione della scrittrice piemontese Lalla Romano, la quale ne La penombra che abbiamo attraversato, parlando delle foto del padre scriveva - Lo stile delle sue fotografie era simile a quello della sua pittura. Le immagini erano calme e leggere; senza forti ombre né rigidezze, quasi colte con mano delicata. – Analogamente, tutti coloro che vengono ritratti da Ingar Krauss entrano in un tempo altro, remoto e tuttavia presentissimo. La macchina fotografica di Ingar Krauss cattura, con una semplicità di gesti e di consuetudini, un ‘tempo sottratto al tempo’, citando di nuovo la Romano.
Ingar Krauss, dopo un esordio pittorico, a metà degli anni Novanta, ha iniziato a fare fotografie da autodidatta. L’olio è tornato recentemente come intervento pittorico su alcuni ritratti fotografici realizzati nelle Filippine (Davao) e sulla nuova serie di nature morte e paesaggi naturali di piccolo formato. Krauss stampa sempre personalmente le sue foto utilizzando una vecchia carta fotografica prodotta nell’Europa dell’Est, che da alle immagini un aspetto malinconico e senza tempo. Le morbide variazioni di grigio che riesce ad ottenere con la sua vecchia Mamiya analogica, sembrano frutto di grafite su carta. Guardando le immagini di Ingar Krauss ci si rende conto che la fotografia non è mera riproduzione tecnica, ma che ancora conserva il fascino magnetico dei tempi della sua invenzione. La capacità di catturare l’invisibile agli occhi dei più, un invisibile che lui individua nel soggetto tra la folla e che poi la macchina fotografica non fa altro che sottolineare.
Ingar Krauss (Berlino, 1965) ha partecipato a diversi festival internazionali di fotografia ed esposto in numerosi spazi pubblici e privati: 2012 Galerie für Moderne Fotografie, Berlin (Germany); Klinger Forum, Leipzig (Germany); 2011 Galeria Cero, Madrid (Spain); 2010 Dong-Gang Museum of Photography (South Korea); 2009 Centro Galego De Arte Contemporanea, Santiago de Compostela (Spain); FotoGrafia. Festival Internazionale di Roma (Italy); International Center of Photography, NY (USA); Camera Obscura, Paris (France); 2008 Lodz Art Center (Poland); Goethe-Institute, Riga (Latvia); 2007 Marvelli Gallery, NY (USA); 2006 Palazzo Vecchio, Florence (Italy); Fotoforum, Innsbruck (Austria); Festival della Fotografia, Reggio Emilia (Italy); 2004 Musée de l'Elysée, Lausanne (Switzerland); Hayward Gallery, London (UK); Fotogalerie, Vienna (Austria); 2002 Moscow Photobiennale (Russia); National Portrait Gallery, London (UK).
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