Matteo Bergamasco, William Marc Zanghi
Matteo Bergamasco, Betulla Cosmica (2007)
Dal 30 Marzo 2012 al 20 Maggio 2012
Codroipo | Udine
Luogo: Villa Manin
Indirizzo: Piazzale Manin 10
Orari: dal martedì al venerdì 13-18. Sabato e domenica 9-19
Costo del biglietto: ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 0432 821211
E-Mail info: info@villamanincontemporanea.it
Sito ufficiale: http://www.villamanin-eventi.it
Il programma espositivo previsto nella magnifica Villa Manin per la primavera 2012 è tutto all’insegna della giovane arte contemporanea italiana: circa 40 opere di Matteo Bergamasco e William Marc Zanghi saranno infatti messe a confronto nelle splendide sale dell’Esedra dal 31 marzo al 20 maggio 2012.
Comune denominatore dei due artisti sono le vibranti tonalità di colore che si concretizzano negli interni fatati di Matteo Bergamasco, che aprono la mente a mondi surreali e bizzarri - quasi esoterici, e negli esterni di William Marc Zanghi, che ritrae panorami al limite tra il fantastico e il reale.
Matteo Bergamasco nasce nel 1982 a Milano dove attualmente vive e lavora. Le sue opere - come dice l’artista stesso - “sono resoconti di qualcosa che è successo, delle tracce, dei diari. Altre volte sono dei viaggi un po’ magici nell’attesa del presente”. Ogni lavoro è una pagina intrisa di vita vissuta che si esprime in una volontà di ricerca e sperimentazione pittorica piuttosto matura.
I suoi dipinti raffigurano intimamente degli spazi privati, sguardi verso l’anima delle cose, spiragli visivi sulle vite altrui.
Gli interni sono privi di presenze umane, sebbene siano da esse pervasi, e costituiscono uno spazio vuoto pronto ad accogliere, uno spazio che dona la possibilità di immergersi in esso. Come all’interno di un grembo, lo spettatore è posto in una condizione di ascolto attento e sensibile. Il “sentire” è per Bergamasco il bene più prezioso dell’essere umano, che può essere usato in ogni istante della vita nelle situazioni reali quotidiane, in quella infinita opera d'arte che è il Creato.
Le scene raffigurate sono tra le più comuni: un letto abbandonato al mattino, una luce soffusa che entra dalla finestra, il riflesso del sole su un vaso di porcellana. Oltre a ciò, all’interno delle opere compaiono spesso dei dipinti con soggetti canonici (ritratti, paesaggi, nature morte). Il gioco "del dipinto nel dipinto" spinge a interrogarsi sulle leggi della realtà, della rappresentazione e dei loro livelli profondi e sconfinati.
Nelle grandi tele di William Marc Zanghi, nato a Wichita – Texas nel 1972, i luoghi diventano contenitori di una moltitudine di input tutti volti a rendere la complessità dell’animo umano. Vernici che ci travolgono con grande enfasi e potenza, ricreando un alone di pathos e riempiendo lo sguardo di vivaci e talvolta acide tonalità. I protagonisti sono contesti architettonici abitativi, squarci di quartiere, case stagliate al centro della composizione, isole, muri che raccontano nel loro apparente immobilismo un susseguirsi di quello che è stato e di quello che avverrà. Il lavoro di Zanghi ci conduce ad un varco, consentendoci il passaggio, facendo entrare così lo spettatore all’interno delle sue prospettive.
A metà strada tra visioni allucinate e realismo, Zanghi dipinge con colori violenti rubati ai fumetti. I suoi squarci hanno una prospettiva prettamente cinematografica: le inquadrature sono decentrate, tagliate, strappate dal tessuto continuo della realtà, una formula che consente all’artista di conferire alle sue immagini casualità, magia e dinamismo al tempo stesso.
Le tele di Zanghi sono antinarrative, non raccontano, ma squarciano per un attimo il tempo, mostrandoci immagini dense di elementi immobili strutturati dentro un'azione senza inizio né fine. Lo spazio è pieno di informazioni immobili, di ambientazioni surreali marcate dal colore e dalla gestualità dell'artista.
L’osservatore ha l'impressione di essere travolto da una forza che è data dall'impatto coloristico, dalla maniera di pittura con colature, chiazze dense e lisce di materia, brillantezza e riflessi.
Comune denominatore dei due artisti sono le vibranti tonalità di colore che si concretizzano negli interni fatati di Matteo Bergamasco, che aprono la mente a mondi surreali e bizzarri - quasi esoterici, e negli esterni di William Marc Zanghi, che ritrae panorami al limite tra il fantastico e il reale.
Matteo Bergamasco nasce nel 1982 a Milano dove attualmente vive e lavora. Le sue opere - come dice l’artista stesso - “sono resoconti di qualcosa che è successo, delle tracce, dei diari. Altre volte sono dei viaggi un po’ magici nell’attesa del presente”. Ogni lavoro è una pagina intrisa di vita vissuta che si esprime in una volontà di ricerca e sperimentazione pittorica piuttosto matura.
I suoi dipinti raffigurano intimamente degli spazi privati, sguardi verso l’anima delle cose, spiragli visivi sulle vite altrui.
Gli interni sono privi di presenze umane, sebbene siano da esse pervasi, e costituiscono uno spazio vuoto pronto ad accogliere, uno spazio che dona la possibilità di immergersi in esso. Come all’interno di un grembo, lo spettatore è posto in una condizione di ascolto attento e sensibile. Il “sentire” è per Bergamasco il bene più prezioso dell’essere umano, che può essere usato in ogni istante della vita nelle situazioni reali quotidiane, in quella infinita opera d'arte che è il Creato.
Le scene raffigurate sono tra le più comuni: un letto abbandonato al mattino, una luce soffusa che entra dalla finestra, il riflesso del sole su un vaso di porcellana. Oltre a ciò, all’interno delle opere compaiono spesso dei dipinti con soggetti canonici (ritratti, paesaggi, nature morte). Il gioco "del dipinto nel dipinto" spinge a interrogarsi sulle leggi della realtà, della rappresentazione e dei loro livelli profondi e sconfinati.
Nelle grandi tele di William Marc Zanghi, nato a Wichita – Texas nel 1972, i luoghi diventano contenitori di una moltitudine di input tutti volti a rendere la complessità dell’animo umano. Vernici che ci travolgono con grande enfasi e potenza, ricreando un alone di pathos e riempiendo lo sguardo di vivaci e talvolta acide tonalità. I protagonisti sono contesti architettonici abitativi, squarci di quartiere, case stagliate al centro della composizione, isole, muri che raccontano nel loro apparente immobilismo un susseguirsi di quello che è stato e di quello che avverrà. Il lavoro di Zanghi ci conduce ad un varco, consentendoci il passaggio, facendo entrare così lo spettatore all’interno delle sue prospettive.
A metà strada tra visioni allucinate e realismo, Zanghi dipinge con colori violenti rubati ai fumetti. I suoi squarci hanno una prospettiva prettamente cinematografica: le inquadrature sono decentrate, tagliate, strappate dal tessuto continuo della realtà, una formula che consente all’artista di conferire alle sue immagini casualità, magia e dinamismo al tempo stesso.
Le tele di Zanghi sono antinarrative, non raccontano, ma squarciano per un attimo il tempo, mostrandoci immagini dense di elementi immobili strutturati dentro un'azione senza inizio né fine. Lo spazio è pieno di informazioni immobili, di ambientazioni surreali marcate dal colore e dalla gestualità dell'artista.
L’osservatore ha l'impressione di essere travolto da una forza che è data dall'impatto coloristico, dalla maniera di pittura con colature, chiazze dense e lisce di materia, brillantezza e riflessi.
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