L'Arte come Ossessione (Parcours & Bibliothèque)
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Biagio Pancino, La Grande Bibliotèque, 1985-1993, Particolare
Dal 29 Aprile 2018 al 24 Giugno 2018
Portogruaro | Venezia
Luogo: Galleria d'Arte Contemporanea Ai Molini
Indirizzo: Via Molino di Lugugnana 3
Orari: Gio 10 - 12.30 | Ven / Sab / Dom 10 - 12.30 / 16 - 19
Costo del biglietto: Ingresso libero
Telefono per informazioni: +39 0421 277224
La mostra L'Arte come Ossessione alla Galleria Comunale Ai Molini vede insieme le due opere di Biagio Pancino, Parcours (1971) - 30 metri di pittura segnico-futurista alta 2 metri degli anni Settanta - e La Grande Bibliotèque (1985-1993), che è il tentativo dell'artista di sistematizzare e controllare il mondo dei valori umani e discende dalla catalogazione aristotelica.
"Trattasi, in ultima analisi, della storia di due ossessioni/possessioni visivo artistiche di un nostro grande Protagonista dell'Arte Italiana", così viene descritto da Roberto Daolio e Renato Barilli nel catalogo della mostra Anniottanta, Mazzotta Editore, 1985.
Biagio Pancino
Nato a Santo Stino di Livenza (VE) nel 1931, la sua carriera di autodidatta inizia con la frequentazione di pittori regionali veneti. Nel 1948 emigra, prima a Zurigo, poi a Parigi, dove dal 1952 si stabilisce definitivamente. Tiene contatti con l’ambiente spazialista veneziano, grazie all’amico Joppolo, col quale si è incontrato con Tancredi a Parigi, dove lo stesso Beniamino Joppolo si è stabilito dal 1954.
Pancino, dopo un inizio pittorico alla luce del realismo sociale, si avventura nella pittura cubo-futurista derivatagli dalla frequentazione degli studi di Severini e di Leger. Questa pittura viene presto superata dall’informale, che vigeva nella Parigi degli Anni '50, mescolato allo spazial-futurismo delle rimpatriate veneziane.
Dal ’68 al 1975 espone le sue ricerche sul colore e sul vuoto accanto ad artisti come Daniel Buren e Niele Toroni, per avviare, subito dopo il ’75, una sua personale riflessione sull’Effimero e la Caducità della materia che pervadono la vita e l’arte contemporanea. Ciò lo conduce all’inserimento nel quadro di materiali organici, e quindi deperibili, a dimostrazione dell’ineluttabilità di un destino di consunzione che investe l’opera stessa, la quale si salva solo attraverso la pellicola colorata che egli dà a questi elementi organici (Carciofi, e soprattutto Patate) definendo il tutto come Universalis Polychromia.
Negli anni Ottanta tiene alcune conferenze/performance al Beaubourg e nel 1985 viene chiamato da Renato Barilli alla mostra Anniottanta di Rimini dove è posto fra i Protagonisti Italiani. Giorgio Celli l'entomologo, e il critico Roberto Daolio, s’interesseranno a questa sua fase sull’Effimero che viene storicizzata nel 1981 con un libretto a loro firma, in una mostra a Palermo dentro la Vuccirìa. Biagio Pancino, da quel momento in poi firmatosi come BP, vive e lavora nei dintorni di Sens, nella splendida campagna parigina, che lo ha onorato con mostre personali e una grande recente antologica.
In Italia ha pubblicato 5 libri sulla sua opera tutti curati da Boris Brollo.
ORARIO: Gio 10 - 12.30 | Ven / Sab / Dom 10 - 12.30 / 16 - 19
"Trattasi, in ultima analisi, della storia di due ossessioni/possessioni visivo artistiche di un nostro grande Protagonista dell'Arte Italiana", così viene descritto da Roberto Daolio e Renato Barilli nel catalogo della mostra Anniottanta, Mazzotta Editore, 1985.
Biagio Pancino
Nato a Santo Stino di Livenza (VE) nel 1931, la sua carriera di autodidatta inizia con la frequentazione di pittori regionali veneti. Nel 1948 emigra, prima a Zurigo, poi a Parigi, dove dal 1952 si stabilisce definitivamente. Tiene contatti con l’ambiente spazialista veneziano, grazie all’amico Joppolo, col quale si è incontrato con Tancredi a Parigi, dove lo stesso Beniamino Joppolo si è stabilito dal 1954.
Pancino, dopo un inizio pittorico alla luce del realismo sociale, si avventura nella pittura cubo-futurista derivatagli dalla frequentazione degli studi di Severini e di Leger. Questa pittura viene presto superata dall’informale, che vigeva nella Parigi degli Anni '50, mescolato allo spazial-futurismo delle rimpatriate veneziane.
Dal ’68 al 1975 espone le sue ricerche sul colore e sul vuoto accanto ad artisti come Daniel Buren e Niele Toroni, per avviare, subito dopo il ’75, una sua personale riflessione sull’Effimero e la Caducità della materia che pervadono la vita e l’arte contemporanea. Ciò lo conduce all’inserimento nel quadro di materiali organici, e quindi deperibili, a dimostrazione dell’ineluttabilità di un destino di consunzione che investe l’opera stessa, la quale si salva solo attraverso la pellicola colorata che egli dà a questi elementi organici (Carciofi, e soprattutto Patate) definendo il tutto come Universalis Polychromia.
Negli anni Ottanta tiene alcune conferenze/performance al Beaubourg e nel 1985 viene chiamato da Renato Barilli alla mostra Anniottanta di Rimini dove è posto fra i Protagonisti Italiani. Giorgio Celli l'entomologo, e il critico Roberto Daolio, s’interesseranno a questa sua fase sull’Effimero che viene storicizzata nel 1981 con un libretto a loro firma, in una mostra a Palermo dentro la Vuccirìa. Biagio Pancino, da quel momento in poi firmatosi come BP, vive e lavora nei dintorni di Sens, nella splendida campagna parigina, che lo ha onorato con mostre personali e una grande recente antologica.
In Italia ha pubblicato 5 libri sulla sua opera tutti curati da Boris Brollo.
ORARIO: Gio 10 - 12.30 | Ven / Sab / Dom 10 - 12.30 / 16 - 19
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