Renata Rampazzi. Cruor - sangue sparso di donne

Renata Rampazzi, Composizione, 1978, Olio su tela, 120 x 100 cm

 

Dal 06 Aprile 2018 al 01 Luglio 2018

Venezia

Luogo: Fondazione Giorgio Cini

Indirizzo: Isola di San Giorgio Maggiore

Orari: 10 - 19 | Mer chiuso

Prolungata: Fino al 1° luglio

Costo del biglietto: Ingresso libero

Telefono per informazioni: +39 041 2710211

E-Mail info: mostrarenatarampazzi@gmail.com

Sito ufficiale: http://www.cini.it/events/mostra-di-renata-rampazzi-cruor-sangue-sparso-di-donne



La violenza sulle donne sta diventando una quotidiana ritualità. Trattato ormai come freddo dato di cronaca, questo tema necessita di rinnovati sforzi di riflessione per stimolare una matura e consapevole presa di coscienza.
In questo, anche l’arte può assolvere un importante ruolo di sensibilizzazione per provocare, con il linguaggio e l’immediatezza che le sono propri, un responsabile rifiuto e una ribellione.

Da queste premesse nasce la mostra di Renata Rampazzi dal titolo Cruor - sangue sparso di donne, ospitata dal 6 aprile al 17 giugno 2018 dalla Fondazione Giorgio Cini di Venezia.

L’esposizione, accompagnata da uno scritto inedito di Dacia Maraini e da un testo critico di Claudio Strinati, presenta una grande installazione dell’artista, vera testimone del tempo nel quale vive. 
Già dalla fine degli anni ’70, infatti, la tematica della violenza, del sangue, del dolore facevano parte dell’universo creativo di Renata Rampazzi, fino a diventare una delle cifre più caratteristiche del suo percorso espressivo.
 FOTO: Renata Rampazzi. Cruor - sangue sparso di donne
“Molte delle mie opere - ricorda Renata Rampazzi - portavano tracce del mio turbamento di fronte a quelle manifestazioni esistenziali di sopraffazione maschile. Era un grido personale, un disagio che ruotava attorno al sesso, alla metafora della ferita, che rimandava ad azioni e comportamenti ancora generalmente tenuti nascosti, taciuti, e che oggi per diffusione, per violenza e ostentazione, ormai non sono solo un fenomeno sociale che inquina le società occidentali ma che sotto forme diverse reclama una denuncia, una rivolta, un rifiuto di complicità e sudditanza in tutte le espressioni individuali e collettive della cultura, del potere e della vita sociale”. 

Oggi di fronte alla recrudescenza della violenza nei confronti delle donne, l’artista torna ad affrontare questo argomento, attraverso nuovi lavori, realizzati con materiali e forme per comunicare in maniera più diretta e coinvolgente.
Alla Fondazione Giorgio Cini, l’esposizione CRUOR, appositamente pensata per la Sala Borges dell’Isola di San Giorgio Maggiore, unisce il passato al presente. Un presente in cui le tele vengono sostituite da garze che si rifanno ai bendaggi per curare le ferite, le piaghe, i segni delle deturpazioni e in cui i pigmenti e gli spessori di colore che ruotano attorno alle gradazioni del rosso, e contengono anche tracce di sangue, rimandano alla tragica realtà delle lacerazioni, mutilazioni, offese e sofferenze delle vittime.

Il percorso espositivo parte dalle opere storiche, realizzate da Renata Rampazzi negli anni ‘70/’80 per arrivare all’installazione realizzata per l’occasione, che non vuole essere un semplice momento di contemplazione, ed è costituita da un labirinto di teli e garze che dal soffitto arrivano fino al pavimento rosso cupo. L’opera avvolge fisicamente ed emotivamente il visitatore in modo da provocarne il coinvolgimento non solo estetico ma soprattutto emotivo e civile.
Accompagna la mostra un catalogo delle Edizioni Sabinae (bilingue italiano, inglese) con testi di Dacia Maraini e Claudio Strinati.

Durante il periodo della mostra, la Fondazione Giorgio Cini ospiterà una tavola rotonda sul tema della violenza sulle donne, coordinata dalla storica Francesca Medioli, cui parteciperanno, tra le altre, personalità quali Chiara Valentini, Dacia Maraini, Luciana Castellina, Chiara Saraceno.

Renata Rampazzi nasce a Torino da una famiglia di origine italo-francese. Fin da giovane si appassiona alla pittura. Frequenta il Liceo Artistico per completare quindi gli studi presso la Facoltà di Architettura.
A cavallo tra gli anni settanta e ottanta, quando Torino è, con Roma, il centro di sperimentazioni in linea con il cambiamento informale maturato negli Stati Uniti e in Francia Renata Rampazzi partecipa alla vita culturale della città, frequentandone i protagonisti come Umberto Mastroianni, Antonio Carena, Adriano Parisot, Piero Ruggeri oltre a Marcello Levi, Paolo Fossati, Luigi Carluccio. I quadri di questi anni risentono ancora di una lontana ispirazione figurativa, in cui i colori, trattati a spatola, si distendono sulla tela per larghi spessori nervosi. Del 1973 è la prima importante personale alla Galleria dello Scudo di Verona.
Nel 1974 è invitata per una personale ad Asolo al Festival Internazionale dell'Arte organizzato con la Fondazione Maeght. Nel 1975 espone al Centro Olivetti di Parigi. Per approfondire ulteriormente la sua ricerca e per uscire dai confini nazionali entra all'Accademia di Salisburgo, fondata da Oskar Kokoschka e lavora con Emilio Vedova attraverso il quale si avvicina all'espressionismo astratto, poi con l’artista cinese Zao-Wou-Ki. Con Jean Clerté si avvicina ad Alechinsky e altri esponenti del gruppo Cobra.
Nel 1977 alla Galleria Vismara Arte Contemporanea di Milano per la prima volta Renata Rampazzi espone delle opere profondamente sofferte e percorse da larghe ferite, dalla marcata gestualità espressionista.
Trasferitasi col regista Giorgio Treves a Roma, dove tuttora risiede e lavora, Renata Rampazzi stabilisce i suoi studi prima a Piazza del Biscione e poi a Via del Governo Vecchio. Le sue opere diventano soprattutto di grande formato e la pennellata si fa più distesa e ricca di trasparenze e cromatismi. Sono di questi anni i suoi primi lavori su carta con le tecniche della gouache e dei pastelli grassi. Entra in contatto con l'ambiente del cinema. Per Gruppo di famiglia in un interno, Luchino Visconti le chiede alcune tele dai toni blu e viola, che il grande regista chiama mannianamente "le mie montagne incantate". Margarethe von Trotta diventa una tra i suoi più fedeli collezionisti e diversi suoi quadri sono inseriti nelle scenografie di L'Africana e Il lungo silenzio. Suoi lavori sono presenti anche in film di Mimmo Calopresti (La parola amore esiste) e di Mario Martone (L'odore del sangue). Collabora con vari architetti e arredatori tra cui Marika Carniti Bollea per la quale dipinge un tulle di 80 metri. In questi anni sono da ricordare le importanti personali al Palazzo dei Diamanti di Ferrara (1984) e al Petit Palais d’Art Moderne di Ginevra (1989) .
Dopo un periodo segnato da problemi di salute, in cui la sua pittura si sviluppa soprattutto attorno a composizioni plurime e a quadri di piccolo formato. Nel 2005 espone tra gli altri al Palazzo dei Capitani di Ascoli Piceno. Nel 2006 le viene dedicata una grande antologica all'Archivio di Stato di Torino. Nel 2010 si deve ricordare la personale curata da Vittorio Sgarbi all’ex Convento di San Nicolò in occasione del Festival dei Due Mondi di Spoleto. Nel 2011 espone con la Galleria Marino ad Artparis 2011 al Grand Palais di Parigi ed è invitata alla 54. Biennale Internazionale d’Arte di Venezia, a Palazzo Venezia, Roma. Del 2013 è la personale all’Espace Culturel di Le Lavandou a cura di Olivier Kaeppelin, Direttore della Fondation Maeght.

Vedi anche:
• FOTO: Cruor. La forza gentile di Renata Rampazzi

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