Seguso. Vetri d'arte: 1931-1973
Dal 18 Maggio 2013 al 29 Settembre 2013
Venezia
Luogo: Museo del Vetro
Indirizzo: Fondamenta Giustinian 8, Murano
Orari: 10-18
Costo del biglietto: intero € 8, ridotto € 5.50
Telefono per informazioni: +39 848082000/ 041 739586
E-Mail info: info@fmcvenezia.it
Sito ufficiale: http://museovetro.visitmuve.it
Frutto di un lungo lavoro di ricerca dello studioso belga Marc Heiremans, grande esperto di storia del vetro muranese contemporaneo, la mostra promossa dal 18 maggio al 29 settembre dalla Fondazione Musei Civici di Venezia al Museo del Vetro di Murano, racconta, attraverso circa 200 capolavori - tra cui prototipi e pezzi rari - la storia di una delle eccellenze produttive del XX secolo: la Seguso Vetri d’Arte.
Attraverso una carrellata d’opere di straordinaria qualità viene focalizzata la vicenda di un’imprenditoria familiare, vera e propria “dinastia della lavorazione del vetro” (già citata in un documento del 1397), che ha contribuito in modo determinante allo sviluppo di quest’arte durante il Novecento.
Le sorti e i percorsi personali della famiglia - come emerge anche dagli archivi della vetreria, studiati dal curatore e pubblicati a fine 2013 - s’intrecciano infatti alle vicende più complesse di un comparto fondamentale dell’artigianato artistico italiano che è espressione della nostra creatività e abilità manuale nel mondo, alle azioni di valorizzazione attuate dai governi nazionali e regionali, alla situazione economica e politica che ha interessato l’Italia nel cosiddetto “secolo breve”.
La fucina di famiglia, in cui lavorarono Antonio Seguso e i figli Archimede ed Ernesto, insieme ad altro soci, diventa azienda nei primi anni ’30 in un periodo di forte innovazione e grande progettualità manifatturiera.
I decenni immediatamente precedenti avevano visto una situazione economica difficilissima per Murano: i maestri vetrai lavoravano per lo più conto terzi, le piccole vetrerie restavano chiuse per molti mesi e raramente contavano più di un forno. Il problema era soprattutto la distribuzione. Solo Salviati aveva un negozio a Venezia e molte delle fornaci e dei soffiatori producevano direttamente per i grandi stabilimenti locali come lo stesso Salviati, Pauly, Buoncompagni. È in questo contesto che acquistano rilievo le prime azioni di valorizzazione e di promozione dell’artigianato italiano e della produzione vetraria muranese: dall’istituzione nel 1914 dell’Associazione per il lavoro e le piccole industrie - divenuta poi Istituto Veneto per il Lavoro - all’apertura a Milano nel ’20 della Fiera campionaria, su ispirazione di quelle di Lipsia e Parigi; dalle attività dell’Ente Nazionale per l’Artigianato e le piccole industrie (e in seguito dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero) che dal 1930 organizza anche la partecipazione italiana alla fiera di Lipsia, includendo il vetro di Murano, fino all’inaugurazione della prima Fiera Nazionale dell’Artigianato a Firenze e di un padiglione “Venezia” alla Biennale Internazionale d’Arte del 1932, dedicato al design e alla produzione artistica manifatturiera.
L’avventura imprenditoriale e creativa dei Seguso inizia proprio in questo clima di fervore nel ‘33 con l’Artistica Soffieria e Vetreria Barovier Seguso Ferro fondata da Antonio Seguso, con i figli Archimede ed Ernesto, da Napoleone Barovier e Luigi “Olimpio” Ferro.
Nella mostra curata da Heiremans - con il coordinamento di Chiara Squarcina - le creazioni della storica vetreria accompagnano i visitatori nei passaggi salienti, a cominciare dal sodalizio fondamentale con Flavio Poli che entra in azienda come disegnatore nel ’34.
Poli ha una mentalità aperta, innovativa, spinge a sperimentare, stimola la vetreria a partecipare alle prime Triennali a Milano e alla Biennale di Venezia. Dal dialogo e dal confronto tra Flavio Poli, Archimede Seguso e Alfredo Barbini, nascono pezzi straordinari e assolutamente innovativi per tecnica e forma, che eccezionalmente questa esposizione permette al pubblico di vedere.
Ci sono Grigio oro e Pesco oro due delle creazioni con le quali nel ’36 la vetreria ottiene il Diploma d’Onore alla IV Triennale di Milano (uno strato colorato tra due pareti di opale); ci sono i vasi dalle forme irregolari che solo Seguso produce nettamente all’avanguardia per l’epoca; i primi ”fazzoletti”, allora chiamati “cartocci” e appena introdotti da Pietro Chiesa per Fontana Arte, realizzati però con il guizzo personale dell’orlatura a incalmo o con un’asimmetria precorritrice.
Ci sono i vetri di pasta colorata – bellissimo il vaso corallo opaco e rosso - ricoperti di uno strato di cristallo incolore, invenzione della vetreria Seguso per contrastare i rischi d’instabilità.
Il 1937 è un’altra data importante per l’azienda muranese, perché segna la decisione di decuplicare il capitale, l’entrata come socio di Poli (se ne va Luigi “Olimpio” Ferro) e la nuova denominazione della vetreria, divenuta “Seguso Vetri d’Arte”. Di quell’anno sono anche il capolavoro con il quale la Seguso partecipa all’Esposizione Universale di Parigi ottenendo il Gran Prix - un grande vaso di vetro fumé a bollicine metalliche - e il famosissimo pesce in vetro verde nord a massello, iridato, che, realizzato in un unico blocco (assoluta prerogativa di Archimede) sarà esposto alla XXI Biennale.
Entrambi pezzi unici presenti in questa mostra rivelatrice.
Risale al medesimo periodo anche il rapporto con Veronese, mercante parigino che facilita l’affermazione internazionale della vetreria, mentre prende corpo - accanto alla produzione artistica - l’attività legata a progetti architettonici sia per l’illuminazione che per l’arredo: il Grande Hotel Savoy a Cortina nel ’36, il Cinema Astra e il Cinema Smeraldo a Milano nel ’40-’41, l’Hotel Bauer Grünwald a Venezia, il Gerorge V a Parigi, per citarne alcuni.
Seguono - anche dopo la fusione nel ’36 con la Zecchin-Martinuzzi - fasi di grande creatività e sperimentazione, fino alle tensioni pre-belliche e alle gravi crisi, in pieno conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra.
La serie del Piton d’oro, presentata nel ’42 alla XXIII Biennale d’Arte di Venezia, nasce dall’invenzione di una nuova materia sviluppata da Flavio Poli designer e Archimede Seguso maestro vetraio, già tre anni prima: una massa ambra/giallo bullicante, nel quale i due riescono ad inserire “finestre” in vetro trasparente. È il segno della voglia di innovare, di arrivare all’estremo, di tentare nuove strade.
Ma la sorte non aiuta. Il primo giorno di esposizione alla Biennale la serie viene venduta a un americano e l’unico pezzo rimasto in mostra viene rubato dalla vetrina.
Poli non avrà pace: non riuscirà mai più a riprodurre vetri analoghi e quello stesso anno Archimede Seguso lascia la vetreria, vendendo la sua quota al fratello Ernesto.
Si avviano nuove partnership anche per sviluppare un’attività di tipo industriale, ma la Seguso Vetri d’Arte nonostante le difficoltà di esportazione, gli embarghi ecc. continua la sua produzione d’arte grazie alla personalità di Poli, di Angelo Seguso divenuto primo maestro vetraio e a maestri vetrai eccellenti come Francesco Martinuzzi, Plinio Pustetto, Giusto Nichetto e altri.
La Seguso viene riconosciuta a livello internazionale ed entra nel panorama dell’arte contemporanea. Nel ’48 la vetreria esporta le sue creazioni in tutti i continenti; dall’anno successivo i più grandi Musei internazionali cominciano ad acquistare i vetri artistici usciti dalla sua fornace e disegnati da Flavio Poli: dal Victoria & Albert di Londra al “Landesgewerbemuseum” di Stoccarda, dal Neue Sammlung Museum di Monaco, al Royal Ontario Museum di Toronto, fino al MoMA di New York.
Vanno ricondotte agli anni Cinquanta le difficilissime Valve, di cui in mostra sono esposti esemplari rarissimi: forme ottenute con una lunga lavorazione a freddo e per le quali la vetreria Seguso ha sperimentato il riutilizzo della tecnica a incalmo. Di altissimo pregio soprattutto i vasi n.9324 e n.9325: “valve siderali” oppure “astrali” con murrine verde giallo o ametista verde, un’opera realizzata con due ciotole unite a incalmo: una murrina sulla fronte, un cristallo per il dorso. Un impareggiabile lavoro di mola.
Quindi i Sommersi – talvolta anche sfumati e corrosi - in cui spessi strati di vetro di colori diversi vengono sovrapposti, con alchimie uniche, per arrivare a nuove colorazioni, fluttuazioni di arte e poesia: notte boreale, sayonara, fumo di Londra; grigio acciaio e violetto; verde, rosso cinese e giallo; rubino leggero e giallo resina; grigio, rosso cinese e ancora grigio.
Nel ’54 il Compasso d’Oro, alla sua prima edizione, viene assegnato proprio a un grande vaso in vetro sommerso blu rubino e cristallo disegnato da Poli per Seguso.
Ci sono in realtà, in questi anni, cambi societari (viene liquidata formalmente la società esistente e costituita una nuova società prima “Seguso srl” poi “Seguso Vetri d’Arte di Ernesto Seguso, Flavio Poli & C.”) ma i soci rimasti - Ernesto, Isidoro, Angelo e Bruno Seguso, Flavio Poli, Napoleone Barovier, Plinio Pustetto e Giusto Nichetto - continuano ad esporre nei maggiori appuntamenti internazionali come “Seguso Vetri d’Arte”. Fino agli ultimi passaggi proprietari e di direzione.
Nel ’63 Poli si stacca e direttore artistico della vetreria diventa Mario Pinzoni, suo allievo fin dal ’53. Pinzoni disegna fra il resto anche due vasi in vetro bulicante per la Biennale di Venezia del ’64, che possiamo vedere esposti, in questa importante occasione, al Museo del Vetro di Murano, insieme ad altri prototipi come il Picchio ametista pagliesco e rosso, opera troppo complicata per essere riprodotta.
Negli anni seguenti anche Antonio Seguso si ritira ed Ernesto lascia la società. Saranno Angelo e Bruno, ora a capo della vetreria, a portare avanti la tradizione di famiglia.
Nel ’71 lascia anche Pinzoni e nel ’72 la famiglia si divide e l’azienda con lo storico marchio viene venduta.
Il percorso espositivo termina qui ma ovviamente i Seguso hanno continuato a mantenere vivo il loro ruolo imprenditoriale nel campo del vetro artistico muranese e dal 2008 Seguso Vetri d’Arte è rientrata nelle mani della famiglia con direttore artistico Pierpaolo Seguso, riprendendo il cammino là dove era stato interrotto, con uno sguardo alla tradizione e uno alla sperimentazione contemporanea: una delle realtà produttive artigianali che rendono l’arte del vetro di Murano tra le principali tradizioni artistiche di Venezia e dell’Italia, nel mondo.
Sullo sfondo della mostra risplende il Museo del Vetro di Murano, sorto grazie alla geniale intuizione dall’Abate Vincenzo Zanetti 152 anni fa, come luogo di memoria e archivio ma anche punto di riferimento istituzionale con la realtà produttiva muranese: capace di raccontare e valorizzare il ruolo dell’isola nella peculiare lavorazione e creazione di nuove scoperte chimico- tecnologiche vetrarie e il fervore creativo dei suoi maestri e designer, oggi come ieri.
Un ruolo che la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Comune di Venezia intendono perseguire e rafforzare anche con l’avvio dei lavori per il recupero delle adiacenti Ex Conterie e l’ampliamento degli spazi museali destinati al vetro contemporaneo e agli eventi, ribadendo il valore intrinseco dell’isola ma soprattutto la vitalità di una produzione che, pure, sta affrontando un difficile momento di crisi.
Attraverso una carrellata d’opere di straordinaria qualità viene focalizzata la vicenda di un’imprenditoria familiare, vera e propria “dinastia della lavorazione del vetro” (già citata in un documento del 1397), che ha contribuito in modo determinante allo sviluppo di quest’arte durante il Novecento.
Le sorti e i percorsi personali della famiglia - come emerge anche dagli archivi della vetreria, studiati dal curatore e pubblicati a fine 2013 - s’intrecciano infatti alle vicende più complesse di un comparto fondamentale dell’artigianato artistico italiano che è espressione della nostra creatività e abilità manuale nel mondo, alle azioni di valorizzazione attuate dai governi nazionali e regionali, alla situazione economica e politica che ha interessato l’Italia nel cosiddetto “secolo breve”.
La fucina di famiglia, in cui lavorarono Antonio Seguso e i figli Archimede ed Ernesto, insieme ad altro soci, diventa azienda nei primi anni ’30 in un periodo di forte innovazione e grande progettualità manifatturiera.
I decenni immediatamente precedenti avevano visto una situazione economica difficilissima per Murano: i maestri vetrai lavoravano per lo più conto terzi, le piccole vetrerie restavano chiuse per molti mesi e raramente contavano più di un forno. Il problema era soprattutto la distribuzione. Solo Salviati aveva un negozio a Venezia e molte delle fornaci e dei soffiatori producevano direttamente per i grandi stabilimenti locali come lo stesso Salviati, Pauly, Buoncompagni. È in questo contesto che acquistano rilievo le prime azioni di valorizzazione e di promozione dell’artigianato italiano e della produzione vetraria muranese: dall’istituzione nel 1914 dell’Associazione per il lavoro e le piccole industrie - divenuta poi Istituto Veneto per il Lavoro - all’apertura a Milano nel ’20 della Fiera campionaria, su ispirazione di quelle di Lipsia e Parigi; dalle attività dell’Ente Nazionale per l’Artigianato e le piccole industrie (e in seguito dell’Istituto Nazionale per il Commercio Estero) che dal 1930 organizza anche la partecipazione italiana alla fiera di Lipsia, includendo il vetro di Murano, fino all’inaugurazione della prima Fiera Nazionale dell’Artigianato a Firenze e di un padiglione “Venezia” alla Biennale Internazionale d’Arte del 1932, dedicato al design e alla produzione artistica manifatturiera.
L’avventura imprenditoriale e creativa dei Seguso inizia proprio in questo clima di fervore nel ‘33 con l’Artistica Soffieria e Vetreria Barovier Seguso Ferro fondata da Antonio Seguso, con i figli Archimede ed Ernesto, da Napoleone Barovier e Luigi “Olimpio” Ferro.
Nella mostra curata da Heiremans - con il coordinamento di Chiara Squarcina - le creazioni della storica vetreria accompagnano i visitatori nei passaggi salienti, a cominciare dal sodalizio fondamentale con Flavio Poli che entra in azienda come disegnatore nel ’34.
Poli ha una mentalità aperta, innovativa, spinge a sperimentare, stimola la vetreria a partecipare alle prime Triennali a Milano e alla Biennale di Venezia. Dal dialogo e dal confronto tra Flavio Poli, Archimede Seguso e Alfredo Barbini, nascono pezzi straordinari e assolutamente innovativi per tecnica e forma, che eccezionalmente questa esposizione permette al pubblico di vedere.
Ci sono Grigio oro e Pesco oro due delle creazioni con le quali nel ’36 la vetreria ottiene il Diploma d’Onore alla IV Triennale di Milano (uno strato colorato tra due pareti di opale); ci sono i vasi dalle forme irregolari che solo Seguso produce nettamente all’avanguardia per l’epoca; i primi ”fazzoletti”, allora chiamati “cartocci” e appena introdotti da Pietro Chiesa per Fontana Arte, realizzati però con il guizzo personale dell’orlatura a incalmo o con un’asimmetria precorritrice.
Ci sono i vetri di pasta colorata – bellissimo il vaso corallo opaco e rosso - ricoperti di uno strato di cristallo incolore, invenzione della vetreria Seguso per contrastare i rischi d’instabilità.
Il 1937 è un’altra data importante per l’azienda muranese, perché segna la decisione di decuplicare il capitale, l’entrata come socio di Poli (se ne va Luigi “Olimpio” Ferro) e la nuova denominazione della vetreria, divenuta “Seguso Vetri d’Arte”. Di quell’anno sono anche il capolavoro con il quale la Seguso partecipa all’Esposizione Universale di Parigi ottenendo il Gran Prix - un grande vaso di vetro fumé a bollicine metalliche - e il famosissimo pesce in vetro verde nord a massello, iridato, che, realizzato in un unico blocco (assoluta prerogativa di Archimede) sarà esposto alla XXI Biennale.
Entrambi pezzi unici presenti in questa mostra rivelatrice.
Risale al medesimo periodo anche il rapporto con Veronese, mercante parigino che facilita l’affermazione internazionale della vetreria, mentre prende corpo - accanto alla produzione artistica - l’attività legata a progetti architettonici sia per l’illuminazione che per l’arredo: il Grande Hotel Savoy a Cortina nel ’36, il Cinema Astra e il Cinema Smeraldo a Milano nel ’40-’41, l’Hotel Bauer Grünwald a Venezia, il Gerorge V a Parigi, per citarne alcuni.
Seguono - anche dopo la fusione nel ’36 con la Zecchin-Martinuzzi - fasi di grande creatività e sperimentazione, fino alle tensioni pre-belliche e alle gravi crisi, in pieno conflitto mondiale e nell’immediato dopoguerra.
La serie del Piton d’oro, presentata nel ’42 alla XXIII Biennale d’Arte di Venezia, nasce dall’invenzione di una nuova materia sviluppata da Flavio Poli designer e Archimede Seguso maestro vetraio, già tre anni prima: una massa ambra/giallo bullicante, nel quale i due riescono ad inserire “finestre” in vetro trasparente. È il segno della voglia di innovare, di arrivare all’estremo, di tentare nuove strade.
Ma la sorte non aiuta. Il primo giorno di esposizione alla Biennale la serie viene venduta a un americano e l’unico pezzo rimasto in mostra viene rubato dalla vetrina.
Poli non avrà pace: non riuscirà mai più a riprodurre vetri analoghi e quello stesso anno Archimede Seguso lascia la vetreria, vendendo la sua quota al fratello Ernesto.
Si avviano nuove partnership anche per sviluppare un’attività di tipo industriale, ma la Seguso Vetri d’Arte nonostante le difficoltà di esportazione, gli embarghi ecc. continua la sua produzione d’arte grazie alla personalità di Poli, di Angelo Seguso divenuto primo maestro vetraio e a maestri vetrai eccellenti come Francesco Martinuzzi, Plinio Pustetto, Giusto Nichetto e altri.
La Seguso viene riconosciuta a livello internazionale ed entra nel panorama dell’arte contemporanea. Nel ’48 la vetreria esporta le sue creazioni in tutti i continenti; dall’anno successivo i più grandi Musei internazionali cominciano ad acquistare i vetri artistici usciti dalla sua fornace e disegnati da Flavio Poli: dal Victoria & Albert di Londra al “Landesgewerbemuseum” di Stoccarda, dal Neue Sammlung Museum di Monaco, al Royal Ontario Museum di Toronto, fino al MoMA di New York.
Vanno ricondotte agli anni Cinquanta le difficilissime Valve, di cui in mostra sono esposti esemplari rarissimi: forme ottenute con una lunga lavorazione a freddo e per le quali la vetreria Seguso ha sperimentato il riutilizzo della tecnica a incalmo. Di altissimo pregio soprattutto i vasi n.9324 e n.9325: “valve siderali” oppure “astrali” con murrine verde giallo o ametista verde, un’opera realizzata con due ciotole unite a incalmo: una murrina sulla fronte, un cristallo per il dorso. Un impareggiabile lavoro di mola.
Quindi i Sommersi – talvolta anche sfumati e corrosi - in cui spessi strati di vetro di colori diversi vengono sovrapposti, con alchimie uniche, per arrivare a nuove colorazioni, fluttuazioni di arte e poesia: notte boreale, sayonara, fumo di Londra; grigio acciaio e violetto; verde, rosso cinese e giallo; rubino leggero e giallo resina; grigio, rosso cinese e ancora grigio.
Nel ’54 il Compasso d’Oro, alla sua prima edizione, viene assegnato proprio a un grande vaso in vetro sommerso blu rubino e cristallo disegnato da Poli per Seguso.
Ci sono in realtà, in questi anni, cambi societari (viene liquidata formalmente la società esistente e costituita una nuova società prima “Seguso srl” poi “Seguso Vetri d’Arte di Ernesto Seguso, Flavio Poli & C.”) ma i soci rimasti - Ernesto, Isidoro, Angelo e Bruno Seguso, Flavio Poli, Napoleone Barovier, Plinio Pustetto e Giusto Nichetto - continuano ad esporre nei maggiori appuntamenti internazionali come “Seguso Vetri d’Arte”. Fino agli ultimi passaggi proprietari e di direzione.
Nel ’63 Poli si stacca e direttore artistico della vetreria diventa Mario Pinzoni, suo allievo fin dal ’53. Pinzoni disegna fra il resto anche due vasi in vetro bulicante per la Biennale di Venezia del ’64, che possiamo vedere esposti, in questa importante occasione, al Museo del Vetro di Murano, insieme ad altri prototipi come il Picchio ametista pagliesco e rosso, opera troppo complicata per essere riprodotta.
Negli anni seguenti anche Antonio Seguso si ritira ed Ernesto lascia la società. Saranno Angelo e Bruno, ora a capo della vetreria, a portare avanti la tradizione di famiglia.
Nel ’71 lascia anche Pinzoni e nel ’72 la famiglia si divide e l’azienda con lo storico marchio viene venduta.
Il percorso espositivo termina qui ma ovviamente i Seguso hanno continuato a mantenere vivo il loro ruolo imprenditoriale nel campo del vetro artistico muranese e dal 2008 Seguso Vetri d’Arte è rientrata nelle mani della famiglia con direttore artistico Pierpaolo Seguso, riprendendo il cammino là dove era stato interrotto, con uno sguardo alla tradizione e uno alla sperimentazione contemporanea: una delle realtà produttive artigianali che rendono l’arte del vetro di Murano tra le principali tradizioni artistiche di Venezia e dell’Italia, nel mondo.
Sullo sfondo della mostra risplende il Museo del Vetro di Murano, sorto grazie alla geniale intuizione dall’Abate Vincenzo Zanetti 152 anni fa, come luogo di memoria e archivio ma anche punto di riferimento istituzionale con la realtà produttiva muranese: capace di raccontare e valorizzare il ruolo dell’isola nella peculiare lavorazione e creazione di nuove scoperte chimico- tecnologiche vetrarie e il fervore creativo dei suoi maestri e designer, oggi come ieri.
Un ruolo che la Fondazione Musei Civici di Venezia e il Comune di Venezia intendono perseguire e rafforzare anche con l’avvio dei lavori per il recupero delle adiacenti Ex Conterie e l’ampliamento degli spazi museali destinati al vetro contemporaneo e agli eventi, ribadendo il valore intrinseco dell’isola ma soprattutto la vitalità di una produzione che, pure, sta affrontando un difficile momento di crisi.
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