Un importante ricongiungimento all'Accademia Carrara dal 12 ottobre al 28 gennaio
Due opere di Botticelli, separate nell'Ottocento, si incontrano all'Accademia Carrara
Sandro Botticelli, Storie di Lucrezia, 1500-1504, tempera su tavola, 130 x 80 cm, Boston, Isabella Stewart Gardner Museum
Samantha De Martin
24/07/2018
Bergamo - Un filo sottile corre a chilometri di distanza tra l’Accademia Carrara di Bergamo e l’Isabella Stewart Gardner Museum di Boston. Tiene unite le Storie di Lucrezia e Virginia Romana, due tavole sorelle dipinte da Sandro Botticelli tra il 1500 e il 1510 per un’unica committenza e in origine inserite in un rivestimento in legno che copriva le pareti di una stanza sino all’altezza delle spalle.
Le due opere, concepite dal maestro per un unico luogo, nell’Ottocento avevano subito un destino diverso da quello immaginato dalla volontà dell’artista, separate dopo essere state acquistate una dagli Stati Uniti, l’altra dall’Italia.
E così le due tavole sorelle che ci tramandano due storie di virtù e sacrificio al femminile, ispirate al racconto di Tito Livio - Virginia Romana assassinata dal padre per preservarne l’onore, Lucrezia morta suicida pur di sottrarsi alle violenze sessuali del figlio di Tarquinio il Superbo - si sono guardate, per secoli, a distanza, da una parte all’altra dell’Oceano.
Adesso i due episodi - che raccontano non solo del sacrificio e del suo svolgersi, ma anche del riscatto, assurgendo a rappresentazione di esempi di virtù, in quella loro allusione alla rivolta contro il sopruso - si apprestano ad essere ricongiunti grazie a una mostra importante, all’Accademia Carrara di Bergamo dal 12 ottobre al 28 gennaio.
Il rincontro di questi due capolavori - che rivestono anche un significato politico che rimanda alle aspre lotte di potere a Firenze allo scadere del Quattrocento - darà vita, come spiegano anche dall’Accademia Carrara, “a un confronto straordinario, consentendo di approfondire origine, natura e storia della mirabile coppia di dipinti, prima a Bergamo (da metà ottobre 2018) e poi a Boston (da metà febbraio 2019)”.
Esplorando nel dettaglio le due storie, si sa che quella di Virginia arriva nella collezione dell’Accademia grazie al lascito di Giovanni Morelli nel 1891. L’acquisto risale al 1871. Lucrezia viene invece acquistata nel 1894 da Isabella Stewart Gardner dal conte Ashburnham, grazie alla mediazione dello storico dell’arte Bernard Berenson, da sempre considerato uno dei massimi conoscitori del Rinascimento italiano.
L’eccezionale ricongiungimento sarà un’occasione per l’Accademia Carrara di valorizzare anche altri due dipinti di Botticelli che trovano casa a Bergamo, il Ritratto di Giuliano de’ Medici e il Vir dolorum, entrambi entrati in museo grazie alla donazione di Giovanni Morelli.
Accanto al Ritratto di Giuliano saranno collocati il busto in marmo che lo raffigura, in prestito dal Museo del Bargello di Firenze, e il testo di Paolo Giovio, Elogia virorum bellica virtute illustrium, Basilea 1575, corredato dall’incisione con il giovane erede della famiglia Medici trafitto da un pugnale, a ricordo dei fatti di sangue della Congiura dei Pazzi che videro la sua morte.
Il Vir dolorum della Carrara, già in coppia con una Mater Dolorosa - oggi non rintracciabile, ma conosciuta attraverso un’immagine del 1913 - sarà infine accostato al Crocifisso del Museo dell’Opera del Duomo di Prato.
Leggi anche:
• Gli Usa celebrano Botticelli
• Il Mantegna ritrovato: dai depositi dell'Accademia Carrara un capolavoro del maestro veneto
Le due opere, concepite dal maestro per un unico luogo, nell’Ottocento avevano subito un destino diverso da quello immaginato dalla volontà dell’artista, separate dopo essere state acquistate una dagli Stati Uniti, l’altra dall’Italia.
E così le due tavole sorelle che ci tramandano due storie di virtù e sacrificio al femminile, ispirate al racconto di Tito Livio - Virginia Romana assassinata dal padre per preservarne l’onore, Lucrezia morta suicida pur di sottrarsi alle violenze sessuali del figlio di Tarquinio il Superbo - si sono guardate, per secoli, a distanza, da una parte all’altra dell’Oceano.
Adesso i due episodi - che raccontano non solo del sacrificio e del suo svolgersi, ma anche del riscatto, assurgendo a rappresentazione di esempi di virtù, in quella loro allusione alla rivolta contro il sopruso - si apprestano ad essere ricongiunti grazie a una mostra importante, all’Accademia Carrara di Bergamo dal 12 ottobre al 28 gennaio.
Il rincontro di questi due capolavori - che rivestono anche un significato politico che rimanda alle aspre lotte di potere a Firenze allo scadere del Quattrocento - darà vita, come spiegano anche dall’Accademia Carrara, “a un confronto straordinario, consentendo di approfondire origine, natura e storia della mirabile coppia di dipinti, prima a Bergamo (da metà ottobre 2018) e poi a Boston (da metà febbraio 2019)”.
Esplorando nel dettaglio le due storie, si sa che quella di Virginia arriva nella collezione dell’Accademia grazie al lascito di Giovanni Morelli nel 1891. L’acquisto risale al 1871. Lucrezia viene invece acquistata nel 1894 da Isabella Stewart Gardner dal conte Ashburnham, grazie alla mediazione dello storico dell’arte Bernard Berenson, da sempre considerato uno dei massimi conoscitori del Rinascimento italiano.
L’eccezionale ricongiungimento sarà un’occasione per l’Accademia Carrara di valorizzare anche altri due dipinti di Botticelli che trovano casa a Bergamo, il Ritratto di Giuliano de’ Medici e il Vir dolorum, entrambi entrati in museo grazie alla donazione di Giovanni Morelli.
Accanto al Ritratto di Giuliano saranno collocati il busto in marmo che lo raffigura, in prestito dal Museo del Bargello di Firenze, e il testo di Paolo Giovio, Elogia virorum bellica virtute illustrium, Basilea 1575, corredato dall’incisione con il giovane erede della famiglia Medici trafitto da un pugnale, a ricordo dei fatti di sangue della Congiura dei Pazzi che videro la sua morte.
Il Vir dolorum della Carrara, già in coppia con una Mater Dolorosa - oggi non rintracciabile, ma conosciuta attraverso un’immagine del 1913 - sarà infine accostato al Crocifisso del Museo dell’Opera del Duomo di Prato.
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