Dal 23 aprile al 1° settembre al Museo di Santa Giulia
Legacy. A Brescia il viaggio inedito di Gabriele Micalizzi tra linguaggi fotografici e teatri di guerra
Gabriele Micalizzi, Zarzis. Tunisia. 26.09.2023
Samantha De Martin
23/04/2024
Brescia - “Non c’è mai limite al peggio e la realtà supera la fantasia”.
Quando chiediamo a Gabriele Micalizzi – da 15 anni nei teatri di guerra – cosa lo spinga a cercare in ogni conflitto qualcosa di diverso risponde senza esitazioni.
Fotogiornalista appassionato, tra i fondatori, nel 2008, del collettivo indipendente Cesura, nel 2011 in Tunisia ed Egitto a documentare gli scontri durante la Primavera Araba, vincitore nel 2016 del contest Master of Photography, e poi in Iraq nel 2021, in Donbass l’anno successivo per il WSJ, Die Zeit e Le Monde, il professionista milanese, classe 1984, arriva adesso a Brescia con un progetto senza precedenti, incentrato sulla fisicità della fotografia.
Dal 23 aprile al 1° settembre nelle Sale dell’Affresco del Museo di Santa Giulia, impreziosite da un’Ultima cena tardo quattrocentesca, prende corpo un progetto site specific che invita a riflettere sul ruolo che la fotografia, messa a dura prova dall’avvento degli smartphone, esercita nella società contemporanea. Questa volta Micalizzi indaga i molteplici significati da assegnare al medium fotografico, invitandoci a soffermarci sulla dicotomia tra la virtualità del digitale e la matericità dell’analogico.
Gabriele Micalizzi, Qamishlo. Siria. 21.06.2015
Legacy. Materia-Storia-Identità, questo il titolo del progetto, tra gli appuntamenti più attesi della VII edizione del Brescia Photo Festival (promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana e quest’anno declinato attorno al titolo Testimoni), conduce a tu per tu con l’universo visivo del fotoreporter. Cinquanta immagini, alcune delle quali inedite, guidano nel cuore di un linguaggio espressivo animato dall’interesse per tecniche fotografiche poco convenzionali, soffermandosi su aspetti sperimentali e meno noti del suo lavoro.
“Legacy - spiega Gabriele Micalizzi - allude all’eredità delle mie immagini, alle esperienze di una persona che vuole lasciare una testimonianza di sé, senza fazioni. Oggi il giornalismo è diventato opinionismo, invece io credo fortemente nella scuola di chi deve raccontare una situazione in modo che le persone possano capire, ma farsi al tempo stesso un’opinione propria, un proprio punto di vista”.
Se la terza sala presenta, esposte per la prima volta, le immagini della persecuzione dei cristiani da parte dell’ISIS e quelle raccolte in Iraq durante il viaggio pastorale di Papa Francesco, la prima sfodera quattro gigantografie che ci permettono di immergerci in alcuni momenti significativi della storia contemporanea dei quali Micalizzi è stato testimone in prima persona: dalle proteste delle Camicie Rosse in Thailandia allo scoppio della guerra civile in Ucraina, fino ai combattimenti per la liberazione del territorio libico e del Nord Africa dalle forze dello Stato Islamico.
Gabriele Micalizzi, Mosul. Iraq. 07.07.2017
Accanto a questi lavori, i video dei suoi più rilevanti reportage dai teatri di guerra offrono un’introduzione dinamica e coinvolgente all’opera dell’artista. Uno slot di sedici fotografie, tra le più iconiche e conosciute di Micalizzi, scattate in giro per il mondo dal 2009 al 2024, e un trittico di stampe analogiche raccontano avvenimenti particolarmente significativi catapultando il visitatore al centro della storia contemporanea.
“Mostrerò come cambia la fotografia. Ho selezionato un evento per anno. È evidente come anche il mio occhio cambi, assieme al supporto fotografico. Si percepisce l’evoluzione dello sguardo e, insieme, del mezzo”.
Nella seconda stanza, una dozzina di contact sheets – fotografie ricavate direttamente dal negativo attraverso una stampa a contatto – guidano gli ospiti di Santa Giulia direttamente all’interno al processo decisionale dell’artista, dalla selezione dei negativi alla stampa finale. Alcuni negativi ingranditi e posizionati su lavagne luminose mostrano un ulteriore e suggestivo spaccato del lavoro sulla fotografia analogica, mentre alcune stampe fotografiche ai sali d'argento completano la sezione.
Gabriele Micalizzi, Mariupol. Donbas. 09.05.2022
In corrispondenza della porta che conduce alla terza sala, un polittico fotografico di grandi dimensioni composto da quattro pannelli, omaggia l’arte sacra e i luoghi nei quali è custodita e vissuta.
“Il tema di questa mostra - ribadisce il fotoreporter - è diverso da quello delle altre esposizioni ed è legato al linguaggio. Il percorso è una riflessione profonda su come l’evoluzione del supporto, dalla pellicola al digitale, alle tecniche di affresco che sto sperimentando, sia cambiata e venga contaminata. Oggi siamo abituati a guardare le immagini su iPad, quindi effettivamente c’è un cambiamento. La fotografia di oggi, che è tutta digitale, non ha più una sua realtà , diventa quasi meta-fotografia. Se pensiamo poi a tutta l’evoluzione dell’intelligenza artificiale diciamo che la fotografia ha uno sguardo autoriale”.
Ed ecco, in simbiosi con lo spazio che la accoglie, sulla parete di fondo, proprio sotto l’Ultima Cena, l’opera più suggestiva dell’intero percorso, un “affresco fotografico” site-specific che rappresenta il culmine della evoluzione artistica di Micalizzi e che si ispira all’antica tecnica dell’affresco, da lui indagata e attualizzata per creare impressioni fotografiche su pareti, adeguatamente preparate con un’emulsione fotosensibile che conferisce un effetto di tridimensionalità.
“Questa tecnica mi permette di avere un supporto ancora più concreto, che si inserisce nella mia ottica di lavorare per la storia. Lasciare questa traccia consente di lasciare testimonianze fisiche” spiega. La scelta di utilizzare la parete come supporto fisico per i suoi scatti traduce la volontà di voler a lasciare un segno indelebile nella storia, sfidando l'effimero della fotografia digitale e il deterioramento del supporto cartaceo nel tempo.
Gabriele Micalizzi, Afghanistan. 2009
Proprio quest’opera sarà donata dall’artista a Fondazione Brescia Musei e andrà ad arricchire la collezione dei Musei Civici, in continuità con il percorso che, in questi anni, Brescia Musei ha impostato con gli artisti contemporanei, protagonisti dei tanti progetti espositivi curati dalla Fondazione bresciana.
“La mostra, allestita negli splendidi spazi del refettorio del complesso monumentale di Santa Giulia, le cosiddette Sale dell’Affresco, - spiega Stefano Karadjov, direttore di Fondazione Brescia Musei - è anche l’occasione per ammirare il suo primo site-specific a fresco, una tecnica completamente nuova che manifesta la propensione alla sperimentazione di uno degli artisti che, negli ultimi 15 anni, ha più radicalmente trasformato l’iconografia della guerra, mettendo in primo piano i volti di chi la subisce e liberandosi del bisogno di estetizzarla. La sensazione che producono queste 50 straordinarie immagini in mostra a Brescia è quanto di più prossimo a una struggente deposizione dalla croce rinascimentale”.
Com’è cambiato il teatro di guerra, nel tempo?
“Oltre all’aspetto tattico e tecnologico che sta cambiando anche in guerra, quello che muta è la percezione dell’immagine stessa deli protagonisti che la guerra la fanno. Adesso sempre più persone raccontano in prima persona il conflitto, come ad esempio i soldati stessi con le GoPro o le persone con i telefoni. È cambiata anche la percezione delle persone. Anche i soldati quando li fotografi sanno benissimo cosa stai facendo e dove andranno quelle foto, perché poi le guardano. Hanno una percezione di loro stessi molto più lucida e coerente rispetto al passato. In quella condizione l’uomo diventa altro. Anche quello che fa, a livello di immagine, è diverso, come ad esempio torturare i suoi simili”.
Gabriele Micalizzi, Striscia di Gaza. Stato di Palestina. 30.07.2014
Le ultime fotografie in mostra, in termini di tempo, riguardano la guerra in Israele. “Anche se quella è una guerra che non abbiamo potuto seguire fino in fondo non potendo entrare a Gaza. Ritorno invece spesso il Libia, Siria, Iraq” rivela Micalizzi.
La mostra è realizzata con la collaborazione di Freccianera Fratelli Berlucchi, Main Partner dell’iniziativa, che per questo progetto ha voluto mettere a disposizione gli spazi espositivi della sua cantina storica a Borgonato di Corte Franca (Brescia). Qui dal 3 maggio al 9 agosto ci sarà uno "spin-off" della mostra dal titolo LEGACY 2 I TESTIMONI, con 25 fotografie. Storie di resilienza e quotidianità con sullo sfondo le bombe.
Leggi anche:
• Gabriele Micalizzi. Legacy. Materia-Storia-Identità
Quando chiediamo a Gabriele Micalizzi – da 15 anni nei teatri di guerra – cosa lo spinga a cercare in ogni conflitto qualcosa di diverso risponde senza esitazioni.
Fotogiornalista appassionato, tra i fondatori, nel 2008, del collettivo indipendente Cesura, nel 2011 in Tunisia ed Egitto a documentare gli scontri durante la Primavera Araba, vincitore nel 2016 del contest Master of Photography, e poi in Iraq nel 2021, in Donbass l’anno successivo per il WSJ, Die Zeit e Le Monde, il professionista milanese, classe 1984, arriva adesso a Brescia con un progetto senza precedenti, incentrato sulla fisicità della fotografia.
Dal 23 aprile al 1° settembre nelle Sale dell’Affresco del Museo di Santa Giulia, impreziosite da un’Ultima cena tardo quattrocentesca, prende corpo un progetto site specific che invita a riflettere sul ruolo che la fotografia, messa a dura prova dall’avvento degli smartphone, esercita nella società contemporanea. Questa volta Micalizzi indaga i molteplici significati da assegnare al medium fotografico, invitandoci a soffermarci sulla dicotomia tra la virtualità del digitale e la matericità dell’analogico.
Gabriele Micalizzi, Qamishlo. Siria. 21.06.2015
Legacy. Materia-Storia-Identità, questo il titolo del progetto, tra gli appuntamenti più attesi della VII edizione del Brescia Photo Festival (promosso da Comune di Brescia e Fondazione Brescia Musei, in collaborazione con il Ma.Co.f – Centro della Fotografia Italiana e quest’anno declinato attorno al titolo Testimoni), conduce a tu per tu con l’universo visivo del fotoreporter. Cinquanta immagini, alcune delle quali inedite, guidano nel cuore di un linguaggio espressivo animato dall’interesse per tecniche fotografiche poco convenzionali, soffermandosi su aspetti sperimentali e meno noti del suo lavoro.
“Legacy - spiega Gabriele Micalizzi - allude all’eredità delle mie immagini, alle esperienze di una persona che vuole lasciare una testimonianza di sé, senza fazioni. Oggi il giornalismo è diventato opinionismo, invece io credo fortemente nella scuola di chi deve raccontare una situazione in modo che le persone possano capire, ma farsi al tempo stesso un’opinione propria, un proprio punto di vista”.
Se la terza sala presenta, esposte per la prima volta, le immagini della persecuzione dei cristiani da parte dell’ISIS e quelle raccolte in Iraq durante il viaggio pastorale di Papa Francesco, la prima sfodera quattro gigantografie che ci permettono di immergerci in alcuni momenti significativi della storia contemporanea dei quali Micalizzi è stato testimone in prima persona: dalle proteste delle Camicie Rosse in Thailandia allo scoppio della guerra civile in Ucraina, fino ai combattimenti per la liberazione del territorio libico e del Nord Africa dalle forze dello Stato Islamico.
Gabriele Micalizzi, Mosul. Iraq. 07.07.2017
Accanto a questi lavori, i video dei suoi più rilevanti reportage dai teatri di guerra offrono un’introduzione dinamica e coinvolgente all’opera dell’artista. Uno slot di sedici fotografie, tra le più iconiche e conosciute di Micalizzi, scattate in giro per il mondo dal 2009 al 2024, e un trittico di stampe analogiche raccontano avvenimenti particolarmente significativi catapultando il visitatore al centro della storia contemporanea.
“Mostrerò come cambia la fotografia. Ho selezionato un evento per anno. È evidente come anche il mio occhio cambi, assieme al supporto fotografico. Si percepisce l’evoluzione dello sguardo e, insieme, del mezzo”.
Nella seconda stanza, una dozzina di contact sheets – fotografie ricavate direttamente dal negativo attraverso una stampa a contatto – guidano gli ospiti di Santa Giulia direttamente all’interno al processo decisionale dell’artista, dalla selezione dei negativi alla stampa finale. Alcuni negativi ingranditi e posizionati su lavagne luminose mostrano un ulteriore e suggestivo spaccato del lavoro sulla fotografia analogica, mentre alcune stampe fotografiche ai sali d'argento completano la sezione.
Gabriele Micalizzi, Mariupol. Donbas. 09.05.2022
In corrispondenza della porta che conduce alla terza sala, un polittico fotografico di grandi dimensioni composto da quattro pannelli, omaggia l’arte sacra e i luoghi nei quali è custodita e vissuta.
“Il tema di questa mostra - ribadisce il fotoreporter - è diverso da quello delle altre esposizioni ed è legato al linguaggio. Il percorso è una riflessione profonda su come l’evoluzione del supporto, dalla pellicola al digitale, alle tecniche di affresco che sto sperimentando, sia cambiata e venga contaminata. Oggi siamo abituati a guardare le immagini su iPad, quindi effettivamente c’è un cambiamento. La fotografia di oggi, che è tutta digitale, non ha più una sua realtà , diventa quasi meta-fotografia. Se pensiamo poi a tutta l’evoluzione dell’intelligenza artificiale diciamo che la fotografia ha uno sguardo autoriale”.
Ed ecco, in simbiosi con lo spazio che la accoglie, sulla parete di fondo, proprio sotto l’Ultima Cena, l’opera più suggestiva dell’intero percorso, un “affresco fotografico” site-specific che rappresenta il culmine della evoluzione artistica di Micalizzi e che si ispira all’antica tecnica dell’affresco, da lui indagata e attualizzata per creare impressioni fotografiche su pareti, adeguatamente preparate con un’emulsione fotosensibile che conferisce un effetto di tridimensionalità.
“Questa tecnica mi permette di avere un supporto ancora più concreto, che si inserisce nella mia ottica di lavorare per la storia. Lasciare questa traccia consente di lasciare testimonianze fisiche” spiega. La scelta di utilizzare la parete come supporto fisico per i suoi scatti traduce la volontà di voler a lasciare un segno indelebile nella storia, sfidando l'effimero della fotografia digitale e il deterioramento del supporto cartaceo nel tempo.
Gabriele Micalizzi, Afghanistan. 2009
Proprio quest’opera sarà donata dall’artista a Fondazione Brescia Musei e andrà ad arricchire la collezione dei Musei Civici, in continuità con il percorso che, in questi anni, Brescia Musei ha impostato con gli artisti contemporanei, protagonisti dei tanti progetti espositivi curati dalla Fondazione bresciana.
“La mostra, allestita negli splendidi spazi del refettorio del complesso monumentale di Santa Giulia, le cosiddette Sale dell’Affresco, - spiega Stefano Karadjov, direttore di Fondazione Brescia Musei - è anche l’occasione per ammirare il suo primo site-specific a fresco, una tecnica completamente nuova che manifesta la propensione alla sperimentazione di uno degli artisti che, negli ultimi 15 anni, ha più radicalmente trasformato l’iconografia della guerra, mettendo in primo piano i volti di chi la subisce e liberandosi del bisogno di estetizzarla. La sensazione che producono queste 50 straordinarie immagini in mostra a Brescia è quanto di più prossimo a una struggente deposizione dalla croce rinascimentale”.
Com’è cambiato il teatro di guerra, nel tempo?
“Oltre all’aspetto tattico e tecnologico che sta cambiando anche in guerra, quello che muta è la percezione dell’immagine stessa deli protagonisti che la guerra la fanno. Adesso sempre più persone raccontano in prima persona il conflitto, come ad esempio i soldati stessi con le GoPro o le persone con i telefoni. È cambiata anche la percezione delle persone. Anche i soldati quando li fotografi sanno benissimo cosa stai facendo e dove andranno quelle foto, perché poi le guardano. Hanno una percezione di loro stessi molto più lucida e coerente rispetto al passato. In quella condizione l’uomo diventa altro. Anche quello che fa, a livello di immagine, è diverso, come ad esempio torturare i suoi simili”.
Gabriele Micalizzi, Striscia di Gaza. Stato di Palestina. 30.07.2014
Le ultime fotografie in mostra, in termini di tempo, riguardano la guerra in Israele. “Anche se quella è una guerra che non abbiamo potuto seguire fino in fondo non potendo entrare a Gaza. Ritorno invece spesso il Libia, Siria, Iraq” rivela Micalizzi.
La mostra è realizzata con la collaborazione di Freccianera Fratelli Berlucchi, Main Partner dell’iniziativa, che per questo progetto ha voluto mettere a disposizione gli spazi espositivi della sua cantina storica a Borgonato di Corte Franca (Brescia). Qui dal 3 maggio al 9 agosto ci sarà uno "spin-off" della mostra dal titolo LEGACY 2 I TESTIMONI, con 25 fotografie. Storie di resilienza e quotidianità con sullo sfondo le bombe.
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