Giordano Bruno Guerri e l'essenza di Van Gogh

Autoritratto con orecchio bendato e pipa di Vincent Van Gogh
 

28/12/2001

Quante parole su Vincent Van Gogh, quanti fiumi di inchiostro sono stati versati a più di cento anni dall’anniversario della sua morte. Storici dell’arte, scrittori, artisti, commediografi, semplici opinionisti, tutti hanno pronunciato la loro opinione su uno fra geni che gli ultimi due secoli di storia hanno visto nascere. Molto è servito a far capire fino in fondo l’intima personalità e l’originale messaggio dell’opera di Van Gogh, molto altro ha invece offuscato la vera essenza di un artista che con i suoi quadri e la sua folle esistenza rifuggeva da tutte le anguste convezioni che gli uomini “normali” vivevano senza nemmeno accorgersene. Sono le opere la vera voce di Vincent e le lettere scritte al fratello Theo le sue più sincere parole, eppure anche nelle pagine di una recente biogafia sul pittore, uscita poco più di dieci anni fa, si scopre la vera anima del grande personaggio. “La mezza vita di Vincent Van Gogh”, un’opera semisconosciuta ai più, è un vero faro di luce che lo scrittore Giordano Bruno Guerri ha gettato sulla intricatissima personalità del pittore. È un saggio asciutto, una biografia senza falsi pudori, lontana dai facili trionfalismi e dai pretestuosi percorsi introspettivi. Guerri scorre con grande abilità e quel pizzico di disincantato cinismo tutta la breve esistenza di Van Gogh, ne racconta aneddoti, ne analizza episodi e riporta con estrema puntualità estratti dalla corrispondenza che Vincent intratteneva con il fratello. Per lo scrittore italiano quella di Van Gogh è una “mezza vita”: l’esistenza di un uomo straordinario che ha saputo vivere fino in fondo e con grande dolore solo i momenti che lo stringevano attorno a quel mondo permeato da materiche e stridenti penellate. Si coglie nel libro il profondo rammarico che il pittore provò nel non riuscire ad avere una “vita normale”, una famiglia, una donna amorosa e devota come lui stesso diceva; ma Guerri è abile e non si fa incantare fino in fondo dal canto della sirena che Vincent a volte lanciava verso tutti coloro che gli erano attorno. Comprende bene che “(Van Gogh) non avrebbe cambiato una sola delle sue giornate disperate, uno dei suoi quadri migliori” per la vita tranquilla che tanto si convinceva egli stesso di invidiare al fratello Theo. Per Giordano Bruno Guerri quel maldestro e infantile egoismo, quel modo insano di rapportarsi alla gente non era altro che un veicolo utile per far emergere il genio. È un uomo scomodo e terribilmente fastidioso il Van Gogh di Guerri; un uomo mal sopportato finanche dal fratello Theo: il loro rapporto non fu così idilliaco e solidale come alcuni biografi hanno voluto farci credere. Tutto nel libro di Guerri riporta alla luce un uomo che nella sua vita e nella sua arte non ha fatto sconti al lato più brutto e crudele della vita e della natura; le sue pitture, i suoi gesti insani hanno aggredito il “mediocre equilibrio” dei benpensanti dell’epoca quanto la fragile emotività del mondo contemporaneo. Il Van Gogh di Guerri si è sparato in una buca piena di letame come riportato dalle fonti sull’artista, divorato dalla sua stessa missione di geniale pittore, esausto e sfibrato dopo aver donato ad un mondo troppo “imbellettato” i colori che sono espressione di un animo feroce e puro nello stesso tempo.

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