Il neorealismo di Renato Guttuso

La fucilazione in campagna di Renato Guttuso
 

18/02/2002

Nulla si può scrivere sull’attività pittorica di Renato Guttuso se prima non venga fatto riferimento alla sua terra di origine. Guttuso nasce a Bagheria, vicino a Palermo, e sempre porterà nelle sue opere quella sensibilità esasperata tipica di una terra così ricca di contrasti come da secoli è la Sicilia. Scriveva Dominique Fernandez che il “vero e migliore Guttuso è rimasto un autentico siciliano, cioè un poeta della rassegnazione e della morte, della sconfitta e del massacro, nonostante i principi rivoluzionari... la sua sicilianità di fondo lo condanna a sentire, da artista, solo il lirico disordine degli oltraggi”. Eppure Guttuso tenta in ogni modo con la sua arte, imbevuta di valori ed ideali marxisti, di mutare il mondo nei suoi aspetti peggiori; egli raccoglie il lamento della gente cercando così di esortare alla riscossa tutti gli anelli più deboli della società. Già nel ‘33 a Roma e poi nel ‘36 a Milano, il pittore si ritrova a contatto con gli ambienti culturali attivamente impegnati sull’orizzonte politico. Proprio a Milano entra a far parte del circolo artistico e letterario antifascista che darà vita a “Corrente”, all’interno del quale matura il convincimento dell’arte intesa come impegno morale ed etico e soprattutto come coinvolgimento nella realtà. Nei suoi quadri grande spazio viene dato ai temi legati alla vita contadina, espressi in chiave marcatamente espressionista, ma il suo “espressionismo” non è un semplice modo di sentire le cose: è la realtà stessa ad essere espressiva, i suoi colori, i suoi particolari a suggerire al pittore quel “ductus” così fortemente drammatico, abilmente sottolineato da ampie stesure intensamente colorate e da una densa materia pittorica. Ciò è mirabilmente espresso nella “Fucilazione di campagna” (Roma GNAM), opera dedicata al drammatico evento dell’uccisione di Garcìa Lorca, o nell’opera “Fuga dall’Etna” del 1939. Siamo alle porte del secondo conflitto mondiale ormai e Guttuso entra a far parte della Resistenza, lasciando a testimonianza di questo periodo alcuni disegni pubblicati a Roma nel 1944. Subito dopo la guerra è tra i fondatori del Fronte Nuovo delle Arti con cui espone opere a Milano e a Venezia. Nei lavori appartenenti a questi anni si accentua ancor di più il processo di stilizzazione dell’immagine: ogni profilo viene segnato da una marcata linea nera, sottolineando ancor di più quella concitazione espressiva che già aveva caratterizzato i dipinti dell’anteguerra. Guttuso è lontano dal fronte dell’astrattismo in pittura che proprio allora si misurava con quello realista; la sua, ora, è sempre più una pittura dedita all’attualità e alla cronaca della storia, che come tale necessita di forme strettamente legate alla realtà delle cose. È una poetica dell’arte in cui si animano personaggi politici, umili braccianti del Mezzogiorno italiano come gente comune affaccendata in un mercato (“La Vucciria” 1974), a dimostrazione di un impegno che tanto ha saputo svelare, fin nelle pieghe più nascoste, una società di cui ancora siamo i protagonisti.