Il restauro del Crocifisso di Santa Maria Novella
Restauri S.M.Novella
05/07/2001
Dopo dodici anni di restauro, è possibile rivedere il crocifisso ligneo in S. Maria Novella a Firenze, che Giotto realizzò per la chiesa fiorentina tra il 1288 ed il 1290, anni che si pongono nel mezzo tra i suoi due interventi nella Basilica superiore di S. Francesco ad Assisi.
L’opera quindi rientra nel periodo giovanile dell’artista che in quegli anni contribuisce in maniera decisiva al rinnovamento della pittura italiana in fatto di stile e iconografia.
Nel caso del Crocifisso la grande novità è l’umanizzazione del Cristo sulla croce rispetto ai precedenti fondati sul modello del “Christus patiens” che aveva già superato il tipo bizantino con gli esempi di Giunta Pisano a Pisa, Assisi, Bologna. Il modello di Giunta è seguito a Firenze proprio da Cimabue, maestro di Giotto ed immediato punto di riferimento e confronto per le croci dipinte dal giovane pittore.
Giotto realizza la grande croce (è alta circa 5,40 metri) per i Domenicani di S Maria Novella che puntano ad una nuova sensibilità religiosa concretizzata nella fisicità del Cristo. Il busto è piegato su stesso con le braccia che cedono sotto il peso del corpo, e così il ventre e le gambe flesse in conseguenza di una resa realistica contrapposta ai precedenti che raffiguravano Gesù impassibile e con il busto a formare con le braccia dei perfetti angoli retti.
Tale corporeità è un messaggio rivolto ad abbattere l’eresia catara, allora in ascesa a Firenze, e che condannava proprio la realtà fisica come maligna a fare da contraltare al mondo spirituale.
Il restauro compiuto dall’Opificio delle Pietre Dure e Laboratori di restauro di Firenze ha svolto un intervento finalizzato alla conservazione strutturale della macchina lignea e alla pulitura della pellicola pittorica.
Il restauro ha confermato la piena autografia giottesca ponendo la croce in forte connessione con lo stile degli affreschi d’Assisi del cosiddetto Maestro d’Isacco. Grazie all’esame di riflettografia a scanner si è scoperto il disegno sottostante alla pittura costruito con forza e decisione sbalorditive per un pittore così giovane..
Gli studi resi possibili dal restauro hanno precisato, inoltre, vicinanze stilistiche del Crocifisso con le Storie di Isacco (ordine alto della basilica superiore di S. Francesco ad Assisi) e con il frammento della Madonna con il Bambino di Borgo San Lorenzo.
Al lavoro di approfondimento delle ricerche hanno contribuito anche l’Istituto Nazionale di Ottica Applicata di Firenze (INOA), l’Istituto), l'Istituto di Ricerca sulle Onde Elettromagnetiche del CNR di Firenze (IROE), l'Ente Nazionale per le Energie Alternative (ENEA) di Roma e il Kunsthistorisches Institut in Florenz, diretto da Max Seidel.
La maggiore scoperta fatta durante il restauro è che la forma della Croce era stata concepita con le misure tradizionali della produzione duecentesca: senza le successive modifiche essa sarebbe stata del tutto simile a quella di Cimabue in Santa Croce. E’ Giotto a modificarne le misure per poter dipingere il nuovo tipo di Cristo ed in seguito fa aggiungere la base trapezoidale per inserire un accenno del Monte Calvario, cosa mai fatta prima. Sono questi altri elementi che segnano in questa opera il passaggio dal Crocifisso con valenza simbolica e astratta tipico dell’icona a quello descrittivo, naturalistico e narrativo.
Le varianti apportate da Giotto fanno pensare a due diverse soluzioni dell’enigma: la tavola venne richiesta dai Domenicani e poi modificata per volere di Giotto, oppure il pittore toscano subentra ad un altro artista che aveva iniziato la Croce? Nessuno può ancora rispondere a questo quesito, anche la seconda possibilità con un passaggio di consegne da Cimabue a Giotto resta di grande fascino.
Per quanto riguarda la ricollocazione sorgeva il problema della posizione originale, determinata sulla base delle ricerche storico-scientifiche effettuate da Marco Ciatti, Direttore del settore Restauro Dipinti dell’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. La Croce era appoggiata, in posizione centrale, al margine superiore del coro distrutto nella seconda metà del XVI secolo da Vasari. Il progetto di ricollocazione, redatto dall’architetto Ugo Muccini, ha voluto evitare ogni ricostruzione di volumetrie che rappresentassero il coro distrutto e si è limitato a sospendere il crocifisso, ad un’altezza da terra compresa fra i quattro e i quattro metri e mezzo. L’opera è sorretta da una struttura metallica che pende dalla volta: nel sottotetto è stato installato un meccanismo che permette l’abbassamento eventuale della croce fino al pavimento per tutte le operazioni di manutenzione ordinaria.
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