Un progetto di Gloria Fossi con gli scatti di Danilo De Marco e Mario Dondero
In viaggio sulle tracce di Van Gogh: un cammino fotografico tra i luoghi e nell'arte di Vincent
Vincent Van Gogh, Campo di grano sotto un cielo tempestoso (Auvers-sur-Oise, luglio 1890), Amsterdam, Van Gogh Museum (Vincent van Gogh Foundation)
Samantha De Martin
10/12/2020
I riflessi cangianti della Camargue, tutta dune, vento, cavalli e cielo cobalto. L’Olanda rurale, il Borinage delle miniere di carbone, la Provenza del sole, delle stelle luminose e delle tele immortali, i campi di grano.
E, su tutto, l’anima di Vincent, simile a una melodia struggente che seduce e commuove, oggi come 130 anni fa.
Un viaggio intimo, fisico e mentale, sulle tracce di Van Gogh, scandisce il cammino di una storica dell’arte e di due fotoreporter, dal grigio Brabante, con le sue strade di sabbia nera sferzate dal vento, all’atmosfera “fumosa e densa di bruma” di Auvers-sur-Oise. Con una polifonia di strumenti, che intreccia le letture e le lettere di Vincent, al centro di una rigorosa indagine, ai luoghi “vissuti” dalla poliedrica indole dell’artista, documentati dagli scatti di Danilo De Marco e Mario Dondero, Gloria Fossi guida il lettore alla riscoperta del pittore di Zundert, mentre l’occhio carpisce la poesia nelle sue tele assieme alla potenza straordinaria della fotografia.
Auvers-sur-Oise (Val d'Oise, Ile de France) Prima della pioggia, vicino al villaggio | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Sulle tracce di Van Gogh. Un viaggio sui luoghi dell’arte, edito da Giunti, è un invito ad unirsi al cammino pittorico di Vincent ascoltandone l’anima. “Continua a camminare tanto, e ad amare la natura […] Perché i pittori capiscono la natura e la amano, e c’inegnano a vedere” raccomandava il pittore al fratello Theo.
Assieme alle tele più o meno note e agli scatti fotografici, le lettere di Vincent descrivono un viaggio, intimo e avvincente al tempo stesso, che trascende la banalità del “tale il luogo, tale il dipinto”, per restituirci un Van Gogh a tratti inedito. La rigorosa indagine di Gloria Fossi - storica dell’arte e appassionata viaggiatrice dallo sguardo multidisciplinare, che tesse dialoghi profondissimi tra letteratura e arti figurative - ci restituisce un artista a tutto tondo.
Collezionista di sogni e di stampe, autodidatta, lettore vorace, appassionato di Shakespeare, Dickens, George Eliot, Zola e Maupassant, devoto al divulgatore scientifico del suo tempo Amédée Guillemin, e ancora a Rembrandt e ai maestri olandesi del Seicento, Van Gogh fa capolino tra le pagine fino a restituirci la propria voce. L’olandese, l’inglese, il francese e anche il tedesco erano le sue lingue.
“Van Gogh era un artista ribelle - spiega l'autrice -. Pur avendo per alcuni mesi frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Anversa, detestava lo studio dei calchi, preferendo l’indagine dal vivo. A Parigi realizza alcuni dipinti con calchi di figure nude, che sono un surrogato della realtà. Gli piace immergersi nella natura rielaborandola dal vero. Nei primi studi pittorici ad Anversa si esercita ad esempio in una gamma di colori e di toni chiari. Per le strade della città va persino alla ricerca i una modella bionda che rassomigli a una donna di Rubens”.
Particolari da Vincent Van Gogh, Natura morta con statuetta, due libri e una rosa, Parigi, dicembre 1887, Otterlo, Kröller-Müller Museum | Foto: © Gloria Fossi 2019, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Giunti, Firenze 2020.
Un “viaggio” lungo 30 anni
Così, inseguendo questa esistenza eroica, a bordo di treni periferici e autobus semivuoti, talvolta in auto, Gloria, Marco e Danilo hanno scelto di lasciare le strade già battute dai già noti cliché vangoghiani per interpretare, Leica alla mano, e rigorosamente senza cavalletto, lo spirito di un uomo, dalle radici alla morte.
“Sulle tracce di Van Gogh - racconta l’autrice - ha origini lontane. Danilo De Marco e Mario Dondero si erano messi sulle orme del pittore già nel 1990 in occasione del centenario della morte. Lo avevano seguito dall’Olanda in Inghilterra, dal Belgio alla Francia in ogni suo spostamento. Quando Mario Dondero mi contattò per scrivere un libro con loro, il mio editore accettò con fiducia la sfida di quella prima edizione. Allo stesso modo oggi mi ha permesso di sviluppare una nuova pubblicazione, notevolmente ampliata rispetto alla precedente, che si avvale di un numero assai maggiore di lettere rispetto al primo progetto, e della riproduzione di molti altri dipinti del pittore, al centro di indagini e proposte critiche che ho sviluppato. Studiavo Van Gogh da tempo e rileggere quelle lettere, che nel frattempo sono state tutte rese disponibili online, contestualizzandole grazie a quegli indizi fotografici, è stato appassionante. Così trent’anni dopo ho deciso di riprendere il cammino con Vincent, ritornando da sola (questa volta grazie alla comodità dei voli low cost) lungo molti di quei percorsi battuti anni prima con Danilo e Mario, scattando altre foto e testimoniando, con una più matura consapevolezza, anche il modo in cui quei luoghi sono cambiati”.
Una nuova percezione di Van Gogh
Ma come è cambiata la percezione del pittore e dei suoi luoghi, a distanza di 30 anni?
“É mutata molto - spiega Fossi -. Il percorso fatto trent’ anni fa ha cambiato la percezione di Van Gogh. Il suo studio si è avvalso di approfondimenti più sottili, che includono i luoghi mentali, oltre che fisici di questo pittore solitario ma socievole, innamorato dell’arte e della natura. In questo mio secondo viaggio ho cercato di capire perché Van Gogh abbia dipinto in quella maniera che, contrariamente a quanto si pensi, non è il semplice frutto della sua sofferenza, di quelle crisi che tanto lo attanagliavano, quanto piuttosto l’espressione di un universo interiore e di una straordinaria conoscenza dell’arte del passato. Come diceva Antonin Artaud, non ci sono fantasmi nei quadri di Van Gogh, né allucinazioni”.
Vincent van Gogh (1853 - 1890), La Casa Gialla, 1888, Amsterdam, Van Gogh Museum
Un dialogo proficuo tra arte e fotografia
Forse leggendo il libro viene da chiedersi in che modo lo sguardo della storica dell’arte si sia integrato, conciliandosi, con l’occhio del fotoreporter.
“Danilo e Marco guardavano ai luoghi di Van Gogh con gli occhi dei fotoreporter, soffermandosi inizialmente solo sui paesaggi, le atmosfere, i ritratti. Camminando insieme sotto la pioggia, attraversando posti grigi, freddi, ho imparato a osservare le cose in modo diverso, e insieme abbiamo cercato di immedesimarci a vicenda nello sguardo dell'artista, rivivendo le atmosfere vissute da Vincent”.
Affascina il modo in cui, nel corso del viaggio, le fotografie e i quadri si intrecciano e si compensano. Quando il luogo è assente, e la Leica tace, come nel caso del Ponte di Langlois, ad Arles, distrutto nel 1944, vengono incontro le tele, come quella conservata al Wallraf Richard Museum di Colonia. In altri casi sono le parole di Vincent a mostrarci luoghi e situazioni. Come per la celebre Casa gialla di Arles - dove l’artista aveva atteso l’arrivo di Gauguin - danneggiata dal bombardamento del 1944 e poi demolita.
Parallelamente al viaggio fisico, corre tra le pagine, compenetrandosi con linearità, l’esperienza artistica di Vincent. Dal giallo, che trova nelle case di Ramsgate i prodromi di un motivo che diventerà ricorrente, alle nature morte, dalle guinguettes parigine all’esperienza del pointillisme con Seurat, tra i “venti” impressionisti, le giapponeserie, i ritratti, i girasoli, le notti stellate, il lettore apprezza anche la fotografia di un percorso artistico che fonde l’uomo al pittore.
Come sono cambiati i luoghi di Vincent?
In questo viaggio a 360 gradi alla scoperta di Van Gogh ritroviamo molti luoghi cari all’artista, interpretati da lui in modi diversi.
Vincent Van Gogh, La chiesa di Avers (Auvers sur Oise, 4 giugno, 1890), Parigi, Musée d'Orsay
Alcuni sono rimasti incredibilmente intatti, come la chiesa di Notre-Dame-de-l’Assomption vista dall’abside, con gli stessi contorni mossi, vitali, come fossero di gelatina. O come il cortile dell’ospedale di Arles dove Vincent fu ricoverato il 23 dicembre del 1888 dopo essersi tagliato l’orecchio, e che oggi ospita uno spazio espositivo. E ancora l’Auberge Ravoux, oggi una casa-museo, dove, salendo le scale, l’angusta camera nella quale l’artista, ferito, trascorse le ultime ore toglie il fiato. O anche l’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole, inaccessibile al pubblico fino ad alcuni anni fa.
La chiesa di Notre Dame de l'Assomption ad Auvers-sur-Oise | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Nel cimitero di Auvers, l’edera ricopre, oggi come allora, le due tombe vicine di Vincent e Theo.
Ci sono luoghi che ripropongono, ancora oggi, i loro colori magnetici, come la Piana della Crau, a Saint-Rémy-de-Provence, con le rovine dell’Abbazia di Montmajour sullo sfondo. Altri sono stati rivalutati, come la casa natale di Zundert, divenuta una residenza per artisti.
Parigi, raccolta con la sua sinfonia di grigi dalla Butte di Montmartre, non è molto diversa dalla suggestiva veduta della tarda estate 1886, oggi al Kunstmuseum di Basilea.
Auvers-sur-Oise (Val d'OIse, Île de France), il cancello d'ingresso del cimitero in cui riposano Vincent e Theo Van Gogh (1990) | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
“Ho dipinto qualcosa che forse può ricordarti Scheveningen quando vi passeggiavamo noi due. Un grande studio di sabbia, mare, cielo[...]Come puoi capire, mi sto immergendo nel colore con tutto me stesso” scriveva Vincent a Theo il 5 agosto 1882. Ed eccola la Scheveningen, non lontana dall’Aia, imbiondire negli scatti di De Marco e Dondero, come fosse animata. Qui il pittore usò per la prima volta la cornice prospettica, strumento di sua invenzione. Non mancano i luoghi, come le Café de la Paix, ai quali il tempo ha sottratto la loro aura magica, e quelli che la custodiscono, oggi come ieri, come la Cité des artistes, riparo incantato e silenzioso, ma oggi purtroppo off limits. Il porto di Anversa, brulicante di vita come nel 1886, al tempo di Van Gogh, dal 2016 è un avveniristico edificio firmato da Zaha Hadid.
Auvers-sur-Oise (Val d'OIse, Île de France), le tombe in cui riposano Vincent e Theo Van Gogh | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Scarsa accoglienza a casa Gachet
In questo viaggio fatto di sorprese e riscoperte, non mancano gli aneddoti, alcuni molto divertenti. Come quello che riguarda l’arrivo dell’autrice e dei due fotoreporter alla Casa del dottor Gachet, a Auvers-sur-Oise, oggi un museo.
“Non ci permisero di entrare - racconta Fossi -. Danilo non si dette per vinto, salì sul tetto dell’utilitaria prestataci dal nostro amico udinese Marco Driussi, mentre io tentavo di distrarre il custode diffidente che non si allontanava dalla finestra. Ci parve molto minaccioso e ce le demmo a gambe. Per questo ho voluto mantenere quel suo scatto dal basso e un po’ traballante, di qua del muro di cinta”.
A differenza da quel primo viaggio, oggi il giardino del dottor Gachet è tornato rigoglioso.
E la fantastica Notte stellata del 1889? Secondo Gloria Fossi Vincent ha avuto un’ “occulta ispiratrice”. Quale? Lasciamo la risposta alle pagine del libro.
“Vorrei fare dei ritratti che tra un secolo, alla gente del futuro, compaiano come apparizioni. Dunque non cerco di rappresentare la somiglianza fotografica, ma le nostre espressioni appassionate, impiegando come mezzo espressivo e di esaltazione del carattere la nostra scienza moderna, e il gusto moderno del colore”. A quanto pare Vincent seppe essere anche profeta.
Il resto è un racconto intimo, garbato, in un linguaggio gradevole anche per i non addetti ai lavori, di una storica dell’arte appassionata, un fotografo dai magistrali biancoeneri e un fotogiornalista, tra i più impegnati del secondo dopoguerra, scomparso cinque anni fa. Al centro, Van Gogh, l’invito al viaggio, alla riscoperta delle sue impronte. Un’evasione a colori necessaria, in un tempo di viaggio oggi sospeso, in compagnia di quel “Don Chichotte” che, in Provenza usciva da solo, nella notte, a studiare le stelle.
Vincent van Gogh, La notte stellata, 1889, Olio su tela, 73.7 x 92.1 cm, New York, Museum of Modern Art
Leggi anche:
• Jo, la donna che rese famoso Vincent Van Gogh
E, su tutto, l’anima di Vincent, simile a una melodia struggente che seduce e commuove, oggi come 130 anni fa.
Un viaggio intimo, fisico e mentale, sulle tracce di Van Gogh, scandisce il cammino di una storica dell’arte e di due fotoreporter, dal grigio Brabante, con le sue strade di sabbia nera sferzate dal vento, all’atmosfera “fumosa e densa di bruma” di Auvers-sur-Oise. Con una polifonia di strumenti, che intreccia le letture e le lettere di Vincent, al centro di una rigorosa indagine, ai luoghi “vissuti” dalla poliedrica indole dell’artista, documentati dagli scatti di Danilo De Marco e Mario Dondero, Gloria Fossi guida il lettore alla riscoperta del pittore di Zundert, mentre l’occhio carpisce la poesia nelle sue tele assieme alla potenza straordinaria della fotografia.
Auvers-sur-Oise (Val d'Oise, Ile de France) Prima della pioggia, vicino al villaggio | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Sulle tracce di Van Gogh. Un viaggio sui luoghi dell’arte, edito da Giunti, è un invito ad unirsi al cammino pittorico di Vincent ascoltandone l’anima. “Continua a camminare tanto, e ad amare la natura […] Perché i pittori capiscono la natura e la amano, e c’inegnano a vedere” raccomandava il pittore al fratello Theo.
Assieme alle tele più o meno note e agli scatti fotografici, le lettere di Vincent descrivono un viaggio, intimo e avvincente al tempo stesso, che trascende la banalità del “tale il luogo, tale il dipinto”, per restituirci un Van Gogh a tratti inedito. La rigorosa indagine di Gloria Fossi - storica dell’arte e appassionata viaggiatrice dallo sguardo multidisciplinare, che tesse dialoghi profondissimi tra letteratura e arti figurative - ci restituisce un artista a tutto tondo.
Collezionista di sogni e di stampe, autodidatta, lettore vorace, appassionato di Shakespeare, Dickens, George Eliot, Zola e Maupassant, devoto al divulgatore scientifico del suo tempo Amédée Guillemin, e ancora a Rembrandt e ai maestri olandesi del Seicento, Van Gogh fa capolino tra le pagine fino a restituirci la propria voce. L’olandese, l’inglese, il francese e anche il tedesco erano le sue lingue.
“Van Gogh era un artista ribelle - spiega l'autrice -. Pur avendo per alcuni mesi frequentato l’Accademia delle Belle Arti di Anversa, detestava lo studio dei calchi, preferendo l’indagine dal vivo. A Parigi realizza alcuni dipinti con calchi di figure nude, che sono un surrogato della realtà. Gli piace immergersi nella natura rielaborandola dal vero. Nei primi studi pittorici ad Anversa si esercita ad esempio in una gamma di colori e di toni chiari. Per le strade della città va persino alla ricerca i una modella bionda che rassomigli a una donna di Rubens”.
Particolari da Vincent Van Gogh, Natura morta con statuetta, due libri e una rosa, Parigi, dicembre 1887, Otterlo, Kröller-Müller Museum | Foto: © Gloria Fossi 2019, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Giunti, Firenze 2020.
Un “viaggio” lungo 30 anni
Così, inseguendo questa esistenza eroica, a bordo di treni periferici e autobus semivuoti, talvolta in auto, Gloria, Marco e Danilo hanno scelto di lasciare le strade già battute dai già noti cliché vangoghiani per interpretare, Leica alla mano, e rigorosamente senza cavalletto, lo spirito di un uomo, dalle radici alla morte.
“Sulle tracce di Van Gogh - racconta l’autrice - ha origini lontane. Danilo De Marco e Mario Dondero si erano messi sulle orme del pittore già nel 1990 in occasione del centenario della morte. Lo avevano seguito dall’Olanda in Inghilterra, dal Belgio alla Francia in ogni suo spostamento. Quando Mario Dondero mi contattò per scrivere un libro con loro, il mio editore accettò con fiducia la sfida di quella prima edizione. Allo stesso modo oggi mi ha permesso di sviluppare una nuova pubblicazione, notevolmente ampliata rispetto alla precedente, che si avvale di un numero assai maggiore di lettere rispetto al primo progetto, e della riproduzione di molti altri dipinti del pittore, al centro di indagini e proposte critiche che ho sviluppato. Studiavo Van Gogh da tempo e rileggere quelle lettere, che nel frattempo sono state tutte rese disponibili online, contestualizzandole grazie a quegli indizi fotografici, è stato appassionante. Così trent’anni dopo ho deciso di riprendere il cammino con Vincent, ritornando da sola (questa volta grazie alla comodità dei voli low cost) lungo molti di quei percorsi battuti anni prima con Danilo e Mario, scattando altre foto e testimoniando, con una più matura consapevolezza, anche il modo in cui quei luoghi sono cambiati”.
Una nuova percezione di Van Gogh
Ma come è cambiata la percezione del pittore e dei suoi luoghi, a distanza di 30 anni?
“É mutata molto - spiega Fossi -. Il percorso fatto trent’ anni fa ha cambiato la percezione di Van Gogh. Il suo studio si è avvalso di approfondimenti più sottili, che includono i luoghi mentali, oltre che fisici di questo pittore solitario ma socievole, innamorato dell’arte e della natura. In questo mio secondo viaggio ho cercato di capire perché Van Gogh abbia dipinto in quella maniera che, contrariamente a quanto si pensi, non è il semplice frutto della sua sofferenza, di quelle crisi che tanto lo attanagliavano, quanto piuttosto l’espressione di un universo interiore e di una straordinaria conoscenza dell’arte del passato. Come diceva Antonin Artaud, non ci sono fantasmi nei quadri di Van Gogh, né allucinazioni”.
Vincent van Gogh (1853 - 1890), La Casa Gialla, 1888, Amsterdam, Van Gogh Museum
Un dialogo proficuo tra arte e fotografia
Forse leggendo il libro viene da chiedersi in che modo lo sguardo della storica dell’arte si sia integrato, conciliandosi, con l’occhio del fotoreporter.
“Danilo e Marco guardavano ai luoghi di Van Gogh con gli occhi dei fotoreporter, soffermandosi inizialmente solo sui paesaggi, le atmosfere, i ritratti. Camminando insieme sotto la pioggia, attraversando posti grigi, freddi, ho imparato a osservare le cose in modo diverso, e insieme abbiamo cercato di immedesimarci a vicenda nello sguardo dell'artista, rivivendo le atmosfere vissute da Vincent”.
Affascina il modo in cui, nel corso del viaggio, le fotografie e i quadri si intrecciano e si compensano. Quando il luogo è assente, e la Leica tace, come nel caso del Ponte di Langlois, ad Arles, distrutto nel 1944, vengono incontro le tele, come quella conservata al Wallraf Richard Museum di Colonia. In altri casi sono le parole di Vincent a mostrarci luoghi e situazioni. Come per la celebre Casa gialla di Arles - dove l’artista aveva atteso l’arrivo di Gauguin - danneggiata dal bombardamento del 1944 e poi demolita.
Parallelamente al viaggio fisico, corre tra le pagine, compenetrandosi con linearità, l’esperienza artistica di Vincent. Dal giallo, che trova nelle case di Ramsgate i prodromi di un motivo che diventerà ricorrente, alle nature morte, dalle guinguettes parigine all’esperienza del pointillisme con Seurat, tra i “venti” impressionisti, le giapponeserie, i ritratti, i girasoli, le notti stellate, il lettore apprezza anche la fotografia di un percorso artistico che fonde l’uomo al pittore.
Come sono cambiati i luoghi di Vincent?
In questo viaggio a 360 gradi alla scoperta di Van Gogh ritroviamo molti luoghi cari all’artista, interpretati da lui in modi diversi.
Vincent Van Gogh, La chiesa di Avers (Auvers sur Oise, 4 giugno, 1890), Parigi, Musée d'Orsay
Alcuni sono rimasti incredibilmente intatti, come la chiesa di Notre-Dame-de-l’Assomption vista dall’abside, con gli stessi contorni mossi, vitali, come fossero di gelatina. O come il cortile dell’ospedale di Arles dove Vincent fu ricoverato il 23 dicembre del 1888 dopo essersi tagliato l’orecchio, e che oggi ospita uno spazio espositivo. E ancora l’Auberge Ravoux, oggi una casa-museo, dove, salendo le scale, l’angusta camera nella quale l’artista, ferito, trascorse le ultime ore toglie il fiato. O anche l’ospedale psichiatrico di Saint-Paul-de-Mausole, inaccessibile al pubblico fino ad alcuni anni fa.
La chiesa di Notre Dame de l'Assomption ad Auvers-sur-Oise | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Nel cimitero di Auvers, l’edera ricopre, oggi come allora, le due tombe vicine di Vincent e Theo.
Ci sono luoghi che ripropongono, ancora oggi, i loro colori magnetici, come la Piana della Crau, a Saint-Rémy-de-Provence, con le rovine dell’Abbazia di Montmajour sullo sfondo. Altri sono stati rivalutati, come la casa natale di Zundert, divenuta una residenza per artisti.
Parigi, raccolta con la sua sinfonia di grigi dalla Butte di Montmartre, non è molto diversa dalla suggestiva veduta della tarda estate 1886, oggi al Kunstmuseum di Basilea.
Auvers-sur-Oise (Val d'OIse, Île de France), il cancello d'ingresso del cimitero in cui riposano Vincent e Theo Van Gogh (1990) | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
“Ho dipinto qualcosa che forse può ricordarti Scheveningen quando vi passeggiavamo noi due. Un grande studio di sabbia, mare, cielo[...]Come puoi capire, mi sto immergendo nel colore con tutto me stesso” scriveva Vincent a Theo il 5 agosto 1882. Ed eccola la Scheveningen, non lontana dall’Aia, imbiondire negli scatti di De Marco e Dondero, come fosse animata. Qui il pittore usò per la prima volta la cornice prospettica, strumento di sua invenzione. Non mancano i luoghi, come le Café de la Paix, ai quali il tempo ha sottratto la loro aura magica, e quelli che la custodiscono, oggi come ieri, come la Cité des artistes, riparo incantato e silenzioso, ma oggi purtroppo off limits. Il porto di Anversa, brulicante di vita come nel 1886, al tempo di Van Gogh, dal 2016 è un avveniristico edificio firmato da Zaha Hadid.
Auvers-sur-Oise (Val d'OIse, Île de France), le tombe in cui riposano Vincent e Theo Van Gogh | Foto: © Dondero/De Marco/Giunti editore, da G. Fossi, Sulle tracce di Van Gogh, Firenze 2020.
Scarsa accoglienza a casa Gachet
In questo viaggio fatto di sorprese e riscoperte, non mancano gli aneddoti, alcuni molto divertenti. Come quello che riguarda l’arrivo dell’autrice e dei due fotoreporter alla Casa del dottor Gachet, a Auvers-sur-Oise, oggi un museo.
“Non ci permisero di entrare - racconta Fossi -. Danilo non si dette per vinto, salì sul tetto dell’utilitaria prestataci dal nostro amico udinese Marco Driussi, mentre io tentavo di distrarre il custode diffidente che non si allontanava dalla finestra. Ci parve molto minaccioso e ce le demmo a gambe. Per questo ho voluto mantenere quel suo scatto dal basso e un po’ traballante, di qua del muro di cinta”.
A differenza da quel primo viaggio, oggi il giardino del dottor Gachet è tornato rigoglioso.
E la fantastica Notte stellata del 1889? Secondo Gloria Fossi Vincent ha avuto un’ “occulta ispiratrice”. Quale? Lasciamo la risposta alle pagine del libro.
“Vorrei fare dei ritratti che tra un secolo, alla gente del futuro, compaiano come apparizioni. Dunque non cerco di rappresentare la somiglianza fotografica, ma le nostre espressioni appassionate, impiegando come mezzo espressivo e di esaltazione del carattere la nostra scienza moderna, e il gusto moderno del colore”. A quanto pare Vincent seppe essere anche profeta.
Il resto è un racconto intimo, garbato, in un linguaggio gradevole anche per i non addetti ai lavori, di una storica dell’arte appassionata, un fotografo dai magistrali biancoeneri e un fotogiornalista, tra i più impegnati del secondo dopoguerra, scomparso cinque anni fa. Al centro, Van Gogh, l’invito al viaggio, alla riscoperta delle sue impronte. Un’evasione a colori necessaria, in un tempo di viaggio oggi sospeso, in compagnia di quel “Don Chichotte” che, in Provenza usciva da solo, nella notte, a studiare le stelle.
Vincent van Gogh, La notte stellata, 1889, Olio su tela, 73.7 x 92.1 cm, New York, Museum of Modern Art
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