La baia di Marsiglia vista dall’Estaque
L'Estaque di Paul Cézanne
08/03/2002
L’opera è una delle numerose vedute che Cezanne realizzò della Baia di Marsiglia: l’Estaque, piccolo villaggio all’estremità del golfo, fu luogo da lui particolarmente amato. Qui si ritirò in diversi periodi della sua vita, prima per sfuggire alla chiamata alle armi, poi per nascondere al padre la gravidanza della sua modella ed amante Hortense Fiquet; ma fu anche il luogo che sempre lo affascinò con i contrasti di colore dei suoi tetti, del mare, della rigogliosa vegetazione. “E’ come una carta da gioco -diceva-. Dei tetti rossi sul mare azzurro: il sole è talmente implacabile che mi sembra che gli oggetti si profilino, non solo in bianco e nero, ma in azzurro, in rosso, in bruno, in violetto [...] l’opposto del modellato.” Questa ricchezza di spunti prometteva entusiasmanti ricerche. E così avvenne. L’opera che qui presentiamo è eloquente testimonianza della direzione che Cezanne prese nel momento in cui si allontanò dall’esperienza impressionista: volle superare la sensazione, l’impressione, la vanificazione della forma per dar vita ad un’arte solida, ad una pittura concreta e definita. Il rapporto diretto con la natura rimaneva di massima importanza ma la mediazione della ragione si rendeva necessaria al fine di organizzare i dati con rigore e ricavarne un’idea di assoluto. “L’occhio e il cervello devono aiutarsi a vicenda -affermava- occorre lavorare al loro reciproco sviluppo, all’occhio attraverso la visione sulla natura, al cervello attraverso la logica delle sensazioni organizzate, che offre le capacità espressive.” Un vigoroso ordine razionale governa la composizione, la forza dei colori puri si impone sulla tela; il mare è trattato come una lamina di metallo, gli edifici sono geometriche costruzioni industriali. Non un essere umano, non un barlume di vita, non il tempo fugace, ma un tempo definitivo: nulla di più distante dalle seducenti immagini degli impressionisti. In una concezione della pittura del tutto nuova Cezanne rimaneva profondamente classico e realizzava il sogno di “fare dell’impressionismo qualcosa di solido e duraturo come l’arte dei musei.”
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